E l'Emilia rossa disse: abbiamo una banca (del seme)
La campagna della Regione per un "pacchetto" di 150 gameti maschili e femminili. Obiettivo: la fecondazione eterologa come rimedio alla sterilità, che però si può curare, ma non si dice. Ai donatori "altruisti" alcuni benefit. Si tace sui rischi e sulle alte percentuali di insuccesso e si giustifica con il calo di natalità.
-SVEZIA, WELFARE E SOLITUDINE di M. Guerra
La Regione Emilia Romagna entra a gamba tesa nel mercato, perché di questo si tratta, della fecondazione eterologa. E lo fa pubblicando un bando per la donazione di gameti maschili, cioè spermatozoi, e femminili, cioè ovociti. L’invito della campagna, che non scatenerà di sicuro le proteste come per la recente campagna del Fertilty Day, è molto allettante: “Il tuo dono, la loro felicità. Aiuta un’altra coppia ad avere un figlio”.
Lo slogan arriva dritto al cuore: bisogna donare gameti perché la fecondazione eterologa è una tecnica di procreazione medicalmente assistita cui si ricorre quando uno dei due genitori ha problemi di sterilità. Per arrivare ad una gravidanza, si legge sul sito della Regione, è necessario usare un gamete di una terza persona. Il donatore, appunto. Ecco la nuova frontiera: fare figli artificialmente, meglio se con materiale biologico sconosciuto, che poi ci si affeziona.
E peccato se per promuoverlo si debba ricorrere a una piccola bugia. “Si tratta – si legge – di un percorso necessario per i genitori con problemi di sterilità”. Affermazione quanto mai discutibile perché i problemi di sterilità si possono affrontare e risolvere in altri modi, magari prestando attenzione alla campagna del Fertility Day, che è stata recentemente boicottata anche dalla stessa Regione Emilia Romagna, e soprattutto perché la frase sembra dare per scontato che la tecnica della fecondazione artificiale sia necessaria e quindi sicura anche dal punto di vista scientifico. Ovviamente non si dice che i tassi di insuccesso sono altissimi e che le percentuali di effetti collaterali per la donna, anche gravi e patologici, come documentato dal piano fertilità del Ministero della Salute, sono altrettanto elevati.
Ma la Regione sa di poter contare sul favore mediatico e soprattutto politico, anche perché quella della donazione gratuita di gameti è una linea sposata dal Pd nazionale, come dimostra anche l’intervento in commissione Senato durante l’audizione di Pro Vita.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2014, che sdogana di fatto l’eterologa, ci si è accorti che lo stop imposto dalla legge 40, ha praticamente impoverito le “banche” del seme. “Dopo dieci anni di sospensione, si è praticamente ripartiti da zero, con il problema del reperimento dei gameti e, in particolare, degli ovociti perché la donazione era stata proibita”. Sul sito della Regione Emilia la notizia ha fatto la sua comparsa ieri per la prima volta e non sembra aver destato particolari problemi. Ma non è una notizia di quelle da trattare alla leggera. Per la prima volta un ente istituzionale si incarica di reperire, attraverso il sistema sanitario regionale, pagato da tutti i contribuenti, quello che in molti stati europei è affidato al mercato privato. E che soprattutto, pur spacciandolo per diritto concesso per via giurisprudenziale, moralmente è vincolato a giganteschi scrupoli di coscienza.
Infatti i vertici di viale Aldo Moro si sono affrettati a chiarire che i donatori devono farlo “in modo spontaneo e altruistico”. Non siamo distanti però dalla soluzione della Svezia dove la donazione degli spermatozoi avviene dietro compenso e ammantata di buoni sentimenti e quasi di un afflato missionario. In fondo, che sarà mai? Il tutto ci proietta in un mondo di automi, di mamme che non solo partoriscono da sole, ma che vengono inseminate da sole con un kit che arriva con un anonimo corriere espresso.
Gratuità dunque, per non avere problemi di accuse di mercimonio con la vita umana; e altruismo, per non avere problemi di identità nel post evento. Queste le parole chiave. Accompagnate da una buona dose di ipocrisia circa la necessità della campagna, che guarda caso va incontro alla problematica del calo demografico. Guarda un po’, verrebbe da dire. Dopo aver passato 40 anni a distruggere la famiglia come cellula della società, adesso la Sinistra si accorge che c’è un problema di denatalità, ma invece di ammettere l’errore e ritornare su una visione antropologicamente sana della sessualità e della riproduzione, continua nel solito errore di prescindere dalla natura e soprattutto da rapporti umani improntati all’amore e al dono di sé.
Questo è ben chiaro nelle parole dell’assessore alla Sanità della giunta Bonaccini, Sergio Venturi, che in un video pubblicato sul sito della Regione snocciola la sua discutibilissima ricetta per tornare a ripopolare il Paese: una grande e immensa banca di sperma e ovociti da mescolare. Se non siamo al transumano, cos’è?
Sentiamo cosa dice: “Attraverso il bando di manifestazione di interesse contiamo di reperire 150 confezioni di gameti femminili, che sono quelli più difficili da recuperare – dice Venturi alla presentazione della campagna – e con la campagna vogliamo avere una risposta significativa da parte delle donatrici. Abbiamo previsto diversi benefit, compresa la giustificazione dell’assenza dal posto di lavoro, offriamo un bilancio di salute e un check in sulla fertilità”. Poi il top: “Questo pacchetto si inserisce all’interno di una politica di supporto alle famiglie rispetto al tema della natalità, che è un tema preoccupante per i cali significativi che sta subendo e senza una cui ripresa facciamo fatica a immaginare uno sviluppo duratore per l’economia di questa Paese”.
Riassumendo: per ripopolare l’Italia bisogna tornare a fare figli, ma non naturalmente. Come? Con la fecondazione eterologa. A causa della sterilità? No, perché questa si può spesso curare. Quindi? Donando in forma anonima e gratuita spermatozoi e ovociti. Ma tranquilli, vi rilasciamo il certificato del datore di lavoro, come se foste andati dal dentista. Ci interessa avere 150 confezioni (sic!) di gameti e pertanto facciamo una manifestazione di interesse, come se si trattasse dell’acquisto di un’area industriale dismessa. Eh... si badi: tutto questo lo facciamo per la famiglia.
Sembra di rivedere il manifesto della Us Army con lo zio Tom che punta l’indice dicendo “I want you…”. Là si trattava della chiamata alle armi e dell’arruolamento volontario. Oggi la nuova carne da cannone serve per le battaglie della tecnoscienza, ma la campagna d’arruolamento in fondo è la stessa.