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Asia

Due cristiani uccisi in Pakistan con efferata violenza

Entrambi sono stati picchiati a morte da gruppi di musulmani e il brutale accanimento degli aggressori rivela odio religioso e intolleranza

Si registrano in Pakistan due gravissimi casi di violenza contro cristiani. Il 30 aprile un giovane operaio cristiano, Asif Masih, stava tornando a casa, nel villaggio di Sahoki Maalia, dopo aver lavorato tutta la notte alla mietitura del grano quando è stato fermato insieme a un compagno di lavoro da Muhammad Imran e da altri musulmani che lo hanno accusato di aver lasciato vagare il suo bestiame nei loro campi e per questo lo hanno picchiato selvaggiamente. Non contenti, hanno chiamato la polizia e lo hanno fatto arrestare. Nonostante le sue gravi condizioni, la polizia per due giorni ha rifiutato di lasciarlo portare in ospedale e, quando finalmente ha acconsentito in cambio del pagamento di 7.000 rupie fatto dal fratello, era ormai troppo tardi. Il poveretto è deceduto dopo il ricovero per le ferite riportate. Come se non bastasse, quando il suo datore di lavoro, Mushtaq Ahmad, si è recato alla stazione di polizia per denunciare i responsabili dell’omicidio, la polizia ha tentato di scoraggiarlo. Pochi giorni dopo, il 12 maggio, Kashif Masih, un operaio cristiano di 35 anni, è stato ucciso nel villaggio di Jamkay Cheema. L’uomo è stato rapito da sette musulmani, due soli dei quali identificati, Areeb Babar e Ijaz Ikramullah, su ordine di Malik Irfan, un ex ispettore di polizia, perché sospettato di aver rubato dei telefoni cellulari, una accusa che secondo la sua famiglia era del tutto infondata. La violenza con la quale i rapitori hanno infierito su di lui torturandolo a morte è stata disumana. Con delle mazze lo hanno colpito ripetutamente alla testa e agli occhi e gli hanno fratturato diverse costole, gli hanno conficcato dei chiodi nelle gambe e in altre parti del corpo. La loro efferata crudeltà fa pensare che, al di là della collera per il presunto furto, gli assassini siano stati animati da intolleranza e odio religioso. Kashif lavorava da tre anni per l’ex poliziotto che è stato arrestato. Gli esecutori dell’omicidio, anch’essi arrestati, sono tuttavia liberi su cauzione. La casa di Kashif è stata perquisita, ma non vi è stato trovato nessun oggetto rubato. Sardar Mushtaq Gill, un avvocato cristiano impegnato nella difesa dei diritti umani evidenzia che questi episodi di violenza dimostrano la sistematica discriminazione di cui i cristiani sono oggetto: “i cristiani in Pakistan rimangono vulnerabili non solo a causa della loro fede, ma anche a causa della loro povertà che limita il loro accesso alla giustizia”. La loro condizione è particolarmente difficile nelle aree rurali. Commentando i due episodi Joseph Janssen, militante in difesa dei diritti delle minoranze, “questo livello di brutalità – dice – non può verificarsi senza carenze sistematiche.il Pakistan deve dimostrare che tali atti non rimarranno impuniti”. Ora la famiglia di Kashif Masih teme ritorsioni e chiede la protezione dello Stato, poiché l'accusato gode di un'influenza sociale e politica che potrebbe sabotare il processo legale. Il Pakistan ha compiuto dei passi legislativi significativi, ma resta da promulgare la legge sulla tortura e la morte sotto custodia, che rimane quindi inefficace. “Le leggi sulla carta non significano nulla quando il sistema giudiziario si piega al potere e mette a tacere chi non ha potere” ha dichiarato Ashik Naz, un altro difensore dei diritti umani.