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L'ANALISI

È l'ora di un vero partito conservatore

Al di là delle considerazioni sul governo Monti, per il futuro va salvaguardata la creatura politica di Berlusconi, il Pdl, che anzi deve crescere.

Attualità 17_11_2011
berlusconi

Come sempre quando avvengono rivolgimenti politici importanti si verificano scontri e terremoti al livello dei diversi poteri che organizzano la vita pubblica di una nazione.

Così è avvenuto in questi giorni in Italia con le dimissioni del governo Berlusconi e la nascita del nuovo governo presieduto dal presidente onorario dell’Università Bocconi e neo senatore a vita Mario Monti. Anche le sinistre hanno infatti percepito che stava per nascere un governo figlio della sconfitta politica di Berlusconi, ma non della loro vittoria. Cerco di spiegarmi.


Il terremoto politico italiano nasce da un complesso conflitto geopolitico internazionale in una stagione che vede la fine della supremazia americana sul mondo dopo la fine dell’Unione sovietica (1991) e il successivo emergere di Paesi “forti” e in progressivo sviluppo che fino ad allora erano rimasti in secondo piano davanti al grande e predominante conflitto fra l’Est e l’Ovest del mondo, la cosiddetta “guerra fredda” (1945-1989). Poco importa in questa sede indicare gli attori e gli eventuali vincitori di questo complicato conflitto peraltro in corso, ma importa invece avere presente il quadro internazionale, che ci permette di intuire qualcosa anche di quanto accaduto in Italia.
Quello che è certo è la sconfitta, o comunque il difficile momento che stanno attraversando l’euro e gli Stati europei, o almeno alcuni e fra questi il nostro. L’Italia è stata così oggetto di un attacco speculativo internazionale sostenuto (o comunque non osteggiato) anche da governi che dovrebbero essere nostri alleati, come per esempio la Germania e soprattutto la Francia, che con la guerra in Libia è andata ben oltre  una conflittualità finanziaria.

A questo punto si inserisce l’odio ad personam accumulato contro Silvio Berlusconi da forze politiche e poteri forti a quasi vent’anni dalla sua discesa in campo.
Il resto è cronaca. Di fronte a pressioni inaudite il Presidente del consiglio ha scelto di dimettersi senza essere mai stato sfiduciato in Parlamento e poi di collaborare con il “governo del Presidente” guidato da Mario Monti. Vedremo che cosa accadrà nei prossimi giorni. L’alleato del Popolo delle libertà nella coalizione al governo, la Lega nord, ha scelto diversamente, neppure partecipando all’incontro rituale con Monti e annunciando la riapertura del Parlamento del Nord.

Entrambe le scelte hanno delle ragioni comprensibili. La scelta leghista denuncia come in questo frangente sia stata “sospesa” la democrazia reale e sostituita da un “governo del Presidente della Repubblica” che piace ai vertici dell’Unione Europea, anche se è vero che la Costituzione prevede la possibilità di quanto avvenuto. La Lega sceglie dunque di denunciare l’accaduto anche se con metodi discutibili, come quello del Parlamento del Nord, oggettivamente imbarazzante per qualsiasi parlamentare del centro-destra eletto dall’Emilia in giù.

Berlusconi e il Pdl sembrano aver fatto un altro ragionamento, quello di realizzare una tregua, condizionando il governo nascente in modo che non venga egemonizzato dalle sinistre e dal Terzo Polo: “Se volete i nostri voti in Parlamento – questo è il ragionamento – dovete tener conto anche del nostro pensiero nella costituzione e nelle scelte del nuovo governo”. Vedremo a breve se il ragionamento era fondato.


Su La Bussola sono già apparse diverse opinioni a proposito di questa scelta. Personalmente sabato scorso ero a Milano ad ascoltare Ferrara, Feltri e Sallusti e istintivamente avrei difeso l’eventuale scelta di Berlusconi per l’opposizione e dunque per lo scontro deciso con tutti i poteri italiani e non solo. Ma Berlusconi ha scelto diversamente. Probabilmente ha compreso che la partita era comunque perduta e si poteva soltanto cercare di limitare i danni.

Quello che però mi pare molto importante oggi è il futuro della creazione politica di Berlusconi, il Pdl. Sempre sulla Bussola abbiamo scritto del partito conservatore, delle sue caratteristiche, del fatto che non c’è mai stato nella storia politica italiana e che invece, in qualche modo, con mille difetti, proprio Berlusconi è riuscito a dargli vita a partire dal 1994, unendo insieme tutte le forze politiche che si riconoscono in alcuni valori fondamentali seppure partendo da filoni culturali diversi, ma in qualche modo legati all’identità italiana e ostili alle diverse ideologie della sinistra.

Questa creatura politica va salvaguardata a ogni costo perché per vent’anni ha costituito un argine contro il tentativo di introdurre una ulteriore aggressione alle radici cristiane dell’Italia, soprattutto per quanto riguarda la difesa dei principi non negoziabili. Per rendersene conto basta confrontare la nostra legislazione in tema di vita e famiglia con quelle dei principali paesi europei.

Mi sembra assolutamente fuorviante presentare Berlusconi come la sintesi di tutto il “soggettivismo etico” diffuso in Italia a partire dagli anni Sessanta, come scrive su La Stampa di ieri il sociologo Giuseppe De Rita. Il suo comportamento privato e il suo conclamato anarchismo rispetto ai valori non hanno certamente contribuito a farne un modello di uomo politico esemplare per chi, come noi, ha a cuore soprattutto la promozione dei principi non negoziabili. Ma De Rita può insegnare a tutti noi che bisogna distinguere la liberazione della società dall’invadenza dello Stato (il liberalismo proclamato e purtroppo non attuato da Berlusconi), dal soggettivismo etico, cioè dal rifiuto e dalla lotta contro l’esistenza di principi sorgivi per il bene comune e dunque non negoziabili. Attribuire anche questo a Berlusconi suona veramente paradossale.