Discernimento sì, privilegi sacramentali no
Il testo non parla mai di comunione, ma propone un discernimento per la valutazione “caso per caso”. Bisogna evitare di dare “messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni”, o pensare che la “Chiesa sostenga una doppia morale”.
“Amoris laetitia” è un documento, mi si passi il termine, oceanico. Al di là della lunghezza, è oceanico in quanto contiene una varietà di temi e approfondimenti che non si presta certo ad una breve sintesi. E’ un testo importante perché innanzitutto la Chiesa ricorda all’uomo del nostro tempo che “nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società” (n°52). Inoltre, “la Chiesa è un bene per la famiglia e la famiglia è un bene per la Chiesa” (n°87).
RIVOLUZIONE?
Il cardinale Kasper nei giorni precedenti la pubblicazione dell’esortazione aveva commentato parlando di un testo “rivoluzionario”, che avrebbe fatto voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni. La lettura del corposo documento porta a dire che il suo entusiasmo era certamente eccessivo. Nessun cambio di dottrina, anche se bisogna riconoscere che per la prassi, il metodo, si aprono porte nuove. La chiave di lettura è quella conversione pastorale che mira al discernimento e al dialogo nell’ottica di un primato della misericordia che assume un particolare rilievo in questo Anno giubilare.
LE CONFERME
Oltre all’insegnamento sul matrimonio, l’esortazione in materia di contraccezione, aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, educazione, persone omosessuali, ribadisce la dottrina cattolica. Interessante notare che, come avevano fatto le assemblee sinodali, si fa un esplicito riferimento alla “riscoperta” (n°82) del messaggio di Humanae Vitae, l’enciclica del Beato Paolo VI che viene anche citata a proposito del significato unitivo e procreativo dell’amore umano. Un'altra esplicita presa di posizione viene presa contro le cosiddette ideologie gender (n°56), dove si scrive che non si può cadere “nel peccato di pretendere di sostituirci al Creatore. (…) Il creato ci precede e dev’essere ricevuto come dono.”
IL DISCERNIMENTO DELLE SITUAZIONI COSIDDETTE “IRREGOLARI”
In questo ambito si gioca la “novità” pastorale del documento: la disciplina dei sacramenti per le coppie di divorziati risposati. Innanzitutto si rileva che il testo non parla mai di comunione, mentre propone una sorta di percorso penitenziale, o meglio un cammino di discernimento “personale e pastorale” (n°298) che corrisponde a quella che viene chiamata valutazione “caso per caso”, nella logica della “integrazione” nella vita della Chiesa. Così come d’altra parte era già emerso nella Relatio finale del Sinodo 2015 (vedi n°84, 85 e 86).
Amoris laetitia indica che in questo discernimento bisogna evitare di dare “messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni”, o che esistano persone che possano ottenere privilegi sacramentali in cambio di favori”, né si deve portare a pensare che la “Chiesa sostenga una doppia morale”. La chiave fondamentale è quella di non dare norme generali per offrire, appunto, “discernimento personale e pastorale dei casi particolari”, poiché, e qui sta il punto, “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” e quindi le “conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi.” (n°300).
Queste conseguenze diverse valgono anche per “la disciplina sacramentale”, come indica la nota a piè di pagina n°336. In quanto il discernimento delle situazioni potrebbe riconoscere che non c’è colpa grave, applicando una sorta di politica dei piccoli passi possibili. Qui si innesta una concezione della coscienza e del bene possibile che potrebbe aprire un certo dibattito. Lo si trova in particolare al n°303 del documento, dove si potrebbe avvertire una tensione tra oggettività di una situazione di peccato e coscienza soggettiva nel contesto della disciplina sacramentale. Ciò, tra l’altro, era già stato oggetto di dibattito durante il sinodo.
Il discernimento in foro interno, cioè la “formazione del giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa”, comunque “non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa” (n°300).
LA MISERICORDIA PASTORALE
Tutte le situazioni cosiddette “irregolari”, comprese le convivenze, “fatte salve le differenze” (n°293), devono essere accolte come “occasioni da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio” (n°300). Secondo una gradualità della pastorale che, ovviamente, non è, e non può essere, “una gradualità della legge”. Come riporta il n°307, nel presentare l’ideale pieno del matrimonio la Chiesa non deve cedere alla “tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento di proporlo, sarebbe una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza di amore della Chiesa verso i giovani stessi.” Ma quello che il Papa tiene a ricordare in vari modi, senza stancarsi di sottolinearlo in vari punti del documento, è che “siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia.” E’ questa la via che la Chiesa deve percorrere verso le coppie “ferite”, per rivelare “la divina pedagogia della grazia nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro” (n°297).