Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico
ORA DI DOTTRINA / 51 - LA TRASCRIZIONE

Divieto assoluto di eutanasia e suicidio - Il testo del video

La vita è il bene incommensurabile che il Quinto comandamento intende proteggere. La vita non è propriamente un dono ma un prestito, di cui noi dobbiamo rendere conto. Come distinguere tra eutanasia e accanimento terapeutico. I limiti della ricerca scientifica per il rispetto della persona.

Catechismo 08_01_2023

Abbiamo introdotto nel precedente incontro il QUINTO COMANDAMENTO ed il suo senso fondamentale, ovvero il divieto in esso contenuto, che è finalizzato alla custodia e alla protezione della vita, e si estende a tutte quelle situazioni che costituiscono un reale omicidio nei confronti dell'innocente:

“Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l'omicidio diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo” (§ 2268).

Abbiamo anche visto la questione dell'aborto ed oggi apriamo la lezione con l'EUTANASIA.

Attenzione! Tutti i comandamenti negativi, ovvero quelli che contengono una proibizione, in particolare quelli che contengono un divieto che vale sempre e senza eccezioni - gli atti intrinsecamente cattivi -, esistono sempre al fine di proteggere un bene. E nel caso del quinto comandamento il bene incommensurabile che si vuole proteggere è il dono della vita. Non dobbiamo avere l'idea di questi comandamenti, come se fossero l'espressione di una legge positiva che si porta dietro una mentalità moralistica del precetto. Invece il senso di tali comandamenti sta nel fatto che quanto più è importante e prezioso il bene da proteggere tanto più valore assume il divieto espresso nel comandamento.

- Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica i numeri 2276 – 2279 al problema morale dell’eutanasia, la quale “consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile (§ 2277).

Ciò avviene mediante “un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore”; una tale azione “costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere”.

Prestiamo attenzione alla fine. L'intenzione soggettiva o un eventuale errore di giudizio nel quale si può essere incorsi, anche in buona fede, non muta la natura di questo atto omicida. L'Eutanasia, ovvero il procurare la morte di una persona, come fine o come mezzo, con lo scopo di alleviarne la sofferenza, è sempre moralmente inaccettabile. Non vi sono eccezioni o circostanze che possano giustificare questo atto.

- Vediamo ora la differenza tra l'EUTANASIA e l'ACCANIMENTO TERAPEUTICO.

L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire” (§ 2278)

Si comprende che la differenza è sostanziale. L'accanimento terapeutico si verifica nel momento in cui vengono date delle cure/sostegni che non raggiungono il loro fine o che sono del tutto sproporzionati rispetto al loro scopo. Per esempio, quando il corpo non è più in grado di ricevere e assimilare sostanze nutritive o l'idratazione, che, se somministrate, causano ulteriori gravi problemi all'organismo.

Ma a parte questa situazione, “anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte” (§ 2279). Lo stesso numero ricorda anche i principi che devono guidare la somministrazione di analgesici: “L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate”.

Nel momento in cui si somministrano analgesici, si può avere come effetto secondario di abbreviare la vita della persona, senza che questo effetto sia voluto. E ciò è lecito. Diversamente, se l'analgesico viene dato con lo scopo preciso di abbreviare la vita della persona o di essere una fase preparatoria all'eutanasia, per esempio indurre la persona in uno stato di coma attraverso i farmaci per poi provocarne la morte, questo allora non è accettabile.

- Il Comandamento inoltre proibisce il SUICIDIO. La vita non è propriamente un dono, ma è un prestito, di cui noi dobbiamo rendere conto. Infatti, il Catechismo spiega che “ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha donata. Egli ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo” (§ 2280).

