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La riflessione

Don Marco e l'omosessualità

Don Marco Zappa lascia la parrocchia a causa delle sue frequentazioni con altri uomini. Ma per Mons. Raimondi il problema non è l'omosessualità.

Gender Watch 08_04_2025

Il 51enne Don Marco Zappa, parroco di Inveruno in provincia di Milano, lascia la parrocchia per scandali legati alle sue condotte omosessuali. Infatti incontrava partner su chat con il nickname “Proviamoci73”, scambiando altresì foto con loro assai compromettenti. Alla fine è stato scoperto e lo scandalo è scoppiato. E così Don Marco ha dovuto lasciare la parrocchia.

Il vicario episcopale Mons. Luca Raimondi nella messa di sabato ad Inveruno così si è rivolto ai parrocchiani di Don Marco: «Devo dirvi quello che è giusto sapere e quello che poco fa ho detto al Consiglio Pastorale, al consiglio affari economici e al consiglio dell’oratorio. Da lunedì prossimo, don Marco non sarà più parroco di Inveruno e Furato. Da fine gennaio c’è stato un momento di discernimento personale che ha portato alla decisione di interrompere il suo ministero di parroco. Resterà comunque prete. Si è ritirato in maniera segreta, ma non c’è stato alcun reato di tipo canonico o di tipo civile. Si è verificata una condizione personale di pesantezza nell’ufficio di parroco. Don Marco ha detto: ‘Non ce la faccio più”. E quindi tutto questo ha portato alla decisione di ritirarsi. Lui adesso è a casa. Affronterà un momento di accompagnamento psicologico, da settembre tornerà a dare la sua disponibilità ad essere prete, ma in un’altra destinazione».

La triste vicenda che ha visto coinvolto Don Marco, a cui prima del giudizio sulle condotte morali deve essere attribuita ampia comprensione umana e cristiana, deve portare a riflettere su alcuni aspetti. In primis sui criteri di ammissione al sacerdozio per persone che mostrano tendenze omosessuali. Le nuove linee della Cei non precludono l’ingresso in seminario alle persone con orientamento omosessuale, ma solo a coloro che, tra questi, praticano l’omosessualità. Insomma il criterio non è l’omosessualità, ma la castità. Però il problema della persona omosessuale non è tanto la continenza personale, bensì il disordine oggettivo che vive, un disordine che, anche se non espresso in atti conseguenti, è incompatibile con l’impegno sacerdotale.

In secondo luogo Mons Raimondi afferma che non c’è stato illecito canonico. Non è così. Il canone 1399 prevede, tra gli altri aspetti, una punizione a seguito della violazione di una legge divina – e il divieto di condotte omosessuali è di diritto divino – al fine di riparare ad uno scandalo. E qui lo scandalo c’è stato. Mons. Raimondi e quindi la Diocesi di Milano che rappresenta invece tentano di scolorire ciò che è successo a livello di mero disagio psicologico di Don Marco: se ne va perché appesantito dall’incarico. Da qui la sorprendente eventuale decisione: Don Marco potrà tornare ad esercitare il suo ministero. Qualora avesse superato le proprie pulsioni omosessuali si potrebbe anche percorrere questa strada, ma l’esperienza degli psicoterapeuti insegna che per vincere la propria omosessualità ci vogliono tempi molto lunghi. Ancor più lunghi se il soggetto non è persona giovane, ma uomo ormai di 50 anni.

Detto tutto ciò, accompagniamo Don Marco con le nostre preghiere, preghiere doverose perchè come ha giustamente detto Mons. Raimondi: «Chi è senza peccato salga sull’altare che lo adoriamo».