È in corso in Thailandia una operazione per espellere gli stranieri irregolari di “pelle scura”
Nell’ambito di un piano di regolarizzazione della manodopera straniera, è stata avviata in Thailandia una operazione di polizia per individuare gli immigrati clandestini
In Thailandia da alcune settimane è in corso una vasta operazione di polizia che mira ad espellere dal paese gli immigrati clandestini e in generale gli stranieri ritenuti pericolosi. L’obiettivo, ha spiegato il capo dell’Ufficio immigrazione Surachate Hakpam, è “classificare quali siano le persone con la pelle scura buone e quali potrebbero commettere reati”, come ad esempio i cosiddetti “truffatori romantici”, spesso originari della Nigeria e dell’Uganda, che tramite internet raggirano delle persone sole sottraendo loro del denaro. Finora sono state fermate 1.000 persone. Tra di loro, sostengono alcune organizzazioni che difendono i diritti umani, ci sarebbero anche dei rifugiati e dei richiedenti asilo in transito verso paesi terzi. Sembra ad esempio che 70 cristiani pakistani siano stati arrestati con l’accusa di ingresso e soggiorno illegali benché sostengano di essere fuggiti perché perseguitati in patria. La Thailandia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Tuttavia il nord e l’ovest del paese sono presenti dei campi profughi dell’Onu che ospitano popolazioni in fuga dal Myanmar. Secondo l’Oim nel paese vivono circa 4-5milioni di lavoratori stranieri e un milione di emigranti illegali, soprattutto di nazionalità birmana. Una fonte dell’agenzia di stampa AsiaNews sostiene che siano proprio gli immigrati provenienti dal Myanmar le persone “di pelle scura” di cui si parla nell’ordinanza dell’Ufficio immigrazione. Sono loro i più colpiti dalla legge entrata in vigore nel giugno del 2017 che sanziona gli stranieri senza regolare permesso con multe tra i 1.000 e i 2.000 euro e, nel tentativo di contrastare lo sfruttamento di forza lavoro, punisce i datori di lavoro che assumono lavoratori stranieri non registrati con ammende fino a circa 23.500 euro. Decine di migliaia di birmani da allora hanno fatto ritorno in patria.