Divorzio breve, l'intervento di Giovanardi
"Signora Presidente, credo che in quest'Aula si debba fare un'operazione verità e spiegare anche all'esterno quello che sta avvenendo e quali saranno le novità con le quali i cittadini si dovranno confrontare ..."
(1612) Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile (Relazione orale) (ore 10,20)
GIOVANARDI (NCD). Signora Presidente, credo che in quest'Aula si debba fare un'operazione verità e spiegare anche all'esterno quello che sta avvenendo e quali saranno le novità con le quali i cittadini si dovranno confrontare. Esprimerò naturalmente il punto di vista del Nuovo Centrodestra e, lo ribadisco, con tutte le perplessità iniziali che abbiamo avuto rispetto al fatto che una materia così delicata - mi riferisco soprattutto agli articoli 6 e 12 del provvedimento che riguardano separazione e divorzio - venisse affrontata in un decreto-legge.
Realisticamente, però, preso atto della sua presentazione da parte del Governo, in questi giorni il nostro obiettivo è stato di operare per rendere razionale, efficiente e credibile il provvedimento, dialogando con il Governo, anche un po' ruvidamente, grazie anche alla competenza del relatore Cucca, che ha svolto un'azione efficace in questo senso, e respingendo tentativi, come quello effettuato ieri sera in Commissione da Forza Italia e Movimento 5 Stelle, di far saltare per aria l'istituto del matrimonio. Di questo, infatti, si tratta. Mentre noi abbiamo operato per migliorare il testo presentato, il tentativo di ieri è stato addirittura quello di inserire in un decreto-legge il cosiddetto divorzio breve, quindi di riformare l'istituto in maniera complessiva nell'ambito di un decreto-legge, andando in una direzione totalmente opposta a quella di un decreto presentato dal Governo per smaltire l'arretrato della giustizia.
Questa è la ratio del decreto: smaltire l'arretrato della giustizia. È evidente che se ieri fosse passato un emendamento con cui si stabiliva che per divorziare invece di tre anni erano sufficienti sei mesi, nel caso di divorzio consensuale, o un anno, in caso di conflittualità, nei prossimi mesi avremmo avuto tre anni di lavoro concentrati in sei mesi e in un anno. Quindi, invece di smaltire l'arretrato avremmo appesantito la giustizia, con il risultato che la Corte costituzionale probabilmente avrebbe detto, tra un po' di tempo, che tutti i matrimoni nel frattempo annullati sarebbero tornati ad essere validi perché si tratta chiaramente di una norma totalmente incostituzionale.
Lo so perché sulla legge Fini-Giovanardi la Corte ha fatto lo stesso ragionamento, dicendo che nel disegno di legge di conversione di un decreto-legge non si possono aggiungere articoli che non siano consustanziali al titolo ed al contenuto del decreto stesso. Ieri sera invece Forza Italia ha tentato di introdurre in un decreto-legge un emendamento che aveva una finalità totalmente opposta a quella che il Governo voleva produrre.
Veniamo invece al sodo con riferimento a quello che siamo riusciti ad ottenere, a nostro avviso, utilmente. Abbiamo insistito su un punto, all'articolo 6, ossia che il matrimonio è uno solo, e qui ha ragione il senatore Caliendo. L'articolo 29 della Costituzione recita che la famiglia è una «società naturale fondata sul matrimonio», che è un istituto con un proprio rilievo pubblicistico. Il coniugio, il matrimonio, esiste sia che vi siano figli, sia che non ve ne siano. Giustamente, è stato più volte sottolineato come anche chi non ha figli sia una coppia e non è che il non avere figli sia una diminutio: il matrimonio esiste, una ha una sua coesione sociale ed una sua importanza comunque.
