Due vite appese a un filo
Marta non vuole figli, ma resta incinta per far contenta la madre, e quando questa muore, non vuole tenere i gemelli in arrivo.
Quanti anni avranno ormai quei bambini?
Sulla nostra agenda era segnato un appuntamento con due nomi, una coppia evidentemente, per le tre del pomeriggio.
Mi piace molto lavorare con le coppie. Le dinamiche psicologiche si rendono immediatamente evidenti e, frequentemente, il sentiero da percorrere si mostra più delineato.
Puntualissimi, all’ora stabilita, arrivano Marta e Luciano.
Ci presentiamo e dico il mio piacere di incontrarli insieme.
Ecco si siedono: Marta sul divano e Luciano sulla sedia come se già mi volessero mostrare la loro difficoltà nell’andare avanti sulla stessa lunghezza d’onda.
“Chi inizia a parlare?” Si interrogano vicendevolmente per decidere che sarà Marta a cominciare.
La frase storica:
“Sono incinta di cinque mesi e aspetto due gemelli; ma io, a differenza di mio marito, non voglio questi bambini.” Aspetto che ricominci a parlare tollerando il silenzio affollato di domande che mi salgono prepotenti.
“Siamo due dirigenti, sposati da quasi undici anni e stavamo benissimo senza figli. Forse mio marito li desiderava in cuor suo, ma capiva che per me non era la stessa cosa.
Poi il desiderio di mia madre: probabilmente sentiva che la sua vita non sarebbe stata lunga e cominciò a chiedermi insistentemente di farla diventare nonna.
Ecco, allora, la visita dal ginecologo con la richiesta pressante che mi aiutasse a diventare madre, con tutto ciò che segue in questi casi.
Restai incinta subito, mia madre era felice.
Arrivò la prima ecografia che mi annunciò l’arrivo di due gemelli.
La cosa era sorprendente ma tutto venne bene accettato.
La salute della mamma peggiorava a gran velocità e un mese fa, purtroppo, è morta.
Li avevo messi in viaggio per lei, quei bambini, ma adesso?
Mi ritrovo sola, con tanti disturbi e un futuro tutto da inventare. Io non ho nessuno a Milano, stiamo abbastanza bene a livello economico, ma il mutuo, le spese di casa, qualche viaggio, …”
Sempre più sorpresa, mi volgo verso Luciano per dire:
“Siamo a cinque mesi di gestazione, la stessa legge 194 non permette di interrompere la gravidanza a questo tempo!”
Finalmente anche lui parla:
“Io vorrei tanto che questi bambini nascessero, ma con mia moglie non si può nemmeno affrontare l’argomento. Faccio di tutto per aiutarla: sono stato a casa dal lavoro nei momenti più difficili, ordinando il pranzo al ristorante vicino; è come se non mi vedesse. Ha trovato un medico privato disposto a farla abortire clandestinamente e mi sembra che non ci sia proprio nulla da fare.”
“È proprio così, Marta?”
“Sì, è proprio così; mi sento profondamente sola, la mamma che volevo rendere felice non c’è più e non capisco perché dovrei rovinarmi la carriera.”
“Sente – interviene Luciano – io non so proprio più che cosa fare per renderla un po’ più contenta ma tutto appare insormontabile e, io, è come se fossi trasparente.”
Sentendomi senza argomenti, provo a far leva sull’oggettività del tempo di gravidanza:
“Se ho capito bene, lei ha trovato un medico compiacente e senza scrupoli, ma ha pensato che i bambini nascerebbero vivi?” “Il medico ha pensato a tutto e ha organizzato l’evento; so che fa una brutta impressione, ma meglio così che quattro persone infelici, perché io non potrei mai amarli questi bambini e, se mio marito mi costringesse a portare avanti la gravidanza, per me non esisterebbe più.”
Mentre Marta mi rovesciava addosso, quasi con cattiveria, tutte queste negatività, Luciano rimaneva apparentemente tranquillo, sforzandosi di non mostrare la sua disperazione.
Io, intanto, pensavo a tutte quelle donne che del padre del proprio figlio non potevano dire nulla di buono, anche perché spesso venivano abbandonate.
Lasciavo un po’ di tempo perché ciascuno potesse riflettere; poi, cercando strade nuove, tentavo di riprendere la conversazione.
“Marta, mi vuole raccontare della sua mamma?”
Con un certo smarrimento iniziale, Marta prende a raccontare:
“Mia madre? un generale! Io, figlia unica, dovevo essere sempre la figlia modello che voleva lei. Le mie amiche non le andavano mai bene, per non parlare degli amici maschi! Sembravano tutti dei ‘poco di buono’ che volevano mettermi nei guai. Povera, mi voleva certamente bene, ma non prendeva in considerazione la mia solitudine.”
Ho provato a dire:
“Dove abita lei, Marta, abita anche Sandra, una mia amica molto simpatica; poi ci sono Franco e Antonietta che sono felici quando hanno l’opportunità di fare gli zii … Potrebbe avere un po’ di compagnia.”
Mi sembrava inutile continuare e, così, le dissi che l’avrei messa in contatto con i miei amici, se lo avesse voluto.
Questi amici divennero anche i suoi e da loro venni messa a parte del fatto che la gravidanza stava andando avanti.
Direttamente non seppi più nulla di Marta e Luciano, finché …
Una sera, a casa, suonò il telefono; non è una cosa strana visto che a volte non faccio in tempo a chiudere una telefonata che l’apparecchio mi squilla in mano:
“Pronto” – dico in tono interrogativo – “Sono Marta, la moglie di Luciano, chissà se si ricorda di noi?”
Ricordarmi di loro? So di averli pensati molto spesso e, quindi, dissi precipitosamente:
“Come potrei non ricordarmi di voi? Il nostro incontro mi si è ripresentato molte volte alla mente e al cuore; ma qual buon vento?”
“È un vento di compleanno! I nostri bambini stanno festeggiando i loro sette anni e a me è balzato davanti un ricordo: il nostro colloquio. Ho pensato che, con noi, ci doveva essere anche qualcun altro a festeggiare e, così, le ho telefonato.”
Un bel magone mi stringeva la gola e chiesi minuziosamente dei bambini, venendo a sapere che tutto andava bene e che a scuola erano davvero bravi.
“Grazie Marta di questa bella sorpresa, mettete un piatto in più sulla tavola e io sarò lì con voi a vivere la Festa della Vita!”