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LA FEDE E L'EMERGENZA

Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà

«Ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con il Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese». La toccante lettera del parroco di Castiglione d'Adda ai "fedeli nella prova": continua a celebrare nonostante la sospensione e offre il sacrificio per la sua gente. 

Editoriali 24_02_2020
Don Gabriele benedica col Santissimo il Paese di Castiglione d'Adda chiuso per Coronavirus

Dopo il lodigiano e il cremonese anche nella Diocesi di Milano il vescovo ha disposto la sospensione delle Messe con concorso di popolo a causa dell'epidemia di Coronavirus. Si tratta di misure gravi e clamorose alle quali i fedeli devono sottostare con pazienza e fede. Ma se le Messe pubbliche sono sospese e si è sollevati dal precetto (ma si tratta comunque di un provvedimento discutibile, leggi QUA), è bene ricordare che questo non significa che i preti non possano e non debbano comunque celebrare le Sante Messe anche senza fedeli.

In quest'ottica, sta facendo il giro delle chat di Whatsapp un messagio audio di don Gabriele Bernardelli, parroco di Castiglione d'Adda, che ha scritto un messaggio ai suoi fedeli nel quale ha detto loro che continuerà a celebrare Messa e a benedirli sul sagrato della chiesa con il Santissimo. Si tratta di un gesto di grande fede che dà il valore della Messa, che non è un servizio da togliere a piacimento a seconda delle evenienze.

È un gesto commovente che richiama alla memoria una celebre scena del film "Don Camillo e Peppone" che rievoca l'alluvione del '51 quando la Bassa reggiana e parmense, fino al Polesine, furono allagate. Nel corso del film, la popolazione fugge dalle case all'arrivo dell'acqua e si rifiugia oltre l'argine dove si accampa in attesa che le acque si ritirino. Con Brescello completamente allagata, la chiesa sottosopra invasa dalle acque e Peppone nella piazza del paese che va in barca, va in scena una delle immagini più commoventi della serie nata dalla penna di Giovannino Guareschi. 

Don Camillo ha appena finito di celebrare Messa e dispone gli altoparlanti in modo che i suoi fedeli possano ascoltare al di là del fiume. E dice così: «Fratelli, sono addolorato di non poter celebrare l'ufficio divino con voi, ma sono vicino a voi per elevare una preghiera nell'alto dei Cieli. Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. E allora con la fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili, con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dai nostri Paesi e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile e il nostro Paese diventerà un piccolo paradiso in terra. Andate fratelli, io rimango qui per salutare il primo sole che porterà a voi lontani, con la voce delle nostre campane, il lieto annuncio del risveglio».

Le parole di don Gabriele ci richiamano la stessa intensità e la stessa drammaticità. Ma anche la stessa certezza che il Signore della vita può portare il sole dove oggi c'è angoscia e timore.

E ci ricordano che la Messa si fa per Dio, quindi la presenza o meno dei fedeli è subordinata a questo. Sarebbe un dramma se i preti intendessro queste disposizioni come un tana liberi tutti, una vacanza inaspettata dai propri doveri che sono primariamente il culto di Dio. 

Ecco le parole di don Gabriele, le pubblichiamo perché siano da sprone ad altri parroci colpiti dalle misure interdittive a fare altrettanto e a non spezzare la catena che ci lega al Cielo attraverso il Santo Sacrificio dell'altare per continuare a chiedere protezione e salvezza.  

AI MIEI FEDELI NELLA PROVA

Cari fratelli e sorelle, nessuno di noi, forse, avrebbe mai pensato di trovarsi nella situazione nella quale, invece, siamo venuti a trovarci. Il nostro animo è frastornato, l’emergenza sembrava così lontana. Invece è qui, in casa nostra. Anche questo fatto ci porta a considerare come nel mondo siamo ormai un’unica grande famiglia. Ora ci dobbiamo attenere alle indicazioni che le autorità preposte hanno stabilito, tra cui la cessazione della celebrazione della Santa Messa. È facile, in questa situazione, lasciarsi andare spiritualmente, diventando apatici nei confronti della preghiera, ritenuta inutile.

Vi invito, invece, cari fratelli e sorelle, ad incrementare la preghiera, che sempre apre le situazioni a Dio. Ci rendiamo conto, in congiunture come la presente, della nostra impotenza, perciò gridiamo a Dio la nostra sorpresa, la nostra sofferenza, il nostro timore. Mi è venuto in mente, ieri, il brano che si legge il Mercoledì delle Ceneri, tratto dal profeta Gioele, laddove si dice: «Tra il vestibolo e l’altare, piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: “Perdona, Signore, al tuo popolo”». Non ho vergogna a dirvi che ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. E vi chiedo di innalzare con me al Signore il grido della nostra preghiera. Pregare significa già sperare. Vi ricordo tutti nell’Eucaristia quotidiana e con me don Manuel, don Gino e don Abele.

Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Domani mattina, dopo la Messa che celebrerò alle 11.00, uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con il Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese. Ricordiamo soprattutto quanti sono stati contagiati dal virus e i loro familiari, affinché non si scoraggino, ma anche tutti gli operatori sanitari che si stanno spendendo per far fronte al contagio.
Stiamo uniti nella preghiera. Il vostro parroco, don Gabriele.