Droga libera. All'insegna del (don) Gallo
Un forum sulle droghe a Genova, invita a "ripartire sulle orme di Don Gallo". Il sacerdote genovese, defunto da un anno, per la sua opposizione al carcere per i drogati, è ora diventato un simbolo dell'antiproibizionismo.
A Genova il 28 febbraio e l’1 marzo si è svolta una due-giorni d’alto livello sulle droghe. Titolo del forum: «Droghe. Ripartiamo da Genova. Sulle orme di don Gallo». Sottotitolo: «Nel solco di don Gallo per una nuova politica sulle droghe». Patrocinii: Regione Liguria e Comune di Genova. Nell’elenco degli enti organizzatori o comunque appoggianti spiccavano in particolare la Lega Coop Sociali, Magistratura Democratica (e te pareva), la Lega italiana per la lotta contro l’Aids (Lila), il Gruppo Abele, la Cgil (e te pareva due), l’Unione Camere Penali, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca). Quest’ultimo era presente con un suo relatore, un prete, don Armando Zappolini.
Se vai sul sito del Cnca capisci che l’«accoglienza» è da intendersi ad ampio raggio, infatti ecco che balza all’occhio questo titolo: «Abrogazione del reato di clandestinità, solo un primo passo». Non abbiamo cuore di scoprire quali siano gli altri passi, perciò torniamo a Genova, Palazzo Ducale. Perché Genova? Leggiamo sulla pagina web dedicata all’evento: «14 anni dopo l’ultima Conferenza Governativa sulle Droghe che si tenne a Genova nel 2000 e dopo la sentenza della Consulta sulla Legge Fini-Giovanardi». Ah, ecco.
Tra gli invitati, oltre al sindaco Marco Doria e al governatore Claudio Burlando, nomi noti come Daniele Farina, Federico Gelli, Luigi Manconi e, sorpresa, Ivan Scalfarotto (sì, quello della proposta di legge sull’«omofobia»). Si apprende che esiste anche una Carta dei Diritti delle Persone che usano Sostanze, perché sulla medesima pagina web campeggia una citazione da essa tratta: «Niente su di noi, senza di noi!». Sì, direte, ma che c’entra il defunto don Gallo, la cui foto troneggia sulla pagina web suddetta? Lo spiega una citazione tratta da un suo libro del 2005, eccola: «I consumatori di “droghe” che finiscono nelle maglie della legge e poi in carcere (più del 30% dei detenuti) ci finiscono per illegalità commesse al fine di procurarsi le sostanze dichiarate illegali e pertanto lasciate ai mercati clandestini. Inoltre, la demonizzazione, condannando alla clandestinità i consumatori dipendenti, sospinge, soprattutto i più poveri, verso pratiche ad alto rischio di vita, in assenza di tutela sanitaria, dove si consuma al buio, senza possibilità di controlli sulla qualità e i dosaggi della sostanza acquistata»
È praticamente un inno all’antiproibizionismo (il libro si intitola Il cantico dei drogati) e il fatto che don Gallo fosse l’icona del forum Genova 2014 diceva subito a chi fosse interessato che non era certo un congresso pensoso che doveva aspettarsi, bensì una specie di dichiarazione di guerra unilaterale. Se n’è accorto anche Carlo Fourquet con un articolo su «Sanpa, il giornale di San Patrignano» (aprile 2014), foglio fatto da gente che di tossici da recuperare se ne intende. Dal pezzo traggo qualche fior da fiore. «Bisogna arrivare a una carta dei diritti dei tossicodipendenti perché drogarsi appartiene alla libertà individuale» (dalle conclusioni del workshop «La parola ai drogati»). «La libertà di scelta deve essere in cima alle nostre rivendicazioni» (così Peter Cohen, sociologo dell’università di Amsterdam). Presente la «compagna Camusso», il deputato renziano Gelli chiedeva la cacciata del direttore del Dipartimento antidroga perché «è ora di voltare pagina». Gianni Maria Flick, l’ex Guardasigilli che, caso unico nella storia d’Italia, impugnò una sentenza penale (quella che assolveva Priebke), già presidente della Consulta, era più chiaro: «È necessario legalizzare l’uso delle droghe leggere e pesanti per sconfiggere la criminalità». Praticamente l’unico a sollevare qualche perplessità era il governatore Burlando: «Starei molto attento a parlare di liberalizzazione». Ma pare che, nella sala gremita, non se lo sia filato nessuno. Forquet così ha titolato il suo pezzo. «Rieccoli». Non siamo d’accordo con lui. Non se ne sono mai andati.