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IL RAPPORTO

Disoccupazione giovanile, le cifre sono impietose

In aumento nel nostro Paese i giovani senza lavoro: oggi sono circa il 29%. Ma nel Meridione si supera ancora la soglia del 40%.

Attualità 03_02_2011
giovane disoccupato

Le recenti rilevazioni dell’Istituto italiano di statistica (ISTAT) e dell’EUROSTAT sul mercato del lavoro, confermano i dati drammatici diffusi nell’ottobre scorso dall’'Ufficio internazionale del lavoro (ILO), nel suo rapporto annuale sulle tendenze globali dell'occupazione.

Nel 2010, il numero di disoccupati nel mondo è stato di 205 milioni, con un aumento di 27,6 milioni rispetto al 2007, prima che iniziasse la crisi economica. Il 55% di quest’incremento si è registrato nelle economie sviluppate, mentre, in numerosi paesi in via di sviluppo – ad esempio, in Brasile, Kazakistan, Sri Lanka, Thailandia e Uruguay - il tasso di disoccupazione è sceso al di sotto dei livelli registrati prima della crisi. Nel 2010 risultavano disoccupati 78 milioni di giovani.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) si è attestato al 12,6 per cento, 2,6 volte maggiore rispetto al tasso di disoccupazione degli adulti. Nel 2009, l'occupazione mondiale totale nell'industria è diminuita: mentre è precipitata di 9,5 milioni fra il 2007 e il 2009 nelle economie sviluppate e nell'Unione Europea, nelle regioni in via di sviluppo è aumentata, seppure ad un ritmo molto più moderato. In agricoltura, l'occupazione è aumentata e questo dato dimostra come il settore agricolo faccia spesso da ammortizzatore per i lavoratori che hanno perso il proprio lavoro nel settore manifatturiero o dei servizi.

Nell'Asia sud-orientale e nel Pacifico, in media, i tassi di disoccupazione non sono aumentati durante la crisi, nonostante nel 2009 il numero di lavoratori impiegati in occupazioni vulnerabili abbia raggiunto la cifra di 173,7 milioni. L'Asia meridionale presenta il tasso di occupazioni vulnerabile più elevato del mondo, pari al 78,5 dell'occupazione totale nel 2009. Nell'Asia orientale, la disoccupazione giovanile rimane la sfida principale, con un tasso che nel 2010 ha raggiunto l'8,3 per cento, ovvero una cifra di 2,5 volte superiore rispetto al tasso di disoccupazione degli adulti. In America Latina e Caraibi, la rapida ripresa ha condotto ad una forte crescita dell'occupazione, ma è aumentata l'occupazione vulnerabile. Nell'Africa sub-sahariana, oltre i tre quarti dei lavoratori sono impiegati in occupazioni vulnerabili, mentre circa 4 su 5 vivono, insieme alle proprie famiglie, con meno di due dollari al giorno a persona. In Nord Africa, nel 2010 il 23,6 per cento di giovani economicamente attivi era disoccupato. Nella regione dell'Europa Centrale e sud-orientale e nei paesi della CSI la disoccupazione è scesa al 9,6 per cento, avendo raggiunto nel 2009 il picco del 10,4 per cento, il tasso regionale più alto del mondo.

Il rapporto dell’ILO sottolineava che nelle economie sviluppate concentrarsi solo sulla riduzione dei deficit pubblici, senza affrontare la questione della creazione di posti di lavoro, indebolirà ulteriormente la possibilità di trovare un'occupazione nel 2011 per i disoccupati. L’ILO evidenziava che il miglioramento della situazione dei mercati del lavoro – in termini soprattutto di qualità - andrebbe a sostenere una ripresa macro-economica più ampia e potrebbe contribuire a compensare gli effetti negativi delle misure di consolidamento fiscale.

Nell’Unione europea – in base ai dati di EUROSTAT - il tasso di disoccupazione rilevato a dicembre 2010 è stato pari al 10%, in crescita di un decimo rispetto a novembre e di 1,8 punti rispetto al 2008: 23 milioni di persone risultavano senza lavoro, 15,7 dei quali nei Paesi aderenti al sistema della moneta unica. I Paesi con il tasso di disoccupazione più basso risultano essere l'Olanda (4%) e l'Austria (5,4%); quelli con i livelli più altri, la Lettonia (22,8%) e la Spagna (19,5%).

I dati dell’ISTAT per l’Italia rilevano, a dicembre 2010, un numero di occupati pari a 22.924mila; il tasso di occupazione (per le persone tra i 15 e i 64 anni) è del 57%, risulta stabile rispetto a novembre e in riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il numero delle persone in cerca di occupazione (2.146mila), risulta in diminuzione dello 0,5% rispetto a novembre e in aumento del 2,5% rispetto a di-cembre 2009. Il tasso di disoccupazione, pari all’8,6 per cento, rimane stabile rispetto a novembre; registra un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre 2009. Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni a dicembre 2010 aumenta dello 0,1% rispetto sia a novembre sia a dicembre 2009 (è pari a 14.905mila). Il tasso di inattività (relativo alle persone che, in base alla rilevazione, non risultano essere né occupate né in cerca di occupazione), pari al 37,6 per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in diminuzione rispetto a dicembre 2009 (-0,1 punti percentuali).

Il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e 24 anni di età – ed è questo il dato piu’ significativo ed inquietante della rilevazione - è pari al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009. Il 29% costituisce la media nazionale. Nelle regioni meridionali la percentuale di disoccupazione tra i giovani supera il 40% e questo dato è ormai consolidato. La grave crisi economica globale – ancora peraltro in atto - ha sviluppato i suoi effetti piu’ disastrosi sui soggetti piu’ deboli.

«La conseguenza più evidente della recente crisi finanziaria globale – ha scritto il Papa nel messaggio che ha rivolto nell’ottobre scorso alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si è svolta a Reggio Calabria - sta nel propagarsi della disoccupazione e della precarietà, che spesso impedisce ai giovani, specialmente nelle aree del Mezzogiorno, di radicarsi nel proprio territorio, quali protagonisti dello sviluppo. Per tutti, tali difficoltà costituiscono un ostacolo sul cammino della realizzazione dei propri ideali di vita, favorendo la tentazione del ripiegamento e del disorientamento. Facilmente la sfiducia si trasforma in rassegnazione, diffidenza, disaffezione e disimpegno, a scapito del legittimo investimento sul futuro».

Ed ha aggiunto: «Il problema non è soltanto economico, ma soprattutto culturale e trova riscontro in particolare nella crisi demografica, nella difficoltà a valorizzare appieno il ruolo delle donne, nella fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori. A maggior ragione - aggiunge - bisogna riconoscere e sostenere con forza e fattivamente l'insostituibile funzione sociale della famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale, nonchè luogo che più e meglio di tutti gli altri assicura aiuto, cura, solidarietà, capacità di trasmissione del patrimonio valoriale alle nuove generazioni». «E' perciò necessario – ha concluso Benedetto XVI - che tutti i soggetti istituzionali e sociali si impegnino nell’assicurare alla famiglia efficaci misure di sostegno, dotandola di risorse adeguate e permettendo una giusta conciliazione con i tempi del lavoro».