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FINE VITA

Dolce morte, amarissimo Inferno

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È ovvio che quelli che desiderano la “dolce morte” ritengono che la presente sia l’unica vita, e poi c’è il nulla implicante assenza di dolore. Ma qualcuno ha mai parlato loro dell'Inferno?

Vita e bioetica 21_06_2025
L'Inferno dipinto da Peter Brughel

Diciamo subito che l’argomento della “dignità” umana, laico, è lo stesso che usano i radicali, per i quali, semmai, è “dignitoso” morire. Con gli argomenti filosofici, cioè non religiosi, si finisce come con il divorzio e l’aborto. Dire, infatti, che l’aborto è un omicidio è vero e lampante, tant’è che non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo. Ma la risposta è: chissenefrega. La concezione edonistica, inoculata a dosi massicce nell’Occidente dal Sessantotto, è ormai entrata nelle teste e solo pochi – ma perciò ininfluenti - ne guariscono. Allora, dice l’esperienza che quando le buone non funzionano si prova con le brusche. Ma l’Occidente è nato cristiano, mica islamico, perciò con esso l’equazione peccato=reato non ha senso. Le “brusche” sono dunque argomenti pur essi, ma religiosi.

Andiamo con gli esempi. Eva Lavallière era la più famosa sciantosa di Parigi nella Belle Epoque: bellissima, corteggiatissima, teste coronate impazzivano per lei, i suoi rifiuti provocavano suicidi. Era una delle donne più desiderate del mondo, e i teatri la coprivano di soldi purché vi si esibisse. Giovane, ricca e ammirata, un giorno era a passeggio in Costa Azzurra con i suoi cagnetti quando un vecchio prete la fermò e a bruciapelo le chiese se pensasse mai all’Inferno. Lei trasecolò e scappò via. Ma il tarlo le rimase in testa. Già: pochi anni di gloria le restavano, poi le rughe. E infine il sipario. Sappiamo che, dopo aver dato tutto in beneficenza, andò a chiudersi in un monastero e là morì.

Detto questo, è ovvio che quelli che desiderano la “dolce morte” – e quanti non vedono l’ora di dargliela - ritengono che la presente sia l’unica vita, e poi c’è il nulla implicante assenza di dolore. Come fa dire Eco ad Adso nel finale de Il nome della rosa. Oppure, se blandamente credenti, ritengono che nell’Aldilà ci sia solo la Misericordia, indotti a ciò da certa pastorale piaciona. Ma i preconciliari sanno che non è così. Per esempio, la Madonna a Fatima non esitò a mostrare ai tre pastorelli l’Inferno. L’Inferno! A dei bimbetti analfabeti, ingenui e innocenti! Che mancanza di sensibilità e di tatto! La Vergine, evidentemente, era ignara del metodo Montessori, e del fatto che, più avanti, non si sarebbero ammessi i preti negli ospedali per non “impressionare” i moribondi.

Ma il sottoscritto, esperto di agiografie, può assicurare che proprio una visione dell’Inferno ha prodotto fior di santi, tra cui Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa. Fin dal Vangelo ci viene detto che la vita sulla terra è Valle di Lacrime, sì, ma è cosa breve: Gesù stesso la paragona alle doglie del parto cui segue la gioia. Eterna. Sono tanti, e sempre ci sono stati, quelli la cui “qualità della vita” è pessima. Ma vanno avvertiti che dura poco. E agli astanti va ricordata la responsabilità di alleviare quelle sofferenze. Che non consiste nell’ingannare il sofferente. Il quale, anzi, va avvisato che ci può essere qualcosa di peggio post mortem.

L’ateo o l’illuso diranno che loro all’Inferno non credono. Liberissimi. Ma se bastasse non credere a quel che non ci piace perché diventi inesistente, ben poco resterebbe in piedi. Il sofista mi convince che il muro verso cui corro non esiste. E quando mi sono spaccato la faccia il sofista mi spiega che sono io a non aver capito. Pascal, filosofo sopraffino, diceva che se Dio non esiste non ho perso niente, ma se esiste ho perso tutto. Certo, la Misericordia terrà sicuramente conto delle attenuanti generiche e specifiche. Ma non chiedetegli di rimangiarsi la parola sul resto.