Donne contro gli ayatollah: «Avete rubato l'Iran»
Avete spezzato le richieste di libertà, ancora una volta. Avete tagliato le ali del vostro popolo. Dal 1979, quando vi siete appropriati della mente e della vita di un popolo intero avete reciso i legami di una terra antica e sapiente con il proprio futuro.
Alla Guida Suprema della Repubblica islamica dell'Iran Ali Khamenei e al Presidente Hassan Rouhani
Avete spezzato le richieste di libertà, ancora una volta. Avete tagliato le ali del vostro popolo. Dal 1979, quando vi siete appropriati della mente e della vita di un popolo intero avete reciso i legami di una terra antica e sapiente con il proprio futuro. Avete preso tutto, stritolato anime e pensieri, desideri e visioni: con la forza e la repressione avete costretto un popolo intero al silenzio e all'obbedienza sotto la minaccia della paura. Anche questa volta, come mille altre avete vinto. Con gli arresti di massa, con le sparizioni, con i corpi esanimi a terra nelle piazze, con internet e i social newtorks oscurati, con il bavaglio ad ogni livello. Stroncando ogni possibilità di comunicare una rivolta che è stata bollata come sovversiva, di poco conto, eterodiretta.
Ma c'è un senso profondo che non riuscite a soffocare, che racconta l'obiettivo di questa protesta: voi. Il vostro aver scippato la forza viva del Paese, in ossequio ad una visione intransigente e oscurantista della società e della vita, i silenzi conniventi grazie ai quali da quarant'anni una cappa mortale toglie il respiro a donne, intellettuali, dissidenti, giornalisti, scrittori. Alcuni scappati, altri spariti, altri chissà.
Qualcuno in Occidente prova simpatia, quasi ammirazione per il vostro regime. E per i vantaggi dell'esservi amico. E quindi tace, acconsente, accompagna la giovane senza hijab in carcere, la fa accomodare e le stringe la mano. Poi chiude la porta e se ne va, senza chiedersi se sia viva, quali siano le sue condizioni e se potrà raccontare un giorno quelle ore di libertà. Pagate a caro prezzo, questo è certo. Lei non c'entra con le proteste, hanno detto qui nel civile Occidente. Per noi sì, invece.
Perché è un simbolo di capelli al vento e di sguardo senza paura. Che spiega senza parlare come ormai siano i fondamenti della rivoluzione del 1979 ad essere in discussione, insieme a coloro che oggi li rappresentano. Le acque sono ancora agitate, nonostante i vostri proclami di vittoria, di aver sconfitto la sommossa.
Una protesta finisce, mentre un'altra inizia il suo periodo di gestazione per prendere vita chissà quando, chissà dove, chissà da chi. Questa è la radice che non si può estirpare con la forza né con la repressione. Non potete fermare il vento. Le vostre mani, quando la clessidra del tempo avrà fatto il suo corso, non basteranno più.
Souad Sbai
International Centre for Tolerance
Iranian Organisation for Freedom and Democracy
ACMID DONNA ONLUS
COMITATO DONNE ITALIANE