UAAR
E' l'ora del Bar Economia: «Crisi colpa della Chiesa»
L'Unione Atei e Agnostici Razionalisti attacca l'8xmille e i presunti privilegi fiscali della Chiesa. E subito gli vanno dietro Libero e Il Fatto Quotidiano.
Attualità
18_08_2011
In Italia, come è noto, vivono milioni di esperti di calcio. Loquaci commissari tecnici spuntano soprattutto nelle fasi calde dei mondiali di football, tutti con la loro invincibile formazione, i loro bravi schemi.
In questi giorni di grave crisi economica invece si stanno moltiplicando gli economisti improvvisati. Ognuno ha la sua ricetta per sanare i conti pubblici: taglia di qua, privatizza di là, tassa su e giù.
In questo concerto un poco stonato non poteva mancare la voce del razionalismo italico. O almeno di quelli che pretendono di rappresentarlo.
L’Unione Atei e Agnostici Razionalisti, la setta laicista onorevolmente presieduta, fra gli altri, da Margherita Hack e Piergiorgio Odifreddi, ha detto la sua per mezzo di un comunicato stampa.
Dato che “nessuno parla di intervenire sugli enormi contributi che lo Stato eroga ogni anno per fini religiosi”, l’audace Uaar ”ricorda che, anche solo lasciando allo Stato la quota delle scelte inespresse dell’Otto per Mille, si recupererebbero ogni anno oltre seicento milioni di euro”. E casualmente, neanche fosse un ordine di scuderia scattano i media italiani nell'attacco alla Chiesa: solo ieri hanno fatto da eco alle argomentazioni dell'Uaar Il Fatto Quotidiano e Filippo Facci nella sua rubrica su Libero.
Ovviamente non solo 8xmille: “Introducendo l’ICI sui beni ecclesiastici ad uso commerciale, azzerando l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione destinati all’edilizia di culto ed eliminando, come Costituzione comanda, ogni onere statale per la scuola privata, la cifra aumenterebbe in modo ancora più sostanzioso”. Non ci dicono quanto sostanzioso, né ci spiegano come distinguere infallibilmente un ”uso commerciale” da quello caritatevole, assistenziale o pastorale.
È invece sicuro che limiterebbero la libertà di insegnare altre verità rispetto alle loro così in sintonia con il pensiero unico secolarizzato. Molte scuole cattoliche chiudono, altre sarebbero costrette a chiudere senza i finanziamenti pubblici. Non sarebbe solo un danno per chi ci lavora e per gli ordini religiosi che le gestiscono; avremmo nel corso di poche generazioni compatrioti del tutto incapaci di comprendere Dante, Manzoni o Michelangelo, cadrebbe nell’oblio un patrimonio culturale che ha reso grande l’Italia e che la scuola pubblica non è più tanto orgogliosa di tramandare. Certo, non sarebbe un problema per l’Uaar. Probabilmente Odifreddi è pronto a colmare tutte quelle lacune con robuste dosi di matematica; lui è convinto che insegnando fin dall’asilo che 2 più 2 fa 4 si liberino i piccini dalla nefasta superstizione di Gesù bambino.
Il problema, secondo i razionalisti di casa nostra, è un altro: “L’entità della somma che finisce nelle tasche delle organizzazioni ecclesiastiche è sconosciuta persino al governo”. Strano. Se così stanno le cose, ci permettiamo di consigliare al Ministro Tremonti e a tutti gli agnostici una breve visita al sito http://www.8xmille.it/. Con pochi clic sono disponibili i bilanci che chiariscono come la Conferenza Episcopale Italiana faccia uso del prelievo Irpef, anno per anno, regione per regione.
Con i ricavi dell’Otto per mille la Chiesa cattolica costruisce nuove chiese su tutto il globo, compie la sua missione di annuncio del Vangelo, restaura e tiene in vita beni culturali di valore inestimabile, fa la carità, ovvero crea ospedali, orfanotrofi, mense per poveri in Italia e nei paesi del Terzo Mondo (che esiste ancora, nel caso qualcuno se ne sia dimenticato). E paga anche gli stipendi ai sacerdoti, persone che veramente non “staccano mai” dal lavoro, e proprio perché sacerdoti cattolici non possono limitarsi alla celebrazione della liturgia ma svolgono un’insostituibile funzione sociale.
Eppure l’Uaar considera le istituzioni cattoliche dei veri e propri parassiti dell’economia nazionale, non vuole comprendere quanto intervengano dove lo Stato non riesce ad arrivare, forse ignora il principio di sussidiarietà. È convinta che siano “privilegi” quelli della Caritas, ad esempio: assistere minori, lenire i dolori delle infermità fisiche e mentali, aiutare famiglie ed individui in difficoltà economica, contribuire ad un dignitosa integrazione di immigrati spesso dimenticati dallo Stato. Probabilmente non mancano preti, frati, suore e laici che chiamano privilegio fare tutto ciò; certo non nel senso inteso da atei e agnostici uniti nella lotta anticlericale.
Si facciano un giro questi liberi pensatori nella Piccola casa della Divina Provvidenza fondata dal Beato Cottolengo a Torino. Fra quelle mura possono interrogare disabili, anziani, tossicodipendenti, alcolizzati, malati di ogni possibile male. Chiedano a loro cosa ne pensano dell’ICI.
Oppure si leggano le pagine del “Viaggio in Italia” scritte nel 1983 da Guido Ceronetti (artista e pensatore non certo cattolico e che sui temi bioetici la pensa bene o male come loro) dopo aver visitato “l’isola Cottolengo” che “resiste coi suoi vecchi statuti nel frenetico mare di denaro della città nevrotica, custode di un tesoro che ha nome: il Denaro non come fine” .
Ecco, per tutta la Chiesa il denaro non è un fine ma un mezzo. Mezzo ben più nobile dei mezzucci dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti.
Per chi volesse entrare nel dettaglio dei singoli argomenti legati alle mezogne su 8xmille ed esenzioni Ici, consigliamo la lettura di "La vera questua", scritto da Umberto Folena,