Domenico e la meravigliosa speranza che ci offre Cristo
I domenicani hanno un responsorio chiamato O spem miram, che ci ridona pienamente quell’anelito di speranza che i figli di san Domenico proclamano rivolgendosi al proprio fondatore. La tradizione domenicana, liturgica e musicale, è un tesoro prezioso della Chiesa, che rispetta l’armonia tra la lex orandi e la lex credendi.
I grandi santi non sono importanti soltanto per quello che possono offrire come modello agli altri cristiani, ma spesso lo sono anche per le conseguenze delle loro opere, come nel caso dei fondatori di ordini religiosi che hanno illustrato la vita della Chiesa con il loro insegnamento e i loro esempi di santità e virtù. Certo, parlando di questo, non possiamo che onorare san Domenico di Guzmán (1170-1221), del quale oggi si celebrano gli 800 anni dalla morte.
Un grande santo, san Domenico, fondatore dell’Ordo Praedicatorum, i cui membri sono meglio conosciuti come domenicani. Un ordine di grandissima importanza nella Chiesa, un ordine che ci ha donato, oltre a san Domenico, sant’Alberto Magno, san Pio V, san Vincenzo Ferreri e, forse soprattutto, san Tommaso d’Aquino. I domenicani difendono la verità, la difendono dai possibili attacchi e distorsioni, così almeno tradizionalmente. Nella lettera Praedicator Gratiae che il presente Pontefice ha indirizzato al Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori viene tra l’altro detto: “La grande vocazione di Domenico era quella di predicare il Vangelo dell’amore misericordioso di Dio in tutta la sua verità salvifica e potenza redentrice”. E questa urgenza della predicazione la troviamo in tutta la vita del suo glorioso Ordine, un’esigenza di portare la verità che è Cristo a chi è ancora nelle tenebre e nell’ombra della morte, senza compromessi.
I domenicani hanno un responsorio chiamato O spem miram: “O meravigliosa speranza, che tu hai donato a coloro che piangono nell’ora della morte e ai tuoi fratelli per il futuro dopo la morte. Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere. Tu che risplendesti per tanti miracoli compiuti a favore degli infermi, rafforza la nostra debolezza, offrendoci l’aiuto di Cristo”.
La bellissima melodia in primo modo del repertorio domenicano, solenne e austera ma anche piena di slancio, ci ridona pienamente quell’anelito di speranza che i figli di san Domenico proclamano rivolgendosi al proprio padre nella fede mentre lo invocano per una continua assistenza nella loro debolezza.
Il canto domenicano può essere definito come un dialetto del canto gregoriano e risale al XIII secolo (vedi Innocent Smith, 2014, Dominican Chant and Dominican Identity). La tradizione domenicana, liturgica e musicale, è un tesoro prezioso della Chiesa e il responsorio in onore di san Domenico, di cui abbiamo brevemente trattato, ne è certo un luminoso esempio. Si è creduto che la tradizione liturgica nella Chiesa del passato spingesse all’uniformità, ma in realtà c’era solo una ricerca di consistenza nella dignità della celebrazione, in modo che la lex orandi e la lex credendi fossero in armonia. Una volta questo era stabilito, e si lasciava la libertà di sviluppare degli accenti propri a specifiche famiglie religiose. Così i domenicani hanno sviluppato un proprio repertorio e una propria tradizione liturgica per poter proclamare con gesti, riti, preghiere e canto, quell’anelito per la Verità che fonda ogni possibile verità.