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E IN GERMANIA SI PARLA DI SCISMA

Dubia e ostacoli, solo Avvenire non vede il caos

Un editoriale del giornale dei vescovi "demolisce" le parole di Caffarra su dubia e AL e cita l'ormai celebre lettera del Papa. Che però è una missiva privata. La posta in gioco merita un atto di magistero più chiaro e preciso. Intanto in Germania Die Tagespost parla apertamente di scisma. 

Ecclesia 20_01_2017

L’intervista che il cardinale Carlo Caffarra ha concesso al quotidiano Il Foglio sui “dubia” presentati al Papa in merito ad Amoris laetitia, secondo il quotidiano dei vescovi italiani non è altro che un pretestuoso dibattere. La questione, infatti, scrive Luciano Moia su Avvenire, è già chiusa: tutto è chiaro nell’esortazione, e se proprio non lo fosse c’è sempre la lettera che il papa ha scritto ai vescovi argentini della regione di Buenos Aires. La comunione ai divorziati risposati more uxorio, in certi casi, non solo si può, ma si deve dare.

Inoltre, dice Moia, riprendendo un concetto già espresso in altre occasioni, l’esito di Amoris laetitia «non è un invenzione del Papa», ma il frutto di un lunghissimo cammino sinodale che ha coinvolto la Chiesa intera. Altri commentatori, come ad esempio il professor Andrea Grillo del Sant’Anselmo di Roma, attribuiscono all’arcivescovo emerito di Bologna una specie di senescente nostalgia per una chiesa che non è più. Caffarra, secondo Grillo, poggia le sue «deboli» argomentazioni «facendo ricorso in modo vistoso alle fragili teorie massimaliste che Veritatis Splendor (VS) ha introdotto avventatamente nel magistero ecclesiale». Quindi, per il teorico del “bene possibile” sembra che l’enciclica di san Giovanni Paolo II si possa tranquillamente discutere perché avventata, massimalista e vecchia, mentre l’esortazione Amoris laetitia, finalmente, rimette le cose a posto, aprendo praterie ad una teologia morale finalmente moderna e plurale. Si profila così un magistero à la carte, o in evoluzione darwiniana permanente continua.

Per tornare all’articolo di Avvenire, si prende atto che lo stesso Moia riconosce che l’interpretazione data ad Amoris laetitia non è la stessa in tutto l’orbe cattolico, sebbene giudichi come «prevalente» quella che ammette l’accesso ai sacramenti, in certi casi, per i divorziati risposati conviventi more uxorio. Non sappiamo se le cose stiano precisamente così, perché al netto di quelle dei vescovi argentini, e quelle recentissime dei vescovi di Malta, le indicazioni date nelle diocesi in giro per il mondo offrono un quadro abbastanza eterogeneo: in una diocesi l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati conviventi more uxorio viene ammesso, nell’altra no (se non impegnandosi a vivere in continenza), nell’altra ancora c’è un mix di “sì” e “no” per cui non vorremmo essere nei panni del sacerdote chiamato a discernere. Il commento di Caffarra, «solo un cieco può negare che nella Chiesa esiste una grande confusione», non sembra poi così pretestuoso come vorrebbe l’articolista di Avvenire.

L’altro argomento utilizzato da Moia per dire che il discorso è chiuso considera la lettera che il Papa ha inviato per approvare le linee guida dei vescovi di Buenos Aires. In quella lettera Francesco dice che il testo dei vescovi argentini è «molto buono, spiega completamente il senso del capitolo VIII di Amoris laetitia. Non ci sono altre interpretazioni». Ma visto che la lettera inviata dal Papa ai vescovi argentini risulta essere una missiva privata, poi resa pubblica, ci si potrebbe chiedere se la posta in gioco possa meritare un atto di magistero più chiaro e preciso, per dipanare il proliferare di interpretazioni diverse che comunque restano. 

D’altra parte la citazione da parte di Moia del cardinale brasiliano Cláudio Hummes, a proposito del fatto che «quei cardinali sono in quattro, dall’altra parte c’è tutta la Chiesa», non è un gran servizio alla realtà della situazione. Limitandosi a un conteggio del vaticanista Sandro Magister, ci sono state una quindicina di prese di posizione pubbliche a favore dei “dubia” da parte di altri vescovi o cardinali (vedi QUI e QUI), senza contare che vi sono stati molti interventi da parte di laici cattolici e studiosi in varie parti del mondo. 

Tra l’altro anche l’andamento del doppio sinodo mostra che il cammino per arrivare all’approvazione dei paragrafi su questo tema dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati è stato accidentato, e il Papa ha dovuto decidere di tenere vivo l’argomento inserendo i testi dei paragrafi che non avevano ottenuto il necessario passaggio formale al termine del primo sinodo 2014. Se ciò non fosse stato fatto, contrariamente alla prassi usuale, questo argomento non sarebbe mai entrato nel documento di lavoro del sinodo dell’ottobre 2015 che ha portato alla Relatio finale, e quindi ad Amoris laetitia che ha ulteriormente implementato il testo con opportune note per aprire alla possibilità, in certi casi, dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. 

Come dice Caffarra, «l’evoluzione della dottrina ha sempre accompagnato il pensiero cristiano.  [Ma] se c’è un punto chiaro, è che non c’è evoluzione laddove c’è contraddizione». E sul punto in questione è innegabile che rispetto al magistero precedente (Familiaris consortio n°84, Sacramentum caritatis n°29, etc.) qualcosa da chiarire rimane. La domanda a cui sarebbe opportuno dare risposta è sempre la stessa: se è possibile far accedere all’eucaristia un divorziato risposato convivente more uxorio, allora si deve anche insegnare che l’adulterio non è in sé e per sé male?

Non si capisce perché secondo Avvenire questa sarebbe una domanda pretestuosa, visto che anche il quotidiano tedesco Die Tagespost in un recente editoriale (vedi QUI) ha parlato apertamente di una situazione talmente confusa che assomiglia sempre più ad un vero e proprio «scisma di fatto».