Questo vale nei confronti della vita degli altri, ma anche nei confronti della nostra stessa vita, perché la nostra vita ci è stata elargita da Dio e Lui ne rimane il Padrone assoluto. Il senso di questo comandamento definisce il limite invalicabile della potestà dell’uomo. Se si inizia a cedere terreno nei casi di confine, magari per sottolineare la libertà dell’uomo, la sua dignità, stiamo capovolgendo l’ordine. Il Catechismo insiste: “Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé” (§ 2281). È perciò un peccato contro natura. Non esiste un amore di sé che possa giustificare il suicidio, che al contrario è la negazione del retto amore di sé. Il numero successivo richiama un’aggravante: se il suicidio viene commesso con un’intenzione ulteriore – per una rivendicazione, perché sia di esempio ad altri, per una contestazione -, allora c’è anche lo scandalo.

- Lo SCANDALO. Non esiste solo il dovere di tutela della vita fisica dell'uomo, ma anche della sua vita spirituale e morale. Come esistono degli atti che uccidono il corpo, colpendo la vita fisica e biologica della persona, ne esistono altri che, pur lasciando integra questa dimensione, distruggono la vita morale e spirituale.

Lo scandalo è l'atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza” (§ 2284).

Quindi si può dare scandalo, si possono cioè indurre le persone al male:

- mediante le parole. Non tanto parole offensive, ma parole false, parole fuorvianti. Per esempio, dichiarare buona una cosa che invece è malvagia, oppure che una cosa illecita è lecita, oppure attraverso silenzi e omissioni, lasciando che una persona continui nel cammino di male o sia indotto in tale cammino, senza che alcuno glielo faccia presente.

- mediante i comportamenti. Mettere in atto comportamenti riprovevoli, moralmente inaccettabili, non solo dal punto di vista morale, possono indurre le persone a compierli a loro volta.

Nel numero successivo si ricorda che “lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono” (§ 2285). Quanto più si è posti autorità, sia essa civile, ecclesiale, familiare, tanto più lo scandalo è colpevole, perché il male che si può fare agli altri è maggiore, in ragione dell’autorità che si ha.

Inoltre, “lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall'opinione pubblica” (§ 2286).

Chiunque dunque promuova o collabori a promuovere leggi o comportamenti o idee che orientano le persone al male, anche se esse stesse possono essere “integerrime”, allora sono responsabili.

Attenzione! Il tema della responsabilità personale in questo comandamento, così come in generale, è molto importante. Noi viviamo in un contesto che tende a minimizzare ed a scaricare la responsabilità da sé verso altri, a nascondersi dietro le istituzioni o giustificarsi per svariate ragioni. Ma lo scandalo non deve mai essere dato; lo scandalo è un peccato tanto grave quanto il fine eterno dell’uomo sovrasta quello terreno.

- Un altro aspetto del Quinto Comandamento è il RISPETTO PER LA SALUTE propria e altrui. Tema connesso al bene della vita, perché esiste un dovere di mantenere la vita, senza fare della vita il valore supremo. Il Catechismo ci rimanda alla virtù della temperanza, che ci frena dall’avere comportamenti e abitudini “eccessivi”: “La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l'abuso dei cibi, dell'alcool, del tabacco e dei medicinali” (§ 2290).

Occorre evitare ogni estremo: da una parte il salutismo, che fa della salute umana il bene sommo, e dall'altra parte la tendenza a nascondere i vizi che compromettono la salute fisica, magari dietro una presunta “superiorità della vita spirituale”, per cui non ci interessa quella fisica.

- Alcuni articoli finali vengono dedicati al RISPETTO DELLA PERSONA E ALLA RICERCA SCIENTIFICA, un tema molto attuale e delicato.

La ricerca scientifica fa parte della signoria che l'uomo è chiamato a esercitare sulla creazione; perciò è pacifico che vi sia uno sviluppo nella ricerca. Ciò a cui bisogna stare attenti è che la ricerca scientifica sia fatta “dall'uomo per l'uomo” e non “dall'uomo contro l'uomo”.

Per questa ragione “le ricerche o sperimentazioni sull'essere umano non possono legittimare atti in se stessi contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. L'eventuale consenso dei soggetti non giustifica simili atti. La sperimentazione sull'essere umano non è moralmente legittima se fa correre rischi sproporzionati o evitabili per la vita o l'integrità fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli esseri umani non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene fatta senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto” (§ 2295).

