Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

SINAI

Disastro aereo russo, si fa strada l'ipotesi della bomba

Non è ancora conosciuta la causa della distruzione di un volo charter russo sui cieli del Sinai, Egitto. Fra le varie ipotesi, quella dell'attentato, condotto con una bomba a bordo dell'aereo, appare finora la più credibile. Meno probabili le tesi dell'incidente ancor meno quelle che parlano di un missile terra-aria. Il mandante sospetto è l'Isis.

Esteri 04_11_2015
I resti dell'Airbus russo sul Sinai

A tre giorni dal disastro aereo che ha coinvolto un Airbus A 321 della compagnia charter russa Kogalymavia, precipitato nel Sinai con 224 passeggeri e membri dell’equipaggio, non sembrano esserci ancora certezze circa le cause della tragedia.

I primi esami delle scatole nere stanno fornendo alcune indicazioni che escluderebbero il guasto tecnico. "Le registrazioni delle conversazioni dell'equipaggio con i controllori del traffico aereo indicano che la situazione a bordo era normale quattro minuti prima che il velivolo sparisse dagli schermi dei radar". Lo ha riferito all’agenzia Interfax una fonte al Cairo "a conoscenza della situazione" precisando che "nulla indica un qualche malfunzionamento a bordo" e "neanche l'equipaggio ne riferisce".

Le registrazioni - prosegue la fonte - suggeriscono che una situazione di emergenza si sia verificata a bordo inaspettatamente, prendendo l'equipaggio di sorpresa e i piloti non hanno avuto il tempo di lanciare un segnale di emergenza".

La stessa fonte ha detto alla medesima agenzia di stampa russa che “nelle registrazioni vi sono suoni non caratteristici di un volo normale che precedono il momento della sparizione dagli schermi dei radar dell'aereo".

L’esame del relitto ha rivelato che non ci sono neppure i segni di un impatto esterno sugli elementi integri della superficie dell'A321 esaminati finora. "Un esame iniziale degli elementi integri della superficie, incluso l'impennaggio della coda, non ha rivelato un impatto di fattori esterni", ha spiegato la fonte dal Cairo. Da quanto emerso viene quindi esclusa l’ipotesi del guasto tecnico, peraltro resa improbabile dall’assenza di anomalie rilevate dagli strumenti di bordo e di segnali d’emergenza lanciati dall’equipaggio. Ma viene esclusa anche l’ipotesi che un missile possa avere colpito l’Airbus poiché l’esplosione della testata esplosiva avrebbe comunque lasciato segni inconfondibili sulla carlinga dell’aereo.

La pista dell’attentato terroristico risulta al momento, quindi, la più credibile anche se è più probabile che un ordigno sia stato sistemato a bordo prima del decollo d Sharm el-Sheikh piuttosto che un missile antiaereo sia stato lanciato dai jihadisti dello “Stato Islamico nella provincia del Sinai”, branca egiziana dell’Isis che ha rivendicato l’abbattimento del velivolo russo ma senza parlare di missili, né specificare il modo con cui avrebbero colpito l’aereo.

I miliziani jihadisti sono ben armati e dispongono anche di missili antiaerei sofisticati come gli SA-24 (trafficati dalla Libia dopo la caduta di Gheddafi) ma si tratta di armi portatili che seguono il calore dei motori attivi non oltre i 5mila metri, ben 4400 in meno della quota a cui volava l’A321. A quelle quote possono arrivare solo missili a guida radar come gli SA-11 che abbatterono l’anno scorso il Boeing malese nei cieli dell’Ucraina. Armi non certo impiegabili da movimenti di guerriglia perché richiedono ampie capacità tecniche, sono difficili da nascondere e un lancio sarebbe stato rilevato dai radar della difesa aerea egiziana e israeliana che controllano costantemente lo spazio aereo del Sinai.

Il giorno dopo la tragedia, Michael Clarke, direttore del think-tank londinese Royal United Services Institute, aveva evidenziato come “il fatto che l’Airbus si sia spezzato in due suggerisce non un collasso meccanico, ma piuttosto un'esplosione a bordo". E a tal proposito non mancano i precedenti illustri: Il 21 dicembre 1988 un Boeing 747 della Pan Am si spezzò in due sui cieli scozzesi di Lockerbie per la detonazione di un ordigno piazzato da uomini al soldo del regime libico di Muammar Gheddafi.

Secondo fonti statunitensi citate dalla CNN un satellite avrebbe rilevato un lampo di calore al momento dell'incidente dell'aereo russo e i servizi segreti americani starebbero analizzando i dati per determinare se il lampo si sia verificato a mezz'aria o sul terreno. "Il numero dei lampi di calore è fondamentale" - ha detto Miles O'Brien, analista dell'aeronautica statunitense -"se ne è stato rilevato uno solo verrebbe esclusa l’ipotesi del missile e prenderebbe corpo quella di un'esplosione a bordo dell'aereo".

Nella definizione della cause della tragedia in Sinai si inseriscono anche ragioni diverse. I familiari dei piloti lamentano pessime condizioni di manutenzione del velivolo e difficoltà economiche della compagnia, incapace persino di pagare gli stipendi nei tempi dovuti. Il Cairo invece continua  negare l’ipotesi di un attentato criticando la decisione di Klm, Emirates e Lufthansa di vietare ai loro jet il sorvolo del Sinai, misura che avrebbe senso solo in caso di minaccia missilistica.

Il presidente egiziano Abdul Fattah al-Sisi ha bollato come "propaganda" la rivendicazione dell’abbattimento formulata della milizia dell’Isis in Sinai. "E' un modo per danneggiare la stabilità e la sicurezza dell'Egitto e la sua immagine" ha detto alla Bbc assicurando che "la situazione in Sinai, soprattutto in quell'area, è sotto il nostro pieno controllo".

Comprensibile l’imbarazzo del Cairo che vede a rischio quel poco che resta delle entrate in valuta dell’industria del turismo, ormai al collasso dalle Piramidi alle spiagge del Mar Rosso. Anche sul fronte della sicurezza la conferma della bomba ridicolizzerebbe le misure antiterrorismo adottate nell’aeroporto di Sharm lasciando spazio all’ipotesi di jihadisti infiltrati tra il personale aeroportuale.

"Una falla al sistema di sicurezza dell'aeroporto di Sharm-el-Sheikh" era stato ipotizzato ieri da alcune fonti russe, legato non tanto al rischio che un kamikaze carico di esplosivo sia potuto salito a bordo, ma soprattutto alla possibilità che qualche jihadista infiltrato tra il personale in servizio nell’aeroporto egiziano abbia potuto piazzare sul velivolo un ordigno con innesco a tempo o collegato ad un altimetro per esplodere in quota.

Il movente certo non manca. Colpire i russi è un obiettivo per ogni jihadista che si rispetti dopo l’intervento bellico delle forze di Mosca in Siria. Colpire i russi in Egitto significa inoltre indebolire il governo di al-Sisi che combatte tutti gli estremisti islamici, dall’Isis ai fratelli musulmani, ed è un grande alleato dei russi.