Don Bosco e Maria, gli sponsor della squadra del Papa
Il San Lorenzo de Almagro, la squadra di Buenos Aires per cui tifa accanitamente sin da bambino anche Papa Francesco, è una delle cosiddette “cinque grandi” argentine. Di lei qualcosa fu scritto quando Bergoglio venne eletto Papa, ma non tutto. Ecco la vera storia della squadra di Francesco.
Adesso che i campionati mondiali di calcio Brasile 2014, francamente dimenticabili, sono alle spalle, e nel pallone il mondo ci è tornato come sempre, si può provare a guardare a questo popolarissimo sport in maniera un po’ diversa. L’occasione la offre il San Lorenzo de Almagro, la squadra di Buenos Aires per cui tifa accanitamente sin da bambino anche Papa Francesco, una delle cosiddette “cinque grandi” argentine della Primera División assieme a Boc Juniors, River Plate, Racing e Independiente. Di quella squadra “papalina” qualcosa la stampa l’ha detta in occasione dell’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro, ma qualcos’altro resta ancora da raccontare. A partire dal suo fondatore, don Lorenzo Bartolomé Massa (1882-1949).
Come Papa Francesco, don Massa aveva origini piemontesi. Nacque in Argentina a Morón da genitori torinesi immigrati, Lorenzo Massa (proprio come lui) e Margarita Scanavino, e nella devozione più sincera: le sorelle Ángela e Blanca vestirono l’abito religioso, e lui fu ordinato sacerdote salesiano nel 1898. Dopo qualche incarico come insegnante, nel 1908 viene nominato direttore dell’Oratorio San Antonio, al civico 4050 di Calle México, nel quartiere di Almagro, Buenos Aires. Qui incontra un gruppo di quei giovani con la palla sempre al piede che, con il nome di “Los Forzosos de Almagro” (i “forti” del quartiere), giocano per strada. Offre loro il campo nell’oratorio in cambio della puntualità alla Messa domenicale e il San Lorenzo calcio nasce così, ufficialmente il 1° aprile 1908, opera di quel buon salesiano e di Federico Monti (1882-1952), ex cane sciolto e ora grande centrocampista. Il nome è un omaggio al prete e al quartiere, due veri marchi di fabbrica.
Don Massa sa bene come fare con i ragazzi. I salesiani in Argentina, terra allora di grande immigrazione italiana, arrivano nel 1875, in dieci. La loro buona influenza, diretta e indiretta, si espande subito un po’ ovunque; nascono laboratori, workshop, scuole di arti e mestieri, piccoli teatri dilettanti e quelle bande musicali cui in America Latina non sa resistere nessuno. Poi le associazioni di atletica e le polisportive. Il San Lorenzo, per esempio, è noto per il calcio, ma anche per il quintetto di basket. Per i salesiani tutto è strumento, tutto è mezzo di autentica promozione umana: quella che si fonda in Cristo e che in lui culmina. Don Massa lo ha capito con la mente e con il cuore, e agisce di conseguenza.
Il Superiore dei salesiani, l’italiano don Giuseppe Vespignani vede una grande opportunità d’inquadramento educativo stabile nello scoutismo, creato nel 1907 in Inghilterra dall’anglicano Lord Robert Baden-Powell (1857-1941). I boy-scout argentini vengono creati nel 1912; i salesiani hanno già sperimentato i “battaglioni” di ginnasti, ma vogliono andare oltre. Sul modello dei “battaglioni” escursionistici creati dal santo di Castelnuovo d’Asti, e diffusi in Italia e in Spagna, don Vespignani incarica don Massa di fondere lo spirito di Baden-Powell e quello salesiano creando gli Exploradores argentinos de Don Bosco. Domenica 7 marzo 1915, dopo la Messa, i ragazzi vengono invitati a entrare nei Niños Defensores de la Patria, 9 compagnie di 30 ragazzi ciascuna in cui si uniscono escursionismo ed educazione alla fede.
