Domenico e il Rosario, alle radici dell'arma più potente
Si deve a Domenico di Guzman la devozione verso il santo Rosario per combattere l'eresia albigese e il conseguente diffondersi della pratica della sua recita. Da allora il rosario divenne l’arma più potente a disposizione della cristianità, come confermò, qualche secolo più tardi, la vittoria riportata in quel di Lepanto. Una preghiera da festeggiare con un quadro apposito. Come l'opera omonima del Dürer.
Albrecht Dürer, Festa del Rosario, Národní Galerie, Praga
Ave, Maria, piena di grazia: il Signore è con te;
tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno. Lc 1,28.42
Si deve a Domenico di Guzman la devozione verso il santo Rosario e il conseguente diffondersi della pratica della sua recita. Si dice, infatti, che agli albori del Milleduecento la Vergine Maria sia apparsa al santo predicatore per consegnargli una corona con la quale avrebbe vinto, senza ricorrere a nessun tipo di violenza, l’eresia albigese che stava cercando di debellare.
Da allora il rosario divenne l’arma più potente a disposizione della cristianità, come confermò, qualche secolo più tardi, la vittoria riportata in quel di Lepanto dalla Lega Santa a dispetto delle milizie turche. Era il 7 ottobre 1571. La Festa della Vittoria, istituita da S. Pio V per la prima domenica del mese di ottobre, si trasformò, in seguito, in Festa del Santo Rosario e nel 1716 fu estesa alla Chiesa universale. Fu S. Pio X nel 1913 a fissarne definitivamente la ricorrenza liturgica il 7 ottobre.
Ecco perché Domenico è solito apparire nelle raffigurazioni della Madonna del Rosario che conobbero una grandissima fortuna soprattutto con la Controriforma, anche se il tema era già ampiamente diffuso. E, infatti, ritroviamo il Santo nel dipinto che Albrecht Dürer realizzò a Venezia per la neo costituita Confraternita del Rosario che glielo commissionò per esporlo in San Bartolomeo, antica chiesa risalente al IX secolo, dal XIII secolo cappellania della comunità tedesca in laguna.
L’artista cominciò l’opera nel 1506, rendendosi subito conto dell’impegno che questa impresa richiedeva. Il risultato fu, ed è, un vero capolavoro che consacrò il suo artefice come pittore-non solo, dunque, come grafico e incisore - agli occhi del mondo, veneziano e non. La Festa del Rosario di Dürer, ora alla Galleria Nazionale di Praga, è un vero tripudio di forme e colori, “di bellezza singolare per disegno, per diligenza e per colorito”, disse il celebre architetto Jacopo Sansovino quando la vide nel 1581.
Già le dimensioni sono notevoli: un metro e sessanta centimetri di larghezza per quasi due di altezza. La Madonna è in posizione centrale, avvolta in un manto azzurro che ne mette in risalto la figura rispetto alla folla attorno a Lei. La Sua maestà è enfatizzata, alla maniera di Bellini, da un semplice tendaggio verde scuro sorretto da cherubini, che funge da dossale e La separa dal paesaggio retrostante. I due putti che posano sulla Sua chioma bionda una corona finemente cesellata, sono il vertice della struttura piramidale composta dalla Vergine, dal Bambino e dai due importanti personaggi inginocchiati accanto a loro: papa Sisto IV, che nel 1474 aveva approvato formalmente l’esistenza della confraternita, e Federico III, allora imperatore del Sacro Romano Impero.
Il Bambino Gesù dà inizio alla “festa” dell’unione spirituale con Maria attraverso la preghiera del Rosario, qui rappresentata simbolicamente mediante la distribuzione di ghirlande di rose da parte dello stesso Gesù, degli angeli e di San Domenico, grande promotore del culto mariano. Tutti sono invitati a partecipare: accanto ai rappresentanti delle più alte cariche della chiesa e dell’impero, oltre ai notabili veneziani e tedeschi, Dürer ritrae uomini e donne diversi per ceto ed età.
La ghirlanda che ciascuno riceve, invece, è uguale per tutti. Tiara e corona regale sono, non a caso, rispettivamente deposte ai piedi dei loro possessori. Nessuno sembra volgere lo sguardo a Maria, piuttosto ciascuno sembra assorto nel mistero che si contempla attraverso la recita del santo rosario. Perché, come ebbe a ricordare Giovanni Paolo II nell’enciclica Rosarium Virginis Mariae, l’invocazione mariana per eccellenza è preghiera dal cuore cristologico.