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A RETI UNIFICATE

Dopo le Unioni Civili. Coprire le radici perché non gelino

Con l'approvazione della legge sulle Unioni Civili, abbiamo raggiunto l'autunno della nostra civiltà. In autunno sarebbe inutile riattaccare foglie morte agli alberi. Ma possiamo coprire le radici affinché non gelino e portino a una nuova fioritura nella prossima primavera. Le nostre radici sono nella filosofia di Aristotele e San Tommaso d'Aquino, che nel corso dei secoli i pontefici indicano per opporsi al male.

Famiglia 23_05_2016
S. Tommaso d'Aquino

Prosegue l’analisi della legge sulle Unioni civili. Questo articolo viene pubblicato in contemporanea da Corrispondenza Romana, CulturaCattolica.it, il Timone on line, La Croce, La Nuova Bussola Quotidiana, Notizie Provita, Osservatorio Van Thuan. L’iniziativa è promossa dalla piattaforma A reti unificate (www.retiunificate.it), piattaforma su cui è possibile leggere tutti gli articoli finora pubblicati e prendere visione del calendario dei prossimi articoli.

Siamo arrivati dunque alle unioni civili per le persone con tendenze omosessuali. Ciò che è stato stralciato per ottenere l'approvazione ( es. l’«obbligo di fedeltà») rientrerà dalla finestra con appositi progetti di legge. Sicuramente è un passaggio epocale, destinato a segnare la storia della nostra nazione (se ancora si può chiamare così) come la legalizzazione di aborto e divorzio. Siamo dunque di fronte all'ennesimo gradino verso il baratro della nostra società? Si tratta di un punto di non ritorno, oppure esiste al possibilità di fermare questo processo, e magari addirittura di ricostruire?

Spesso mi viene posta questa domanda, nel corso di incontri e conferenze. Io rispondo con una metafora. Quando viene l'autunno spiace a tutti vedere le foglie ingiallire e poi cadere. Vorremmo sempre vedere gli alberi verdi, e invece vediamo le foglie staccarsi una dopo l'altra, ed ogni giorno vediamo l'albero diventare sempre più spoglio, misero, triste. Cosa possiamo fare? Possiamo prendere la scala, la colla, e riattaccare una per una le foglie. Ma saranno foglie senza vita, e la nostra fatica sarà come quella di Sisifo perché esse continueranno a staccarsi e a cadere, ormai senza vita. Esiste una alternativa? Esiste.

Possiamo coprire le radici in modo che non gelino, come diceva Tolkien. Guareschi diceva: «Bisogna conservare il seme». In modo che, quando (se) tornerà la primavera, l'albero spontaneamente produrrà nuove foglie, sarà di nuovo verde e pieno di vita. E cosa sono le radici, cos'è il seme? Il seme di Guareschi è la fede, dalla quale può nascere una nuova piante. E le radici? Credo che le radici siano i fondamenti filosofici che hanno portato la civiltà occidentale al livello che conosciamo e che vediamo sgretolarsi giorno dopo giorno.

Queste radici, non ho dubbi, sono il pensiero di Aristotele e san Tommaso d'Aquino. Io stesso mi sono stupito di quanto sia facile comprendere e smontare l'ideologia di genere con pochi e semplici strumenti messi a nostra disposizione dal pensiero di questi due giganti.

In fondo, stiamo vivendo l'esito di un processo (iniziato cinquecento anni fa) volto a distruggere la metafisica, ossia l'idea che la realtà non sia solo quella che vediamo e tocchiamo. Questa è un'idea che l'uomo ha dimostrato di avere sin dai primordi: i primi manufatti hanno non hanno uno scopo funzionale, ma metafisico, se non spirituale. Il pensiero metafisico è ben radicato in noi, anche se non ce ne rendiamo conto. Ma la cultura nella quale siamo immersi fa di tutto per convincerci che le leggi morali e religiose siano «mere costruzioni sociali», che l'uomo non abbia una «natura» (un progetto) e che non esista alcuna finalità nelle cose.