Virtù naturali da autentici cavalieri, patriottismo senza macchie di sciovinismo nazionalista e anzitutto fede in Dio: gli “scout salesiani” di don Massa sono così, come sta scritto nel codice che don Vespignani pubblica per loro nel 1930, La Ley de Honor. Nel San Lorenzo calcio, don Massa a cui nel 1954 è stato dedicato il film El cura Lorenzo, del regista Augusto César Vatteone (1904-1979) infonde il medesimo spirito; le sue spoglie mortali riposano del resto proprio al “mitico” 4050 di Calle México, nel suo oratorio di San Antonio, prima storica sede della squadra, quasi una meta di pellegrinaggio.
Era qui che da bambino Papa Francesco veniva con il padre, un cestista, per le partite, anche se la tessera del San Lorenzo calcio l’ha presa solo attorno al 2007-2008, mentre diveniva primate d’Argentina, come ricorda l’oggi 70enne Oscar Luchini, laico, responsabile della cappella della squadra di fútbol, nel libro d’interviste Pope Francis: Our Brother, Our Friend (Ignatius Press, San Francisco 2013), curato da Alejandro Bermúdez, direttore dell’Aci Prensa (la maggiore agenzia per la stampa in lingua spagnola), e di prossima pubblicazione in Italia per i tipi della milanese Gribaudi. Già, perché il San Lorenzo calcio, una squadra di veri talenti che senza il cattolicesimo non sarebbe mai esistito, possiede anche una cappellina tutta sua. Terminata nel 2010, l’allora cardinal Bergoglio (che aveva già celebrato la liturgia per il centenario di fondazione della squadra nel 2008, nell’oratorio di San Antonio) vi ha celebrato Messa il 24 maggio 2012, e questo perché il 24 maggio è la Festa di Maria Ausiliatrice, patrona della quadra.
Un filo d’oro cuce assieme la Vergine soccorritrice, i salesiani, il Papa e la squadra di Almagro. Il ramo religioso femminile fondato da don Bosco si chiama Figlie di Maria Ausiliatrice. Nel quartiere di Almagro c’è la Basilica di Maria Ausiliatrice, la cui statua della Vergine aiuto dei cristiani è stata benedetta a suo tempo proprio da don Bosco e il Papa la pregava da ragazzo. «I miei genitori si conobbero a Messa nel 1934, all’oratorio salesiano di San Antonio, nel quartiere di Almagro a Buenos Aires», racconta oggi Papa Francesco. E la maglia del San Lorenzo calcio, rosso e azzurro a strisce verticali, prende i colori dal manto e dalla veste della Madonna che aiuta, come i cavalieri di una volta (il cui spirito già risplendeva nei “battaglioni” degli Esploratori argentini salesiani) portavano su di sé i colori dell’amata dama terrena e della venerata Dama celeste.
Una solo volta il San Lorenzo non ha indossato in partita la maglia mariana, e fu la domenica successiva all’elezione di Bergoglio al pontificato. Allora la squadra scese in campo contro il Colón, della provincia di Santa Fe, portando sul petto il volto del Papa; per farlo aveva domandato il permesso alla Federazione calcistica argentina, e questa aveva autorizzato in via del tutto eccezionale perché giammai la Fifa permette che le squadre indossino maglie con immagini politiche o religiose. Ovviamente il San Lorenzo vinse, ma quella maglia nessuno la potrà più portare: dei 30 pezzi allora confezionati, uno è stato donato proprio alla cappella della squadra, un altro alla squadra stessa e i rimanenti sono stati vendute per beneficienza perché così ha voluto il Papa tifoso.
La squadra “papalina” del San Lorenzo sarebbe nulla senza il suo buon fondatore ieri e senza la sua cappella oggi, la quale ci riserva un’ultima storia. I soldi per costruirla sono stati interamente donati da un vip americano di origini danesi che ha trascorso la fanciullezza a Buenos Aires diventando così, e restando, un grande fan del San Lorenzo. È Viggo Mortensen, l’attore (e compositore, e scrittore, e fotografo, ed editore) reso celebre dall’interpretazione dell’eroico re Aragorn nella trilogia cinematografica de Il Signore degli Anelli (che non conosceva prima del film, e che gli ha alquanto scombussolato, in positivo, la vita). Mortensen è stato cresciuto da luterano, si esprime che pare un panteista ambientalista, ma i soldi per la cappellina cattolica di quella squadra davvero di un altro mondo li ha voluti versare di tasca propria, entusiasta, fino all’ultimo, peso.