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IL CASO

Divorziati, cosa dice davvero Ratzinger

I commenti a un'intervista del papa emerito alla Frankfurter Allgemeine hanno fatto nascere alcuni equivoci sulla vera posizione di Ratzinger che già nel 1991 aveva corretto un suo articolo del 1972 e che sui divorziati risposati fa riferimento alla Familiaris Consortio.

Ecclesia 10_12_2014
Papa emerito

Secondo quanto riportato da Joerg Bremer, giornalista del Frankfurter Allgemeine che ha intervistato il papa emerito, anche per Benedetto XVI i divorziati risposati «devono poter far parte di comitati ecclesiastici o poter fare da padrini». Questa posizione sembrerebbe quindi avvicinarsi molto a quella espressa da papa Francesco a La Nacion, mentre da parte sua Ratzinger ribadisce il suo no per quanto riguarda l’accesso all’eucaristia. Tutto ciò lo ha fatto riscrivendo la conclusione di un suo vecchio articolo che risale al 1972, lo stesso articolo che il cardinale Kasper aveva utilizzato proprio per sostenere le sue tesi al Concistoro dello scorso febbraio. Nella revisione, che risale all’agosto scorso, il papa emerito allinea il suo vecchio articolo alla posizione che poi ha ripetutamente sostenuto sia da prefetto della Dottrina della Fede, che da Papa.

Sulla questione della revisione dello scritto del 1972 bisogna dire che già nel 1991 l’allora cardinale Ratzinger aveva fatto una puntualizzazione. Lo hanno indicato anche Juan Jose Perez-Soba e Stephan Kamposwki nel libro "Il Vangelo della famiglia", edito da Cantagalli che si proponeva di andare «oltre la proposta Kasper». I due teologi dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia hanno giustamente rilevato che di questo articolo del 1991 (“Pope, Church and Gospel”, The Tablet n°7891, 26/10/1991) Kasper doveva essere a conoscenza, ma stranamente non ne ha fatto menzione.

Sul Tablet Ratzinger scrisse che quelle che aveva espresso nel 1972 non erano da intendersi come «norme nel senso ufficiale», ma «faceva parte di un suggerimento che ho fatto come teologo. La loro pratica pastorale deve essere necessariamente corroborata da un atto ufficiale del magistero, il cui giudizio vorrei presentare». «Per inciso - scriveva Ratzinger - in risposta a tesi eterodosse allora espresse da P. Davey - come teologo cattolico non avrei mai potuto sottoscrivere la nozione del doppio magistero, “il magistero dei vescovi e quello dei teologi”. Ora, il magistero successivamente ha parlato con decisione su questa questione nella persona dell’attuale Santo Padre [Giovanni Paolo II] nella Familiaris Consortio».

Poi cita l’esortazione apostolica al n° 84: «La Chiesa (…) ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia».

L’articolo pubblicato nel 1991 chiudeva esprimendo che «la posta in gioco per quanto riguarda l’insegnamento della indissolubilità del matrimonio non è altro che la fedeltà della Chiesa alla radicalità del Vangelo». Risulta veramente strano che la citazione del cardinal Kasper nella famosa relazione al Concistoro 2014 non abbia indicato, almeno in nota, questa precisazione di Ratzinger. Quindi la riscrittura dell’articolo del 1972 non è un magistero parallelo del papa emerito, ma è semplicemente la posizione che Joseph Ratzinger ha sempre difeso e promosso. Si capisce allora che Ratzinger dichiari al Frankfurter Allgemeine che la storia del magistero parallelo «è una totale assurdità».

Per quanto riguarda, invece, la questione dei padrini forse occorre approfondire, per chiarire come i divorziati risposati possano eventualmente svolgere questo compito. 

Secondo quanto indicato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n°1225) «perché la grazia battesimale possa svilupparsi è importante l'aiuto dei genitori. Questo è pure il ruolo del padrino o della madrina, che devono essere dei credenti solidi, capaci e pronti a sostenere nel cammino della vita cristiana il neo-battezzato, bambino o adulto. Il loro compito è una vera funzione ecclesiale».

Questo tipo di compito prima che con le parole viene svolto essenzialmente con l’esempio di vita, e questo esempio può certamente essere fornito anche da chi ha subito la separazione o il divorzio e porta avanti dignitosamente la propria condotta cristiana. 

Il problema si pone in particolare per conviventi e divorziati risposati: entrambe queste situazioni pongono, infatti, problemi rispetto al sesto comandamento. Per risolvere la questione ci viene in soccorso, ancora una volta, l’esortazione apostolica di S.Giovanni Paolo II. Ed è sempre il numero 84 quando, parlando dell’accesso al sacramento dell’eucaristia ai divorziati risposati, fa riferimento a coloro che «sono sinceramente disposti a una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio». Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi». C’è da sottolineare che il passo riscritto da Ratzinger che fa riferimento alla possibilità di permettere a persone divorziate di fare padrini e madrine, viene introdotto proprio richiamando il numero 84 di Familiaris Consortio. Quindi è difficile sostenere che l’apertura del papa emerito sul tema dei padrini e della madrine sia da intendersi come una specie di indistinto lasciapassare.