L'EDITORIALE
Dove c'è Dio c'è futuro
Con un intervento alla tv pubblica tedesca, il Papa ha spiegato il senso della visita in Germania (22-25 settembre): una sfida in una società caratterizzata dall'indifferentismo verso Dio e la religione.
Editoriali
19_09_2011
In preparazione al suo viaggio in Germania (22-25 settembre) Benedetto XVI ha registrato un intervento diffuso domenica 18 settembre nella trasmissione "Wort zum Sonntag" della televisione pubblica tedesca ARD. Si tratta di un intervento notevole, che tiene conto certamente delle preoccupanti statistiche diffuse sulla crescita in Germania di quella nuova forma di ateismo che non è ideologica, ma si esprime nell'indifferentismo e nel disinteresse per tutto quanto riguarda Dio e la religione.
A questa Germania scristianizzata il Papa viene a ricordare che Dio esiste, agisce nella storia e - Lui solo - può dare la vera felicità. Il viaggio dunque, ha detto Benedetto XVI rispondendo implicitamente anche a contestazioni che si sono manifestate in settori della cultura e della politica tedesca, «non è turismo religioso, e meno ancora uno "show". Di che cosa si tratta, lo dice il motto di questi giorni: "Dove c’è Dio, là c’è futuro". Dovrebbe trattarsi del fatto che Dio torni nel nostro orizzonte, questo Dio così spesso totalmente assente, del quale però abbiamo tanto bisogno».
Questo dunque sarà il tema del viaggio in Germania: tornare a parlare di Dio in un'Europa occidentale scristianizzata e indifferente. «Forse mi chiederete - ha detto il Papa -: "Ma Dio, esiste? E se esiste, si occupa veramente di noi? Possiamo noi arrivare fino a Lui?"». La nostra cultura, che ha sostituito il vero con l'utile e la ragione orientata alla verità con la ragione strumentale, ha sempre più difficoltà a rispondere positivamente a queste domande. «Certo, è vero: non possiamo mettere Dio sul tavolo, non possiamo toccarlo come un utensile o prenderlo in mano come un qualsiasi oggetto». Piuttosto, «dobbiamo di nuovo sviluppare la capacità di percezione di Dio, capacità che esiste in noi».
Non si tratta soltanto di attaccare o criticare il moderno orientamento alla razionalità tecnica. Limitarsi a questo non sarebbe persuasivo. Al contrario, all'uomo postmoderno il Papa dice che «possiamo intuire qualcosa della grandezza di Dio nella grandezza del cosmo. Possiamo utilizzare il mondo attraverso la tecnica, perché esso è costruito in maniera razionale. Nella grande razionalità del mondo possiamo intuire lo spirito creatore dal quale esso proviene». La stessa ragione tecnica può diventare un punto di partenza e non di rottura, spiegando che la tecnica funziona perché la razionalità del mondo e garantita da una suprema Ragione creatrice.
Ma non si tratta dell'unica via per riproporre il discorso su Dio. Benedetto XVI non dimentica mai di annunciare la «via pulchritudinis», la via della bellezza, perché la ritiene particolarmente adatta a un mondo in crisi. Anche in Germania ripeterà che «nella bellezza della creazione possiamo intuire qualcosa della bellezza, della grandezza e anche della bontà di Dio».
I giovani, soprattutto, sono colpiti spesso dalle testimonianze più che dai discorsi: «Vediamo quasi Dio anche nell’incontro con le persone che sono state toccate da Lui. Non penso soltanto ai grandi: da Paolo a Francesco d’Assisi [1182-1226] fino a Madre Teresa [1910-1997]; ma penso alle tante persone semplici delle quali nessuno parla. Eppure, quando le incontriamo, da loro promana qualcosa di bontà, sincerità, gioia e noi sappiamo che lì c’è Dio e che Egli tocca anche noi. Perciò, in questi giorni vogliamo impegnarci per tornare a vedere Dio, per tornare noi stessi ad essere persone dalle quali entri nel mondo una luce della speranza, che è luce che viene da Dio e che ci aiuta a vivere».
Infine, a Dio ci si interessa di nuovo quando ci si accosta alle Sacre Scritture. Ancora oggi, lo fanno più persone di quanto non si creda. «Nella Parola delle Sacre Scritture possiamo sentire parole di vita eterna che non vengono semplicemente da uomini, ma che vengono da Lui, e in esse sentiamo la sua voce». Naturalmente, questo è particolarmente vero in un contesto segnato dal protestantesimo, con la sua dottrina della «sola Scriptura». Non senza ricordare anche il coraggio delle regioni tedesche rimaste cattoliche, il Papa ha affermato che «uno dei momenti importanti della visita sarà Erfurt: in quel monastero agostiniano, in quella chiesa agostiniana, dove Lutero [1483-1546] ha iniziato il suo cammino, potrò incontrare i rappresentanti della Chiesa Evangelica di Germania. Lì pregheremo insieme, ascolteremo la Parola di Dio, penseremo e parleremo insieme. Non attendiamo alcun evento sensazionale: infatti, la vera grandezza dell’evento consiste proprio in questo, che in questo luogo insieme possiamo pensare, ascoltare la Parola di Dio e pregare, e così saremo intimamente vicini e si manifesterà un vero ecumenismo».
Dunque, nessun annuncio di svolte epocali o sensazionali. Semplicemente, il consueto richiamo del Papa al carattere irrinunciabile della scelta ecumenica, pur fra tante difficoltà e senza illusioni. Una scelta rafforzata dal fatto che le Chiese e comunità cristiane oggi si trovano insieme di fronte alla sfida della scristianizzazione e dell'indifferentismo.