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EFFETTI COLLATERALI

Dopo il voto, il "coro greco" sfida Renzi

La vittoria del NO nel referendum in Grecia provoca seri effetti collaterali anche in Italia. Economici, prima di tutto, perché rischiamo di perdere ciò che abbiamo prestato ad Atene. Ma anche politici: la fronda interna al Pd e ora, con toni più felpati, anche il presidente Mattarella, lanciano la loro sfida al governo Renzi.

Politica 07_07_2015
Matteo Renzi e Alexis Tsipras

In queste ore di incertezza per il futuro dell'euro, nel dibattito politico nazionale si intravvedono per il governo Renzi nuove sfide dagli esiti tutt'altro che prevedibili. Il premier, alla vigilia del referendum greco, aveva escluso che il suo esito potesse avere riflessi di qualsiasi tipo sull'Italia, considerata dal premier al riparo da qualsiasi contraccolpo e ormai fuori dalla linea di fuoco dei rischi di contagio.

Invece per l'esecutivo ci sono almeno tre fronti aperti e da gestire. Il primo è di natura squisitamente economica. In caso di default di Atene e di uscita della Grecia dalla moneta unica, che ne sarà degli almeno 36 miliardi che quello Stato deve restituire all'Italia? Per recuperare quelle somme, fondamentali per la stabilità della nostra economia, non c'è il rischio di un'altra manovra “lacrime e sangue” (soprattutto sul versante dei tagli alla spesa pubblica) come quelle che nel novembre 2011 furono annunciate e varate dal governo Monti per scongiurare il rischio fallimento? Dove prenderebbe l'Italia quei soldi se il debitore greco si dimostrasse insolvente? Non è cosa da poco e il premier ha mostrato di comprendere la gravità di quello spettro, se è vero che in queste ore sta auspicando la ripresa del dialogo tra la troika e Tsipras, al fine di evitare la rottura definitiva. Nel frattempo, ma ovviamente si tratta di segnali transeunti e congiunturali, si è rialzato il differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, che tornano ad essere considerati beni rifugio, tanto quanto il dollaro, il che favorisce le esportazioni italiane.

Ma la partita è soprattutto politica. E questo è il secondo fronte che preoccupa il premier. Il “cerchiobottismo” renziano (allinearsi alla Merkel ma “abbracciare” idealmente gli sforzi di Syriza) a molti non è piaciuto, anzi ha portato all'inedita saldatura delle varie opposizioni. Meloni, Salvini, Grillo si sono ritrovati uniti nell'incoraggiare la battaglia di Tsipras per la democrazia e ora criticano la linea del governo italiano, che, secondo loro, si sarebbe fatto marginalizzare dall'asse Hollande-Merkel e non avrebbe mostrato sufficiente autorevolezza nei negoziati con Tsipras. Non è escluso che ora quelle opposizioni partano, lancia in resta, per proporre anche in Italia un referendum sull'euro, proprio al fine di destabilizzare il quadro politico e ostacolare il processo di riforme portato avanti dal governo in carica. Di queste difficoltà dell'esecutivo ovviamente si rallegrano anche quei settori della sinistra (Sel, Civati, Cofferati, Fassina) che, direttamente ad Atene, o restando in Italia, hanno stappato champagne per festeggiare la vittoria dei “no” al referendum greco, anche con il retropensiero di riuscire in questo modo a rendere più tempestosa la navigazione della flotta renziana nelle acque della politica italiana. E forse anche una scissione interna al Pd può considerarsi meno improbabile, visto che Fassina proprio in queste ore ha annunciato la nascita di un partito nuovo, a sinistra del Pd, e in grado di attrarre anche qualche dissidente anti-renziano ancora iscritto al Partito democratico.

E poi c'è un terzo fronte aperto, quello dei rapporti, sempre più incrinati, tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Non ha lasciato indifferenti i sodali del premier la tempestiva uscita del Capo dello Stato all'indomani del referendum greco. Mattarella ha subito voluto commentare la vittoria dei no, senza in alcun modo delegittimarne la portata, anzi quasi incoraggiando quel voto anti-europeo. Alla visione tecnico-finanziaria e burocratica dell'Unione europea, che vedeva come fumo negli occhi l'iniziativa di Tsipras di rivolgersi al popolo su una questione così delicata come il rispetto degli impegni economici con il Fondo Monetario internazionale e l'Unione europea, l'inquilino del Quirinale ha voluto contrapporre una concezione più solidale del vincolo tra gli Stati del Vecchio Continente. Il Presidente della Repubblica ha parlato di necessità di muoversi nell'Unione con "senso di responsabilità, lungimiranza, visione strategica" per aprire con il governo greco un nuovo negoziato finalizzato a trattenere la Grecia nel recinto dell'Unione. Mattarella ha auspicato una “discussione collegiale, tra pari” e questo non sarà sfuggito all'intransigente Merkel e allo stesso Renzi, che ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma che certamente non ha gradito l'esternazione del Quirinale. D'altronde, già sul possibile ricorso allo strumento del decreto legge da parte del governo per sbloccare l'impasse in materia di scuola (prima che la riforma venisse approvata definitivamente) e di riforma della Rai (qui si naviga a vista e non è escluso che i vertici della tv pubblica vengano rinnovati con l'attuale legge Gasparri) gli attriti tra Quirinale e Palazzo Chigi sono stati ben celati dai media ma all'interno dei Palazzi si sono ben percepiti. Sarebbe un errore scambiare la riservatezza di Mattarella come un segnale di arrendevolezza rispetto a prassi istituzionali che rappresentano, ai suoi occhi, vere e proprie forzature del dettato costituzionale.