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FASE 2

Dopo la paura, dilaga il disagio sociale

Non siamo, o non siamo ancora alla rivolta che alcuni hanno evocato. Ma il sentimento che cresce è il disagio, profondo e pervasivo. Disagio per come è stata gestita e ancora viene gestita la crisi, insofferenza per le continue liti fra politici e fra "esperti". E se non si affronta la crisi in modo efficace, il disagio si tradurrà in rabbia. 

Politica 29_05_2020
Roma, protesta degli insegnanti e dipendenti asili nido

A leggere i giornali sembra che la preoccupazione degli italiani sia tutta concentrata sulla cosiddetta fase due e le sue evoluzioni, si può uscire di regione o no, si può stare sulla spiaggia ma quanto distanziati, gli alcoolici si possono acquistare ma solo fino a che ora, la mascherina bisogna ancora metterla?  A me pare invece che il sentimento prevalente sia un’altro, che chiamerei disagio. Non siamo, o non siamo ancora alla rabbia, alla rivolta che alcuni hanno evocato, soprattutto se la crisi economica dovesse precipitare.

Ma un sentimento di disagio c’è, profondo e diffuso, e si va allargando. Disagio per come è stata gestita e ancora viene gestita la crisi, insofferenza per le continue liti non solo tra i politici ma anche tra quelli che dovrebbero essere gli esperti, a cui la gente si è affidata con una fiducia che ha sfiorato il fideismo. Per poi scoprire che anche i virologi, i biologi, gli scienziati insomma, divergono tra loro spesso e volentieri, che la medicina non è una scienza esatta, e la scienza stessa non è una scienza esatta, e allora a chi dobbiamo credere?

Come sempre la politica è la cartina di tornasole più precisa, perchè la gente ha votato il partito x o il leader y per veder risolti i suoi problemi, e se i problemi non vengono risolti, io non mi fido più. In un anno quello che alle elezioni europee era il maggior partito, la Lega, ha perso nove punti esatti (dal 34,3% al 25,5%), proprio perchè l’uscita dal governo ha impedito di raggiungere quei risultati, per esempio sul piano fiscale, che erano attesi, ha frustrato le speranze. Ma analogamente anche il governo Conte, a cui la pandemia ha certamente giovato soprattutto nella fase più acuta, è oggi fermo e non cresce più nel sentimento dei cittadini. Troppe aspettative tradite, troppe conferenze stampa, troppi annunci reboanti a cui è seguito il nulla o il poco della realtà.

Finchè la gente era chiusa in casa, finchè dominava il terrore che il virus colpisse anche me o un mio caro, o il dolore per una perdita vera, questa paura ha coperto tutto, ha fatto sopportare tutto. I cittadini sono stati esemplari nei loro comportamenti, diciamolo con chiarezza, sono stati disciplinati, ascoltavano i bollettini delle autorità e si attenevano alle indicazioni. Sempre, nei momenti di massima minaccia, si tende a dirigere la nostra attenzione e la nostra fiducia verso quei punti stabili, istituzionali, che possono e devono offrire supporto e conforto, trasmettere la fiducia che tutto è sotto controllo e tutto andrà certamente bene. C’è stata una reazione emotiva, inevitabile, che ha portato gli italiani a rivolgere il proprio sguardo e la propria fiducia al governo e a chi lo rappresentava, nel bene o nel male, e questo ha fatto crescere i consensi. Ma la fiducia si è tradotta in speranza, e la speranza in lunghe attese che devono ancora essere soddisfatte.

Da qui nascono i problemi, perchè se una comunicazione sufficientemente orchestrata ha aiutato Conte, nella fase dura dell’epidemia, a raggiungere ampi consensi, la mancanza di risposte genera rapidamente disaffezione e distanza critica dal leader. E oggi il governo comincia a pagare le promesse non mantenute, i ritardi nella erogazione degli aiuti. E il ritorno delle polemiche tra i partiti su questioni sacrosante ma prettamente politiche (magistratopoli e giornalistopoli, il processo a Salvini, le carsiche discussioni sulla durata del governo) paiono alla gente il segno che delle loro sofferenze, al Palazzo, interessa di meno. Ma per i cittadini, i problemi veri e unici rimangono l’emergenza economica e le conseguenze sociali che potrebbero scaturirne. C’è insoddisfazione, anche se alcuni contributi sono stati distribuiti, ma in maniera ineguale, con errori e omissioni. E se il mio vicino ha ricevuto e io no, io aspetto ma la mia pazienza dura poco, e se quello che mi spetta non arriva, ecco che può scoppiare qualcosa di serio.

La crisi ha colpito in maniera diseguale, il piccolo commerciante ha dovuto chiudere e ha perso tutto il reddito e non sa se potrà riaprire, mentre il suo vicino di pianerottolo che fa l’impiegato statale non ha avuto e non avrà problemi. E questo genera disagio, malessere, e di casi analoghi a questo ce ne sono migliaia. Lo so che non è facile dare una risposta equa a tutte queste situazioni anche diverse fra di loro, ma le nuove forme di diseguaglianza che colpiscono senza responsabilità alcuna me e risparmiano te, generano malessere, generano disagio. Occorre fare in modo che questo disagio non si diffonda, non diventi profondo, anzi trovi risposte. O il disagio può diventare rabbia, e la rabbia esplodere in maniera incontrollabile.