La legge Cirinnà è stata approvata proprio grazie alla diffusione di questo pensiero: il fondamento dell'unione non ha nulla di metafisico, ma si basa sull'«amore», che è semplicemente un istinto, un sentimento o una passione radicata nella nostra biologia, una questione di «chimica». Anche chi si è opposto alla Cirinnà, avendo perso l'orizzonte metafisico, si è aggrappato a ciò che è visibile, misurabile, utilizzando ad esempio ricerche sull'effetto della crescita dei bambini in coppie omogenitoriali. L'efficacia di questi strumenti l'abbiamo valutata sul campo. C'è anche chi ha tentato di appellarsi al concetto di «natura», purtroppo senza spiegarlo né, forse, averlo compreso.

Credo che l'unico modo per opporsi a questa deriva consista nella riscoperta e nello studio della metafisica: le cose hanno un fine, esiste un bene o un male intrinseco ed oggettivo (al di là delle conseguenze), il mondo ha un ordine, una razionalità che va scoperta, rispettata e contemplata.

Mi piacerebbe che le parrocchie, i movimenti ecclesiali e tutti coloro che hanno a cuore la nostra civiltà si impegnino per conservarne le radici, cioè il pensiero aristotelico-tomista. Vorrei opuscoli e libri divulgativi adatti a tutte le età, corsi di tomismo per tutti, che san Tommaso diventasse il fulcro della formazione intellettuale del nostro paese e di tutto l'occidente.

Sono in buona compagnia. Guardando indietro nella storia della Chiesa vediamo che i papi hanno sempre raccomandato il pensiero di san Tommaso per fronteggiare i fenomeni rivoluzionari del proprio tempo. Leone XIII, ad esempio, che si trovò a fronteggiare la questione operaia e la diffusione del socialismo, nel 1879 (centenario della Rivoluzione Francese) pubblicò l'enciclica Aeterni Patris nella quale raccomandava lo studio di san Tommaso. Lo stesso papa Pecci ordinò una riedizione critica delle opere dell'aquinate, che fu poi chiamata Leonina.

San Pio X, impegnato a combattere il socialismo e il liberalismo, la massoneria e il modernismo, fece pubblicare le celebri «24 tesi tomiste», desiderando che fossero una guida per la formazione cattolica. Benedetto XV, pubblicando il Codice di Diritto Canonico del 1917, volle che il tomismo fosse la guida per l'insegnamento della teologia. Pio XI scrisse, nell'enciclica Deus Scientiarum Dominus (1931): «Nella facoltà teologica il posto d'onore sia riservato alla sacra teologia. Inoltre, questa disciplina deve essere insegnata sia con il metodo positivo sia con quello speculativo; perciò, una volta esposte le verità della fede, e una volta dimostrate a partire dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione, se ne ricerchi e se ne spieghi l'intima natura razionale secondo i principi e la dottrina di san Tommaso d'Aquino».

Infine Pio XII, opponendosi con l'enciclica Humani Generis (1950) all'ateismo, all'esistenzialismo, all'evoluzionismo e al materialismo, insegnò che «come ben sappiamo dall'esperienza di parecchi secoli, il metodo dell'Aquinate si distingue per singolare superiorità tanto nell'ammaestrare gli alunni quanto nella ricerca della verità; la sua dottrina poi è in armonia con la rivelazione divina ed è molto efficace per mettere al sicuro i fondamenti della fede come pure per cogliere con utilità e sicurezza i frutti di un sano progresso».

Insomma, nei momenti di pericolo i pontefici hanno sempre indicato la filosofia perenne di san Tommaso come lo strumento per opporsi al male. Che avessero ragione?

Per approfondimenti sul tema, leggi il libro: Uomo, donna, famiglia e "gender", di Roberto Marchesini

Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta