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"Dimissioni": unica strategia della sinistra in crisi

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Il governo si è insediato da quattro mesi e le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni di tre ministri (e non solo). Un meccanismo collaudato, alimentato mediaticamente, che anziché criticare nel merito mira a demonizzare l'avversario, che siede al posto di chi ha dimostrato di non saper governare e ora dimostra di non saper fare opposizione.

Editoriali 03_03_2023

Ormai si tratta di un meccanismo collaudato. Un gruppo di organi d’informazione di primo piano alza i toni, grida allo scandalo, fomenta le tensioni. Subito dopo, i partiti di opposizione chiedono le dimissioni di un Ministro o di un altro esponente del governo, accusandolo di non essere in grado di ricoprire quell’incarico. È la nuova frontiera della dialettica politica: anziché criticare l’avversario per le cose che fa, contrapponendovi ricette alternative, si preferisce demonizzarlo qualunque cosa dica o faccia, provare a delegittimarlo, sfruttando la “moral suasion” che alcuni giornali blasonati portano avanti con sistematicità.

In occasione della tragedia dei migranti a Crotone il copione si è ripetuto fedelmente. Il massimalismo di alcuni titoli di giornale («Una strage di Stato», «La Guardia Costiera sapeva, ma non ha salvato i migranti», «Nessuno ha voluto salvarli») è davvero un calcio al buon senso e conferma il cortocircuito difficile da governare tra cattiva informazione e strumentalizzazione politica. Alcuni quotidiani, pur di catturare l’interesse dei potenziali lettori, la sparano grossa perché sanno che fa più notizia una critica che una approvazione. I partiti antigovernativi cavalcano la protesta e sfruttano quel fango mediatico per i loro biechi interessi propagandistici e il gioco è fatto: chiedere le dimissioni di qualcuno diventa quasi un modo per farsi ascoltare e, soprattutto, per coprire il calo di consensi e il vuoto progettuale.

Il governo si è insediato da quattro mesi e le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni di tre ministri e di due rappresentanti di primo piano del principale partito italiano. I primi scricchiolii risalgono a gennaio, quando era stata ventilata la possibilità delle dimissioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, colpevole, secondo le opposizioni, di voler impedire l’utilizzo delle intercettazioni per proteggere i potenti, quando invece il Guardasigilli aveva semplicemente posto una questione di metodo rispetto all’utilizzo di quello strumento di indagine, onde impedire che diventasse un’arma di spionaggio di massa e senza controllo, con conseguente pubblicizzazione dei contenuti delle intercettazioni sui giornali.

Più energiche le richieste di dimissioni in occasione delle dichiarazioni in aula del vicepresidente del Copasir, Donzelli, che aveva citato colloqui in carcere tra l’anarchico Cospito ed esponenti della criminalità organizzata, notizie che gli erano state fornite – questa era l’accusa della sinistra – dal sottosegretario alla giustizia, Delmastro, anch’egli di Fratelli d’Italia. Furono tanti gli esponenti del Pd che chiesero ai due di lasciare i rispettivi incarichi, dal capogruppo Pd alla Camera, Debora Serracchiani al governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Più di recente la poltrona nell’occhio del ciclone è stata quella del Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che aveva stigmatizzato la lettera della preside del Michelangiolo di Firenze ed era stato attaccato in maniera feroce dai giornali più antigovernativi e dalla sinistra, che, tanto per cambiare, gli aveva chiesto di abbandonare la poltrona di ministro.

Da ultimo, ma c’è da scommettere che presto toccherà anche ad altri ministri e rappresentanti della maggioranza di governo, il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi. Dopo le sue dichiarazioni sul naufragio nel crotonese e sui migranti che “non dovrebbero partire anche se disperati”, da più parti sono state chieste le sue dimissioni. Perfino il neosegretario del Pd, Elly Schlein ha esordito con la perentoria richiesta rivolta a Piantedosi di abbandonare il proprio incarico.

Nordio, Valditara, Delmastro, Donzelli, Piantedosi: già 5 impallinati dal cocktail esplosivo di sciacallaggio mediatico e populismo politico. Nessuno di questi, per fortuna, si è dimesso perché avrebbe finito per avallare il gioco al massacro che da tempo chi sta all’opposizione orchestra con la complicità di certa stampa. Ciò impone una riflessione – l’ennesima – sulla correttezza di certa informazione che inasprisce il clima per finalità subdole e offre a una parte politica lo spunto per chiedere le dimissioni del personaggio della maggioranza di volta in volta più in vista sulla base della cronaca di giornata.

Dove andremo a finire con questa insistenza ostinata nella richiesta di dimissioni non è dato saperlo. Di sicuro il populismo domina e non ci sono più molti spazi per il normale confronto sui programmi. Chi la spara grossa e chiede le dimissioni di qualche esponente politico in vista ottiene audience, a prescindere dalla fondatezza di quella richiesta. Ma può un’opposizione definirsi matura, costruttiva e responsabile se vive di richieste di dimissioni senza mai entrare nel merito delle questioni e dei problemi, dimenticando che ora sta all’opposizione proprio perché ha dimostrato di non saper governare?