Il consenso non può mutare la valutazione morale di un atto: se qualcosa è immorale, non è certo il consenso della persona a renderlo morale.

Nel primo volume del Manuale di Bioetica di monsignor Elio Sgreccia, vi è una parte dedicata proprio all’etica della sperimentazione sull'uomo. Egli dà dei criteri chiari per orientarsi su questo tema che sta diventando sempre più incalzante e invadente la vita delle persone.

1- Primo criterio è l'intangibilità e la non disponibilità della persona umana. Non vi è una possibile distinzione tra l'essere umano e l'essere persona, distinzione invece portata avanti dai sostenitori dell’aborto e dell’eutanasia. La persona e così la sua vita è intangibile e non disponibile.

2- Dal primo criterio deriva il secondo, cioè il criterio di totalità o principio terapeutico. Vediamo cosa significa: "Per la difesa della vita fisica come valore fondamentale della persona, è legittimo affrontare il sacrificio di una parte dell'organismo per la salvezza del medesimo organismo”. Posso amputare una parte del corpo se questo serve a salvare la vita.

“Nell'ambito di questo principio una saggia amministrazione esige però che il danno inflitto all'organismo sia un male minore di ciò che con tale sacrificio si è voluto evitare. In caso contrario si commetterebbe l'assurdo che per evitare un male se ne commetterebbe uno maggiore. È chiaro che con questi limiti già accennati la ricerca scientifica può subire un rallentamento, ma è contro ogni buon senso che si violino valori fondamentali umani per guarire l'uomo. Ed è contro la morale razionale che si faccia il male per ottenere il bene".

Quindi, il male che si deve infliggere dev’essere inferiore rispetto al bene che ne ricavo: questo è il punto fondamentale. Attenzione, tutto ciò va detto se di fronte abbiamo una persona malata e non una persona sana. Viceversa qualsiasi intervento ritenuto preventivo, non può causare alla persona sana un male, a meno che tale male sia lieve e passeggero.

3- Il principio della solidarietà sociale. Al singolo si può chiedere una quota di sacrificio e rischio per il bene di tutti; però non dobbiamo intendere questo nella linea di una concezione collettivistica della sanità. "Non si può applicare il concetto di parte e di tutto rispettivamente alla persona singola e alla società. Nella persona singola c'è il valore globale ed il motivo fondamentale dell'esistenza stessa della società, salvo il caso della legittima difesa non si può mai esporre al rischio di morte il singolo a vantaggio della società”, spiega mons. Sgreccia. Rischio di morte o di una grave infermità.

È un punto estremamente importante. Il principio di proporzionalità dunque non può essere usato in senso collettivistico. Esempio: uccido o espongo 10 persone al reale rischio di morte, per salvarne un milione. Questo è un ragionamento assolutamente immorale. Ricordiamo che siamo sempre all'interno dell'ambito scientifico/sanitario.

Ne derivano due conseguenze: Primo:la sopravvivenza, l'integrità sostanziale, la moralità personale e familiare sono fattori e valori superiori al valore della salute o della guarigione”. La ricerca medico-scientifica non può mai andare contro questi valori. Secondo: i soggetti su cui si interviene devono dare il proprio consenso informato a quello che avviene. Devono essere a conoscenza che si tratta di una sperimentazione, devono sapere chiaramente a quali rischi vanno incontro e soprattutto il consenso deve essere libero e non estorto attraverso pressioni esterne.

Infine, è importante che si abbiano “tutte le misure di correttezza strutturale, progettuale e procedurale della sperimentazione clinica. Le necessarie garanzie di sicurezza e di innocuità che si esigono nella fase di ricerca, il che significa la condanna di tutti gli abusi e i crimini, ad esempio quelli nazisti". Cioè devono essere presenti tutte le garanzie affinché una certa sperimentazione non leda la salute fisica delle persone. Nel momento in cui, inoltre, dovessero emergere delle situazioni gravi non previste, la sperimentazione dev’essere fermata. Il principio dell’avanzamento della ricerca scientifica non può prevalere sul principio di intangibilità e indisponibilità della persona.