IMMIGRAZIONE
Dimissioni di Mantovano, un segnale allarmante
Governo ambiguo, c'è bisogno di un segnale forte che indichi una politica diversa.
- Sbarchi di immigrati, il peggio deve ancora venire, di R. Cascioli
Attualità
31_03_2011
Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno, si è dimesso. Lo ha fatto perché - per evitare che le tensioni tra popolazione e tunisini provenienti da Lampedusa nelle sua regione, la Puglia, diventassero gravissime - con l'accordo di tutto il governo aveva impegnato la sua credibilità. Era andato a Manduria ad assicurare che gli immigrati da accogliere nella cittadina pugliese non sarebbero stati più di 1.500. Oggi si parla di quattromila, e il sottosegretario si è sentito clamorosamente smentito. Con un senso della correttezza oggi davvero molto raro, si è prontamente dimesso.
Non si tratta infatti di "profughi": in Tunisia, dopo la rivoluzione contro Ben Alì, nessuno è più perseguitato per motivi politici. Si tratta d'immigrati clandestini che sfruttano la crisi politica in Nordafrica per sbarcare sulle nostre coste. Hanno invaso Lampedusa oltre ogni possibilità della piccola isola siciliana di accoglierli. Devono certo essere trasferiti altrove.
Ma dove? La legge vigente avrebbe una sua risposta: vanno rimandati in Tunisia, dal momento che in quanto clandestini - non profughi, ripetiamolo - non hanno alcun titolo giuridico a rimanere in Italia. Solo che, nella confusa situazione politica che sta vivendo, la Tunisia rifiuta di riaccoglierli, se non in numeri derisori (un esponente tunisino ha parlato di "cinque al giorno"). Se esistesse, l'Unione Europea dovrebbe distribuire all'interno dei suoi vari Paesi questi immigrati. Niente da fare: la Francia, tanto pronta a dare lezioni umanitarie in Libia, ha schierato a Ventimiglia un cordone impenetrabile di gendarmi per impedire che questi immigrati attraversino le sue frontiere. Bruxelles ci promette al massimo qualche elemosina in denaro, ma nessuna accoglienza fuori dell'Italia dei clandestini di Lampedusa.
Certamente, occorre con un'azione internazionale prevenire sbarchi futuri, che potrebbero aumentare in modo drammatico se si riaprisse in forze la possibilità di salpare dalla Libia, grazie anche alla sciagurata condotta della guerra in quel Paese da parte di "volenterosi", a proposito dei quali è sempre più chiaro che "volentieri" terrebbero loro il petrolio lasciando all'Italia gli immigrati.
Intanto, però, occorre sistemare almeno provvisoriamente da qualche parte gli immigrati che stazionano a Lampedusa. Senza evocare vecchie contrapposizioni fra Sud e Nord - ma, se non si fa qualcosa subito, è inevitabile che queste esplodano - non si può immaginare che due sole regioni, Sicilia e Puglia, si facciano carico della maggioranza di questi clandestini. L'esperienza sta già dimostrando che questo è impossibile: ammassati in troppi negli stessi centri o tendopoli gli immigrati - quasi tutti maschi giovani - saltano le recinzioni e scappano. Andranno in altre regioni, ma al di fuori di ogni controllo e con forti probabilità di cadere vittima della criminalità organizzata.
Le dimissioni di Mantovano ci richiamano a questa verità elementare. Non si possono "punire" la Puglia e la Sicilia per il solo fatto che hanno strutture che in passato hanno funzionato meglio di altre. Da sole non ce la possono fare. Occorre certo tenere conto di molte altre esigenze e fattori, che la Lega rappresenta conformemente alla sua storia e al suo DNA, ma mettendosi intorno a un tavolo e considerando come in emergenza ciascuno debba fare la sua parte, insieme operando seriamente perché l'emergenza finisca.
C'è insomma bisogno che il sottosegretario dimissionario resti. Ma perché resti, c'è bisogno di un segnale forte e reale che indichi una politica diversa.