Sono venuti in audizione in Commissione giustizia qui al Senato quattro associazioni di avvocati, l'Associazione nazionale magistrati ed il Presidente del Tribunale di Roma: abbiamo ascoltato quello che hanno detto i magistrati, gli avvocati ed il forum delle famiglie ed hanno detto tutti la stessa cosa. Per esempio, quando tutte le associazioni degli avvocati hanno detto che bisognerebbe estendere l'articolo 6 anche alle coppie con figli, la cosa certamente ci ha colpito. La logica dell'assistenza da parte di due avvocati con quest'istituto innovativo della negoziazione assistita poteva anche essere estesa loro, ma a quale condizione? Su cos'abbiamo insistito fino alla nausea e fino alla noia? Sia che vi siano figli, sia che non ve ne siano, bisogna che qualcuno certifichi lo scioglimento del matrimonio o il divorzio. In effetti, cos'abbiamo ottenuto? Sia che vi siano figli, sia che non ve ne siano, com'è scritto nell'emendamento presentato dal relatore, «l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita dev'essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponda all'interesse dei figli, lo autorizza. Quando invece ritiene che l'accordo non risponda all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al Presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo». L'emendamento presentato stamattina dal relatore estende questa verifica del procuratore della Repubblica anche all'accordo fatto tra i due coniugi, proprio perché ci può essere una parte debole o una parte che in qualche modo viene subornata rispetto all'accordo. Per noi era quindi fondamentale mantenere l'unitarietà di quest'istituto ed ottenere una disciplina che certamente valorizzasse l'impegno delle parti ed il ruolo degli avvocati per dirimere tutta una serie di questioni quando non vi è conflittualità, lo ribadisco. Stiamo sempre parlando, infatti, di un ambito di situazioni di accordo, in cui dunque non vi è disaccordo fra le parti e si parte quindi già con l'intenzione consensuale di fare un accordo, dove non vi sia conflittualità da dirimere. Abbiamo dunque ottenuto questo tipo di risultato.
Aggiungo che il relatore nel suo emendamento scrive che «Nell'accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare». Questa, quindi, entra nel testo di legge come elemento fondamentale per arrivare ad un processo all'interno del quale sicuramente sia presente, ma non in maniera formale: non siamo stati disattenti, infatti, nel momento in cui il senatore Caliendo ha insistito molto nel dire - a mio avviso, in maniera contraddittoria - che tanto oggi le cause di separazione consensuale, se se ne fa una decina e si mette solo un visto, non fanno perdere tempo. Questo è molto contraddittorio rispetto all'idea di non valorizzare - sempre quando c'è il consenso - questo fatto degli avvocati ed il discorso della conciliazione e mediazione familiare, che può essere un meccanismo utile. La mediazione fatta bene - e le statistiche stanno lì a dimostrarlo - comporta che gran parte di coloro che poi alla fine volevano divorziare o separarsi non l'hanno fatto. Ricordo un punto sul quale torneremo a proposito del divorzio breve: forse c'è un equivoco di fondo, perché tutti pensano che, una volta che c'è stato il divorzio, con figli o senza figli, il problema sia risolto.
Avendo avuto la competenza in materia di famiglia in un Governo ed avendo frequentato le associazioni dei padri e delle madri separati, ho visto che sono 800.000 le persone - padri e madri separati, ma coinvolgiamo anche i nonni - che dopo il divorzio hanno cominciato una conflittualità che dura per anni, con lotte terrificanti e allucinanti litigi sui figli, nonché l'insorgere di situazioni patrimoniali di povertà di chi perde la casa e non sa dove andare ad abitare.
Non è che il divorzio sia la sanatoria per cui, una volta divorziati, si sono risolti i problemi della vita. In tantissimi casi, forse, bisogna spiegare a chi vuole divorziare che se prima di farlo, con la mediazione ci avesse pensato e avesse risolto o sopportato problemi che sembravano giganteschi, dopo andrà a trovare problemi più giganteschi di quelli che pensa di aver risolto. Magari avesse avuto un po' di pazienza prima, per dirimere queste questioni con intelligenza. Detto questo, rimane un problema all'articolo 12 perché qui c'è un dualismo difficilmente comprensibile.
