E Baget Bozzo tuonò: «L'Italia riscopra Dante»
Per il politologo, nel dopoguerra c'era bisogno di padri fondatori che costruissero l'ordine civile sul Vangelo, avendo come modello il Poeta.
Don Gianni Baget Bozzo (1925-2009) non è mai stato banale. Anche quando il suo pensiero e il suo operato si sono momentaneamente staccati dalla comunione visibile con la Chiesa (durante il periodo della sospensione a divinis per essere stato eletto europarlamentare socialista), don Gianni non ha mai abbandonato la fede e neppure il suo progetto politico-culturale.
Giovane dossettiano negli anni della Resistenza e del primo dopoguerra, don Gianni si stacca progressivamente da questo ambiente per approdare prima alla Dc di De Gasperi e poi in quell’ambiente cattolico e conservatore, segnato dalle importanti figure del Card. Siri e del fondatore dei Comitati Civici, Luigi Gedda. Dall’interno di questa prospettiva culturale, nel 1960 dà vita ai Centri per l’ordine civile e all’omonimo giornale, che proprio da Gedda verrà aiutato moralmente e finanziariamente per opporsi all’apertura a sinistra in corso in quel tempo, dopo la caduta del governo Tambroni nel luglio 60 in seguito ai drammatici fatti di Genova, dove una vera e propria insurrezione popolare guidata da comunisti impedì che si tenesse il congresso previsto del Msi, il Movimento Sociale Italiano.
Ma Baget Bozzo non guardava soltanto alla politica a breve termine, bensì sapeva inserire la quotidianità all’interno di un progetto molto più profondo. E il suo progetto di sempre, come testimoniano anche queste parole che riportiamo dal libro in uscita per i tipi di Cantagalli (Cristianesimo e ordine civile, a cura di G. Tassani) sarà sempre quello di trovare la strada perché l’Italia non uscisse prima e rientrasse poi nei “binari della fede”.
In quest’ottica le parole che seguono trovano il loro significato: l’Italia del secondo dopoguerra deve trovare dei Padri fondatori, che sappiano far nascere dalla fede, ancora diffusa nel popolo, un ordine civile impregnato del Vangelo ma autonomo politicamente dalla Gerarchia ecclesiastica, cioè un progetto cattolico non clericale. Questa sarà sempre la sua scommessa, il suo desiderio, il suo tentativo costante.
«Comprendere l’Italia è capirla in ciò che di distinto e di specifico ha rispetto a Roma, sia antica che pontificale: e capir bene la sua distinzione sia dall’Impero che dalla Chiesa. Il non aver bene inteso il distacco della Chiesa ed aver fatto dell’Italia una sorta di organo del Papato e, come una nazione sacerdotale, una sorta di tribù levitica della Cristianità, è l’errore di Gioberti. L’aver voluto far rivivere Roma antica in Italia è l’errore che parte da Arnaldo da Brescia, passa per Cola di Rienzo, fonda la politica moderna con Machiavelli, e giunge a conclusione drammatica e a catastrofe nazionale con Mussolini. La figura che dobbiamo tenere ben ferma come criterio e simbolo della vocazione nazionale italiana è Dante. Dante nasce quando il periodo di gestazione dell’ordine ecclesiastico è compiuto. Il primo millennio cristiano tende alla formazione degli istituti fondamentali della società ecclesiastica.
Alla fine del millennio il Pontificato romano emerge con San Gregorio VII in tutta la sua pienezza: il rapporto tra Papato ed episcopato riceve la sua definizione fondamentale. Il Papa restaura l’episcopato impedendogli di diventare uno strumento del potere civile. Il celibato ecclesiastico dà alla figura del sacerdote il nitore che è necessario alla sua santa funzione. Gli ordini cavallereschi e le crociate indicano i primi esempi di vita di perfezione specificamente ed assolutamente laicale. Le grandi famiglie monastiche e clericali costituiscono la trama ed il fondamento permanente della vita di perfezione nella Chiesa. In questo momento nascono le nazioni cristiane: l’ordine civile cristiano si stacca dall’ordine ecclesiastico che l’ha generato e comincia a ricercare il suo cammino autonomo.
Il Vangelo, avendo costituito la Chiesa, si accinge a pervadere di sé tutta l’umanità. La società fondata da Gesù Cristo esiste nella sua forma piena; ora tutte le società naturali, tutte le parti dell’umanità debbono conformarsi, rinascere rispetto ad essa, accogliere la sua luce dentro di sé e rinnovarsi accogliendo la sua verità. E la prima nazione ad uscire dal seno della Chiesa è l’Italia. La Divina Commedia è il poema primogenito, il primo manifestarsi della nazione primogenita, anzi l’atto stesso del suo nascere. Per questo Dante è chiamato, abitualmente, padre».