Droga, la scuola non è il rimedio ma parte in causa
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I dati choc sulle tossicodipendenze presentati dall'Osservatorio al Parlamento impongono una riflessione sulle cause profonde del disagio, che sono il risultato di decenni di sfascio culturale e valoriale. E la scuola che punta su una educazione civica espressione della società è parte in causa, non la soluzione.
“Cocaina, 4 giovani su 10 si avvicinano alla sostanza prima dei 15 anni. Il Ministro Valditara punta sull’educazione civica”; “280mila studenti hanno utilizzato psicofarmaci nel 2023, Valditara: “Necessaria didattica coinvolgente che riduca stati pre-depressivi”; “Emergenza stupefacenti nelle scuole, un quarto degli studenti ha usato droghe nell’ultimo anno”; “Studenti che abusano di alcol e sostanze, Valditara: “La scuola deve proporre una didattica nuova per dare entusiasmo ai giovani e scoprire i loro talenti”.
Sono, questi, solo alcuni dei titoli che campeggiano in questi giorni nelle rassegne stampa degli organi di informazione specializzati sulla scuola. In buona parte prendono spunto dai numeri che ha presentato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara nel suo recente intervento alla Conferenza sulla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024: «Se pensiamo che il 39% di chi fa uso di cocaina se ne è avvicinato prima dei 15 anni, 140mila studenti hanno consumato alcol almeno 20 volte prima dei 30 giorni, 280mila studenti hanno usato psicofarmaci senza prescrizione medica nel 2023, più del 30% degli studenti si ubriaca prima dei 15 anni…..Stati d’ansia, depressivi, di isolamento sociale, sono sempre più legati alla dipendenza da cellulari e social media – prosegue il Ministro – . Il 40% dei ragazzi dice di essere stato vittima di cyberbullismo. Nel 2023, 400mila studenti hanno passato tante ore a giocare. Più di un milione di ragazzi ha giocato d’azzardo nel corso dell’ultimo anno. Ci sono anche gli hikikomori. Nelle linee guida dell’educazione civica che usciranno tra poco ci sono novità sulla sensibilizzazione da fare nelle scuole, partendo dall’educazione civica».
Sono dati impressionanti e preoccupanti, non c’è dubbio. Ma altrettanto preoccupante è il fatto che di fronte a questa marea di disagio, che monta ogni giorno di più, la soluzione sia identificata in nuove e ulteriori iniziative “terapeutiche” da parte delle scuole: «Credo che non dobbiamo solo informare ma anche agire in positivo». Per tale motivo, secondo Valditara, «la scuola deve svolgere un altro ruolo: ridare entusiasmo ai giovani, ridare la voglia di credere sé stessi, un percorso di vita. Molti studi rilevano che l’abuso di alcol e la dipendenza da social sia aumentato durante il Covid. La scuola deve riscoprire i talenti, mettere al centro la persona, deve orientare e motivare. Molti ragazzi vivono nella nebbia, non sanno che scelte faranno. L’orientamento è fondamentale. Una nuova didattica, attrattiva, coinvolgente, partecipativa, fa entusiasmare, fa abbandonare ai ragazzi quello stato pre-depressivo». E ancora: «Il lavoro è un valore costituzionale, bisogna ripristinarne il valore sociale. Se ci si appassiona in prospettiva di un lavoro non si ha tempo per distrarsi con altre cose. Va ripristinata anche la cultura delle regole, iniziando dai programmi scolastici, con il peer tutoring. Decisivo è il coinvolgimento delle famiglie e portare le famiglie nelle scuole per avere la consapevolezza dei rischi a cui si sottopongono i figli. In molte famiglie italiane non c’è….» , conclude il Ministro Valditara, «Credo molto nell’educazione, nella capacità della scuola di vincere la dipendenza. Lo psicologo deve intervenire quando c’è un caso grave, quando un tutor e una buona didattica non sono in grado di risolvere».
Si ha l’impressione, leggendo queste riflessioni piene di buone intenzioni, che il Ministro non si renda conto che la scuola non è un potenziale rimedio ai disturbi che affliggono il mondo giovanile, ma che ne è parte in causa. Si procede come se si parlasse di un organismo staccato dalla società, e non invece di una sua espressione significativa.
