Dov’è finito il “voto col portafoglio?”
La dottrina del “voto col portafoglio” sembra superata dallo stesso sistema che essa pretendeva di contestare. E questo avviene di pari passo con le spinte per l’abolizione del contante, volte a una società sempre più controllata.
L’economista Leonardo Becchetti aveva scritto a suo tempo diversi libri sul “voto col portafoglio”. La sua proposta si inseriva nel paradigma della cosiddetta “economia sociale” di Zamagni, Bruni e, appunto, Becchetti. Veniva proposta come una dottrina intelligente e di avanguardia che poteva essere assunta anche dai cattolici come adeguata applicazione della Dottrina sociale della Chiesa. L’idea era di influire sulle scelte politiche mediante l’uso del portafoglio, vale a dire dei nostri acquisti indirizzati a premiare prodotti socialmente sostenibili ed equi, le cui industrie non attuassero uno sfruttamento dei lavoratori o le cui tecnologie non fossero inquinanti e, soprattutto, realtà produttive espressione della solidarietà della società civile. Vennero creati anche degli slogan: si parlava di trasformarsi da “consumatori” a “consumattori”, oppure di “acquisto consapevole”. Nella crisi della politica sembrava una valida soluzione, a suo modo politica anch’essa, che nasceva però dalla società civile e non dai palazzi.
Nel frattempo, però, il sistema politico che governa l’economia – o, meglio, il sistema economico che governa la politica – ha fatto alcuni passi strutturali in un’altra direzione, davanti ai quali il “voto col portafoglio” risulta un’arma spuntata e non più utilizzabile. Anzi, funzionale al sistema.
Il portafoglio un tempo si adoperava per tenere i contanti. Oggi si usa solo per tenere le carte di credito. Il cambiamento è notevole. Votare col portafoglio ha perso la connotazione originaria di comperare secondo criteri etici scelti in libertà, e ha assunto invece la caratteristica di fare gli acquisti sotto controllo e in modo pilotato. Oggi i contanti sono pressoché spariti. La moneta legale e pubblica è solo un’infinitesima parte della moneta artificiale e privata. In molte situazioni c’è il vero e proprio divieto di pagare in contati, come per esempio nei nuovi supermercati senza le casse e le cassiere, oppure in alcuni servizi come la sanità privata e pubblica e, naturalmente, non si può fare un bonifico in contanti. Oltre ai divieti c’è l’incentivo a non usare il contante “per comodità” oppure per combattere l’evasione e tutto deve essere ”tracciato”.
L’abolizione del contante comporta che i nostri acquisti siano controllati. Come spendiamo il denaro non può più essere quindi un’alternativa al sistema, come la teoria del voto col portafoglio sosteneva, ma è interna al sistema della società del controllo e della sorveglianza. Da come spendiamo i soldi elettronici si saprà chi siamo. Da qui la prospettiva di adoperare questo controllo per farci spendere i soldi in un certo modo piuttosto che in un altro. La sorveglianza è naturalmente indirizzata al pilotaggio dei comportamenti. Uno degli ambiti destinati nell’immediato futuro ad essere pilotato dal centro è quello del cibo, ma anche quello dei vestiti o delle auto. Verranno penalizzati gli acquisti che, secondo la narrazione ufficiale, comportano emissione di CO2 per la loro produzione o lavorazione. Le nostre carte di credito diventeranno “carbon card”. Per questo molti si stanno indirizzando ben oltre il “voto col portafoglio”, stanno tornano all’autoproduzione o al baratto. La salvezza consisterà non nello spendere in modo “etico” ma nel non spendere.
La dottrina del “voto col portafoglio”, quindi, sembra superata dallo stesso sistema che essa pretendeva di contestare, assimilata in esso e metabolizzata. Probabilmente perché non era veramente alternativa. (Stefano Fontana)