Divorziati risposati, anche Kasper fra i "ribelli"
Spaccatura sempre più netta tra Santa Sede e Chiesa tedesca: dopo i cardinali Marx e Zollitsch anche il cardinale e teologo Walter Kasper chiede l'accesso ai sacramenti per i divorziati risposati ignorando gli ammonimenti di Müller.
Non si era trincerato dietro formule diplomatiche, il cardinale Reinhard Marx, quando a inizio novembre aveva attaccato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Müller. L'arcivescovo di Monaco e Frisinga, parlando ai vescovi bavaresi riuniti in assemblea, chiariva che nessuno, tantomeno il capo dell'ex Sant'Uffizio «può fermare il dibattito» sui capisaldi della pastorale matrimoniale cattolica. Aggiungeva, il cardinale Marx, che «al Sinodo si discuterà di tutto» e che «al momento non è possibile dire quali saranno i risultati del confronto».
Per sgombrare il campo da dubbi interpretativi (ammesso che ce ne fossero), il porporato che siede sulla cattedra che fu anche di Joseph Ratzinger per qualche anno sottolineava che «qualcosa al gran numero di fedeli che non comprende perché una seconda unione non è accettata dalla Chiesa andrà detto». L'obiettivo delle critiche di Marx era il lungo «contributo alla discussione» (definizione dell'Osservatore Romano) firmato dal prefetto Müller e pubblicato sul quotidiano della Santa Sede il 22 ottobre scorso.
In quel lungo testo, il custode della fede fermava i voli pindarici già pronti al decollo in vista del Sinodo, ribadendo che «il matrimonio rappresenta l'atto personale e libero del reciproco consenso» attraverso cui «viene fondata per diritto divino un'istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della prole, e non dipendente dall'arbitrio dell'uomo». Un matrimonio che è «indissolubile», tanto che si rischia di «banalizzare la misericordia» se si pensa che «Dio non potrebbe far altro che perdonare». E questo perché «oltre alla misericordia, al mistero di Dio appartengono anche la santità e la giustizia». Aggiungeva, il prefetto ed ex vescovo di Ratisbona, che «se non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia». Marx non era d'accordo: «Definire il divorzio come fallimento morale è inadeguato», diceva.
Di questi giorni è la risposta di Gerhard Müller al porporato con cui in passato ebbe qualche screzio (pare anche per la scelta di Benedetto XVI di mandare Marx e non lui a Monaco). Conversando con il quotidiano Passauer Neue Presse, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha chiarito di non avere alcuna intenzione di chiudere il dibattito. Semplicemente, ha detto, «l'insegnamento di Cristo e della Chiesa non possono essere oggetto di discussione». E questo perché «il credo religioso non deve essere confuso con un programma di partito, che può essere sviluppato a seconda dei desideri degli appartenenti a quello stesso partito». La responsabilità pastorale, infatti, «deve basarsi sulla dottrina».
Un concetto che è stato sottolineato anche dal cardinale Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica che ha a che fare con il problema delle nullità matrimoniali: «Müller ha semplicemente ribadito qual è l'insegnamento della Chiesa, che non può essere cambiato. Diffondere l'idea che ci sarà un cambiamento radicale, che la Chiesa cesserà di rispettare l'indissolubilità del matrimonio, è sbagliato e dannoso».
Ma la spaccatura c'è ed è evidente. Non sono solo Marx, Zollitsch e Gebhard Fürst (il vescovo di Stoccarda) a chiedere una rapida svolta nel campo della pastorale matrimoniale. Giovedì ha detto la sua anche il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio consiglio per l'Unità dei cristiani, teologo di fama e assai stimato da Papa Francesco, che l’ha citato nel suo primo Angelus. Kasper, in un'intervista al settimanale Die Zeit, si è detto quasi certo che entro breve tempo le persone divorziate e risposate potranno accedere ai sacramenti. Il porporato ha infatti ribadito la necessità di «riforme, modifiche e aperture» su certi temi e ha sottolineato che i divorziati risposati devono avere la possibilità di «partecipare pienamente alla vita ecclesiastica». E questo perché «ciò che è possibile a Dio, cioè il perdono, deve valere anche per la Chiesa». Una visione diametralmente opposta a quella di Müller, che aveva già chiuso sulla possibilità di adottare la prassi ortodossa – che prevede la cosiddetta “seconda possibilità” ai divorziati risposati – per la Chiesa cattolica. «E’ contro la volontà di Dio», scriveva il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla Tagespost prima e sull’Osservatore Romano poi.
Che la Chiesa tedesca sia oggi quella che più preoccupa l’ex Sant’Uffizio lo dimostrano anche le due iniziative – il memorandum siglato anche dal direttore della Karl Rahner Akademie, Bernd Wacker e la lettera della Kölner Kircheninitiative, di cui riferiamo a parte – in cui si chiede al Papa di aprire anche ai laici la procedura d’elezione del nuovo vescovo. A Natale, infatti, il cardinale conservatore Joachim Meisner compirà ottant’anni e presto si ritirerà dopo un quinquennio di proroga. Gerhard Müller ha chiarito che cambiare le regole del gioco non è possibile, in quanto (oltretutto) si andrebbe incontro al rischio, più volte richiamato da Francesco nelle sue omelie pubbliche, di interpretare la Chiesa come «una organizzazione fatta di uomini». Invece, ha detto il prefetto nell’intervista al Passauer Neue Presse, «l’elezione del vescovo non ha nulla a che fare con le lotte per il potere, la distribuzione di poteri e la conquista di potere da parte di fazioni ideologicamente ristrette che distruggono l’unità della Chiesa. Il vescovo – ha aggiunto Müller – è eletto da Cristo e costituito tale dallo Spirito Santo».