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LA VISITA MOLFETTA

Don Tonino Bello e la gente, il Papa ammirato dal fervore

Don Tonino Bello «davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente», è questa la chiave principale per poter comprendere la figura del vescovo dei poveri che Papa Francesco è andato a visitare nel suo breve viaggio apostolico di ieri in Puglia. 

Ecclesia 21_04_2018

Don Tonino Bello «davanti al Tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente», è questa la chiave principale per poter comprendere la figura del vescovo dei poveri che Papa Francesco è andato a visitare nel suo breve viaggio apostolico di ieri in Puglia. Come ha ricordato nell’omelia della messa celebrata al Porto di Molfetta, per don Tonino «non bastano le opere di carità», se manca «l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose».

SULLA TOMBA DI DON TONINO

Il viaggio si è aperto alla mattina con il momento di preghiera sulla tomba del vescovo, a cui è seguito un discorso rivolto ai fedeli. «Don Tonino», ha detto il Papa, «ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero». Ha quindi ricordato l’attenzione che monsignor Bello riservava al problema del lavoro, perché «se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione». La vocazione secondo don Tonino è «una chiamata a diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore, con l’ardore del sogno, lo slancio del dono, l’audacia di non fermarsi alle mezze misure». Ha parlato del suo desiderio «di una Chiesa per il mondo: non mondana, ma per il mondo. Che il Signore ci dia questa grazia: una Chiesa non mondana, al servizio del mondo. Una Chiesa monda di autoreferenzialità».

Ecco allora «la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni».

«Caro don Tonino», ha concluso Francesco, «ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno[12]. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi».

LA MESSA

Durante la messa al Porto di Molfetta il Papa è tornato sul tema della necessità di radicarsi in Cristo, e in Gesù Eucaristia in particolare, per essere capaci di «passare dalle parole ai fatti» e vivere il Vangelo.

«Gesù nel Vangelo aggiunge: «Colui che mangia me vivrà per me» (v. 57). Come a dire: chi si nutre dell’Eucaristia assimila la stessa mentalità del Signore. Egli è Pane spezzato per noi e chi lo riceve diventa a sua volta pane spezzato, che non lievita d’orgoglio, ma si dona agli altri: smette di vivere per sé, per il proprio successo, per avere qualcosa o per diventare qualcuno, ma vive per Gesù e come Gesù, cioè per gli altri».

È Gesù il perno di ogni azione pastorale, «dopo aver incontrato il Risorto», ha detto Francesco, «non si può attendere, non si può rimandare; bisogna andare, uscire, nonostante tutti i problemi e le incertezze». A Lui «non si risponde secondo i calcoli e le convenienze del momento; gli si risponde col “sì” di tutta la vita. Egli non cerca le nostre riflessioni, ma la nostra conversione. Punta al cuore».