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ISTITUZIONI

E Napolitano si nominò «il Presidentissimo»

Dal caso Englaro alla guerra in Libia, dalla Finanziaria all'emergenza profughi, il capo dello Stato ormai invade tutti i campi della politica.

Attualità 12_04_2011
napolitano
Anche i Presidenti della Repubblica vivono nell’era dei media e, quindi, non possono uscire dal Quirinale senza che i microfoni si assiepino attorno a loro in attesa di dichiarazioni, valutazioni, esternazioni. Spesso gli enunciati dei Presidenti della Repubblica sono politicamente neutri. Affermano che le riforme devono essere “condivise”, oppure che sia la maggioranza che la minoranza devono “fare la loro parte”, che il federalismo deve essere visto “dentro l’unità della nazione” o altre ovvietà di questo genere. Tautologie, insomma, o poco più. E infatti un motivo c’è: la Costituzione non assegna nessun ruolo direttamente politico alla Presidenza della Repubblica.

Il Presidente Napolitano però ci ha ormai abituato anche ad esternazioni di diverso genere, sia per la loro frequenza sia per la loro qualità politica. In certi casi il Presidente del Consiglio sembra essere lui. Anche Cossiga si permetteva di togliersi i cosiddetti sassolini dalle scarpe, anche Scalfaro improvvisava concioni moralistici, ma Napolitano sembra andare con maggiore convinzione verso le prese di posizione politiche. Lo fa con garbo e utilizzando il prestigio morale che si è guadagnato sul campo, ma lo fa.

L'ultima, l'11 aprile, Napolitano ha dato un suo giudizio politico sull’Europa. Il ministro Maroni e, prima di lui, il premier Berlusconi, avevano fortemente criticato l’atteggiamento europeo sui profughi dall’Africa settentrionale, secondo loro troppo legato strumentalmente alla lettera del trattato di Schengen, e si erano chiesti se valesse la pena rimanere nell’Unione. Il Presidente Napolitano è subito intervenuto per dire che la cosa non va nemmeno presa in considerazione. Al di là del merito, perché non può nemmeno essere presa in considerazione? Ammettiamo che qualcuno iniziasse, in via istituzionale, un percorso di questo genere, il Presidente vi si opporrebbe? Queste dichiarazioni preventive sull’atteggiamento futuro del Quirinale “in caso di …” hanno un sapore politico perché sembrano mirare a selezionare anticipatamente le prospettive politiche indicando quelle che potranno passare e quelle che no. 

A ben vedere era stato proprio questo l’intento del Presidente Napolitano quando intervenne sul caso Englaro: stoppare anticipatamente un decreto del Governo che avrebbe voluto impedire la morte di Eluana decretando l’obbligatorietà di idratazione ed alimentazione. Prima della riunione del Consiglio dei Ministri, la Presidenza della Repubblica fece anticipatamente conoscere che non avrebbe firmato un simile decreto. E’ forse da allora che gli interventi politici di Napolitano si sono fatti più frequenti e la sua voce rischia di diventare una delle tante che si aggiungono nel chiasso generale.

Appena arrivati i primi profughi dalla Tunisia a Lampedusa, il Presidente giudicò quella situazione “inaccettabile”. Inaccettabile per chi? Per i tunisini o per gli abitanti di Lampedusa? Il Presidente intendeva per i tunisini, facendo con ciò una scelta politica.

Appena cominciati i bombardamenti francesi sulla Libia, Napolitano assicurò tutti dicendo che l’Italia non era in guerra. Prima aveva espresso il suo assenso alla decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di iniziare i bombardamenti a difesa delle popolazioni civili.

Il 30 marzo scorso, dalla New York University, il nostro Presidente ha anche dato giudizi politici sulla posizione assunta dalla Germania a proposito della guerra in Libia, e con valutazioni non proprio “istituzionali”: «Non capisco la posizione della cancelliera Angela Merkel. Non so quanto la sua decisione di non far partecipare la Germania all'intervento militare in Libia sia stata influenzata dalle imminenti elezioni, Scelte come queste non dovrebbero essere influenzate dal fatto che si deve votare nel proprio paese. I leader politici non dovrebbero inseguire i sondaggi, ma guidare i cittadini. Chi per paura di perdere le elezioni rinuncia a scelte come questa, non si rivela un vero leader». Se simili parole fossero state dette dal Presidente del Consiglio si sarebbe aperto un conflitto diplomatico con la Germania.

Numerose perplessità sono sollevate dagli interventi del Presidente a proposito di leggi in discussione al Parlamento. A proposito della Finanziaria Napolitano ha espresso critiche non di forma ma di merito, sostenendo che la manovra non faceva chiarezza sulle scelte e prevedeva troppi tagli: «Abbiamo un debito pesante sulle spalle e dobbiamo contenere la spesa pubblica, ma non dobbiamo tagliare tutto. L'arte della politica consiste proprio nel fare delle scelte».

Il Presidente del Consiglio ha senz’altro esagerato affermando che ogni provvedimento, per essere approvato, deve «piacere al Capo dello Stato». Indubbiamente, però, le valutazioni su ciò che l’Europa ha fatto, non ha fatto o dovrebbe fare per affrontare il problema emigrazione, oppure il giudizio sulle riforme di cui si stanno occupando Governo e Parlamento, non appartiene al ruolo della Presidenza della Repubblica.

Questo nuovo evidente corso nella comprensione che Napolitano ha della sua presidenza non aiuta l’Italia in questo momento di ossessiva conflittualità. Quando, uscito dal palazzo del Quirinale, il presidente si trova davanti alla siepe di microfoni, dovrebbe ridurre al minimo le sue esternazioni ed agire, piuttosto, con gli atti, altrimenti sembra che lanci avvertimenti e che voglia pilotare gli eventi politici prima che questi accadano.