È vero che, come ha detto più volte il relatore, rimane pur sempre il vecchio istituto; in caso di accordo nessuno obbliga a fare la mediazione con il successivo intervento degli avvocati (si può sempre ricorrere ai vecchi istituti). Poi c'è questa novità, prevista all'articolo 6, dell'accordo fatto tramite due avvocati: prima il testo ne prevedeva uno ma abbiamo preteso che fossero due, uno per parte, anche per evitare che, come accade in queste circostanze, ci sia una parte forte che possa pregiudicare i diritti della parte debole.
Quello che si capisce invece poco è l'articolo 12, secondo cui due coniugi che non hanno figli possono andare - così diceva il testo originario - dall'ufficiale di Stato civile e dichiarargli che sciolgono il matrimonio, che si separano. È un po' audace, perché in teoria ci si sposa il martedì e il venerdì si va davanti all'ufficiale di stato civile perché si è deciso di sciogliere il matrimonio, con tutto ciò che può derivarne (qualcuno della Lega Nord ha giustamente parlato del problema di matrimoni di comodo che possono avvenire). Allora dove abbiamo operato? Abbiamo fatto scrivere - e la modifica è passata - che anzitutto è il sindaco che deve ricevere queste dichiarazioni dei coniugi, e quando le riceve non scioglie il matrimonio né annota: dà tempo un mese alla coppia per un ripensamento, una riflessione, un approfondimento della situazione. Dopodiché, se, dopo un mese, la coppia non si ripresenta, è chiaro che tutto finisce in un nulla di fatto; se si ripresenta, il discorso cambia. Infatti, ricordo che il sindaco è un ufficiale di stato civile; nel nostro ordinamento è il sindaco o un suo delegato a sposare la coppia civilmente, ma prima di farlo, il sindaco controlla le pubblicazioni, deve controllare che ci sia una regolarità formale, che uno non sia bigamo, che non abbia situazioni di incompatibilità, e quindi, come nel momento in cui due si sposano fa questo controllo di legalità, anche quando due vogliono separarsi, il sindaco deve fare lo stesso controllo di legalità, perché se, per esempio, scopre che ci sono questioni di ordine pubblico o contra legem, il sindaco deve sicuramente rilevarlo.
Allora, secondo me non abbiamo fatto una cosa perfetta, anche perché la materia è molto difficile, però abbiamo costruito un sistema che si inserisce nell'ordinamento, non tradisce i principi costituzionali, salva l'unitarietà dell'istituto matrimoniale e dà un controllo giurisdizionale. Mi metto anche in sintonia con l'opinione pubblica, giustamente, e si deve rimarcare che queste previsioni sono valide quando i due coniugi sono d'accordo tra di loro, quindi c'è già alla base una volontà comune, non conflittuale, e c'è un accompagnamento.
Mi rendo conto che nella discussione che abbiamo in Commissione giustizia dovremo affrontare il problema riguardo ai tempi del cosiddetto divorzio breve, ma qui dico già una cosa. Non siamo d'accordo rispetto al fatto che sei mesi e un anno siano un automatismo, perché possono andare bene per le coppie che non hanno figli, ma non si può teorizzare che bastino sei mesi dalla separazione al divorzio per una coppia che ha dei figli, e quindi ha tutta una serie di situazioni da dirimere, ovvero prevedere lo stesso tempo rispetto ad una coppia senza figli. Allora, noi vorremmo fare una riflessione in Commissione: siamo d'accordo che tre anni sono troppi: riduciamoli, però riduciamoli con intelligenza, diversificando, per i tempi dalla separazione al divorzio, le fattispecie in base ai casi nei quali ci sono o meno dei figli.
Ma questo è un discorso che faremo a suo tempo. Al momento, colleghi, per quanto ci riguarda, sono stati svolti un dibattito ed un confronto alla luce del sole, con il Governo e con le altre forze politiche, e riteniamo che il risultato ottenuto, per il quale sicuramente non facciamo i salti di gioia, sia comunque soddisfacente, un risultato cui il Gruppo Nuovo Centrodestra può aderire.
*Senatore Ncd