Due attentati islamici in tre giorni: l'Europa si sveglia nel jihad
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Bruxelles: Abdesalem Lassoued, clandestino tunisino, giunto da Lampedusa, ha abbattuto a colpi di kalashnikov due tifosi della Svezia, arrivati nella capitale belga per la partita. È il secondo attentato islamico in tre giorni dopo l'uccisione di un professore francese ad Arras. Arresti anche in Italia.
- Come l'Europa si alleva la serpe islamista in seno di Souad Sbai
Abdesalem Lassoued, tunisino, 45 anni, la sera del 16 ottobre, a bordo di uno scooter, ha inseguito un taxi che portava due anziani svedesi, a Bruxelles per la partita delle qualificazioni agli Europei. Al momento buono, in viale Ypres, ha estratto un kalashnikov, un’arma da guerra in pieno centro della capitale dell’Europa, facendo fuoco sui malcapitati tifosi, al grido di “Allah Akhbar” rendendo nota sin da subito la matrice della sua azione terroristica.
Per i due, che hanno cercato di salvarsi riparandosi nell’atrio di un palazzo, non c’è stato nulla da fare. Un terzo uomo è stato ferito, ma è fuori pericolo. Nonostante sia stato segnalato e ripreso da passanti e da telecamere di sorveglianza, nonostante avesse un’arma molto vistosa, nonostante fosse in motorino con un giubbotto arancione, il terrorista è riuscito a sfuggire alla polizia e a girare un video di rivendicazione, dove proclama la sua fede e il suo giuramento all’Isis. Per quindici ore resta alla macchia, finché, alle otto del mattino successivo (ieri, per chi legge) è stato ucciso in uno scontro a fuoco in un bar del quartiere Schaerbeek, dove era stato segnalato da un cliente.
Questi, in estrema sintesi, sono i fatti dell’attentato del 16 ottobre, stando a quanto è stato reso noto dalle autorità del Belgio. Ma restano moltissimi punti oscuri, di una vicenda che ha dell’incredibile. Praticamente ci troviamo di fronte alla cronaca di un attentato annunciato.
Nel 2011 sbarcato a Lampedusa, il tunisino Abdesalem Lassoued si è trasferito in Svezia, dove è stato in carcere e poi espulso verso l’Italia (primo paese di approdo, come da trattato di Dublino). Nell’attentato ha mirato deliberatamente a cittadini svedesi, era chiaro il suo intento di “punire” la Svezia. Nel 2016, fermato a Bologna, è stato identificato dalla Digos come radicalizzato. Nel 2019 ha chiesto asilo politico in Belgio ma gli è stato negato. Quell’anno le autorità hanno di fatto perso le sue tracce, cancellato nell’elenco di Bruxelles non gli hanno neppure potuto recapitare l’ordine di espulsione. Ha viaggiato però anche all’estero: ci sono tracce evidenti (post sui social) di un suo passaggio a Genova nel 2021. Ancora l’Italia, dunque.
Non faceva mistero della sua radicalizzazione, faceva assiduamente propaganda jihadista sui suoi profili social, dove era noto come “Slayem Slouma”. Se era stato già espulso dal Belgio, perché non è stato fermato prima? Perché ha potuto viaggiare e armarsi? Nel giugno del 2023 la polizia belga era tornata sulle sue tracce. “Era noto alla polizia per traffico di esseri umani, soggiorno illegale e minaccia per la sicurezza dello Stato”, dichiarava il Ministero della Giustizia Belga, subito dopo la sua uccisione. Da quanto apprendiamo, il clandestino, che teoricamente doveva essere espulso, era noto nella moschea di Bruxelles e in un centro di accoglienza aveva minacciato un uomo. Proprio a seguito della denuncia di quest’ultimo, la polizia aveva accertato che fosse stato condannato a Tunisi per reati comuni e per il 17 ottobre (ieri, per chi legge) era stato convocato per un interrogatorio. La sera prima, Abdesalem Lassoued, ha deciso di compiere il suo atto di “martire” del jihad, finendo la sua carriera.
La polizia, a poche ore dall’attentato, ha perquisito il suo domicilio, nel quartiere di Schaerbeek e vi ha trovato altre armi. La mattina dopo, Abdesalem Lassoued è stato segnalato da un cliente in un bar, non lontano da casa sua. Evidentemente era armato, perché nel tentativo di arrestarlo è scoppiato uno scontro a fuoco, quello in cui è stato ucciso.
Si è trattato, quanto meno, di una falla gigantesca nella sicurezza belga, in un periodo di allerta terrorismo, dopo le minacce di incendiare l’Europa a seguito del conflitto in Medio Oriente e durante una partita fra due squadre europee. Dalle fonti ufficiali belghe, per ora, viene comunicato troppo poco per capire cosa non abbia funzionato. Ed essendo morto nello scontro con la polizia, Abdesalem Lassoued si porterà i suoi segreti nella tomba.
Il giorno dopo l’attentato (ieri, per chi legge), la polizia italiana ha dato invece dimostrazione di zelo nell’antiterrorismo, arrestando, a Milano, due egiziani radicalizzati, Refaei Alaa e Nosair Gharib Hassan Nosair Mohamed, entrambi immigrati, lavoratori, ben inseriti in Lombardia e considerati integrati. Nelle loro chat intercettate, riportate dalla giornalista Cristina Giudici, c’era un’orgia di propaganda jihadista e puro antisemitismo. Mandavano anche piccole somme alle vedove dei jihadisti dell’Isis e recentemente anche ad una vedova palestinese. Ora sono accusati di associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere. Dalle indagini non risulta che stessero preparando un attentato, ma piuttosto che stessero facendo proseliti per risvegliare cellule dormienti.
Il giorno stesso dell’arresto a Milano, anche a Torino un uomo è stato fermato dalla polizia nei pressi della sinagoga. Brandiva un coltello e gridava frasi in arabo, è occorso l’uso del taser per poterlo arrestare. Anch’egli era di origine tunisina, di 41 anni, tuttora è in ospedale per accertamenti medici.
In tre giorni, perché è del 13 l’assassinio del professore Dominique Bernard, sgozzato ad Arras, in Francia, l’Europa ha già subito due attentati islamici e stando alle notizie sugli arresti, una rete molto più vasta si sta riorganizzando dopo che avevamo data troppo presto per finita l’ultima ondata di attentati. Le vicende nel Belgio dimostrano quanto siamo fragili, fra immigrazione fuori controllo, sottovalutazione dei radicalizzati e tanta negligenza. La presenza jihadista in Italia, come dimostrano sia il passato dell’attentatore di Bruxelles, sia gli ultimi arresti, non ci permettono di dormire sonni tranquilli. La guerra in Israele è un pretesto per l’Isis per tornare a colpire in Europa: l’obiettivo siamo tutti noi.