La scuola è specchio ed emanazione della società, e i giovani che la frequentano sono in una certa misura il risultato delle dinamiche educative, sociali, culturali, esistenziali, che il mondo degli adulti propone loro, quegli stessi adulti che gli studenti trovano anche in aula come loro insegnanti. Sarebbe necessario, allora, per poter intervenire efficacemente, individuare innanzitutto, con lealtà, le cause profonde del disagio, senza illudersi di poter risolvere con un tocco di bacchetta magica quanto è, in realtà, il risultato di decenni di sfascio culturale e valoriale.
Pensare che la scuola possa essere la soluzione ai disastri che la scuola stessa, in quanto espressione della società, sta producendo, è un cortocircuito logico e operativo e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Nonostante la mole impressionante di progetti e iniziative di “sensibilizzazione” di ogni genere che in questi anni sono piovuti dall’alto sulla scuola, togliendo spazio alla didattica e mettendo in enorme affanno tutto il sistema organizzativo, si respirano sempre di più il malcontento, la demotivazione, la disaffezione, lo scollamento fra le intenzioni e i risultati, insieme ad un impressionante calo dei livelli di apprendimento.
È stata colpa delle interruzioni dovute al covid19? È colpa degli smartphone e dei social che creano dipendenza? O, ancora, delle famiglie che non sanno più educare? È colpa dell’ignoranza delle regole e della poca educazione civica? Oppure della diffusione di alcool e droghe? Potremmo continuare a lungo con la elencazione, ma sarebbe inutile, perché tutte queste cose non sono cause, bensì effetti di qualcosa d’altro che sta a monte…
Quello che è venuto a mancare – ed è questa la grandissima e drammatica responsabilità degli adulti - è la comunicazione (in senso non solo verbale) di un senso grande, bello e definitivo della vita. La visione cristiana della vita (patrimonio millenario del nostro popolo) oggi viene demolita e schernita, mentre tutto è stato ridotto a fugace apparenza. Ma se tutto è privo di un senso definitivo, cioè “è nulla”, perché faticare? Perché correre i rischi che la vita reale comporta? Non è meglio, allora, rifugiarsi in ciò che permette di estraniarsi e cercare in ogni modo di non fare fatica? I ragazzi, oggi, si rifugiano nel loro mondo virtuale (e/o nelle droghe) perché la realtà vera fa paura, perché sentono il mondo come cattivo, come un pericolo, una minaccia. Ed è esattamente questo che, in fondo, pensano e comunicano tristemente gli adulti, privi di una speranza che vada oltre la realizzazione intramondana, la cultura dell’effimero e del risultato immediato: successo, potere, ricchezza, visibilità …
In fin dei conti i giovani d’oggi, pur nella drammaticità della situazione attuale, sono come i giovani di sempre, perché il loro cuore è esattamente come il cuore di tutti i giovani che sono venuti al mondo dall’inizio dei tempi, con lo stesso desiderio di realizzazione, di bene, di bello, di verità (lo spiega molto bene, per chi volesse approfondire queste tematiche educative, il prof. Franco Nembrini in una interessantissima presentazione del suo libro su Pinocchio), pertanto hanno bisogno di persone capaci di mostrar loro che la realtà è buona ed è fondato il desiderio di incontrarla, di scoprirla.
Un mondo di per sé bello e buono, infatti, invita e chiede di essere scoperto, incontrato, studiato, utilizzato. Compito degli adulti, e dunque anche della scuola, sarebbe allora accompagnare i ragazzi in questa scoperta, tornare a testimoniare la positività e la bellezza della realtà. Tutto questo, però, non è possibile se la nostra società non recupera ciò che l’ha fondata, sostenuta, e le permesso di crescere e progredire. In mancanza di questo, non saranno certo le nuove iniziative di “sensibilizzazione”, di maggiore educazione civica o di didattica innovativa a invertire la tendenza attuale e, come auspica Valditara, «ridare entusiasmo ai giovani, ridare la voglia di credere sé stessi, un percorso di vita». Anzi, si andrà solo a peggiorare la situazione.
Il Ministro, che si dichiara tanto interessato alla realizzazione dei giovani e ai loro talenti, provi a rifletterci e a tenerne conto, eliminando innanzitutto le sterili iniziative dall’alto che stanno facendo ormai collassare le scuole e valorizzando, nella autonomia, tutte quella realtà che hanno ancora a cuore i valori autentici della nostra storia. Ci vorranno anni, probabilmente, e più di uno scossone doloroso, per recuperare il terreno perduto, ma non c’è altra strada percorribile.
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