Didimo, La Dieci e una vita per salvare la città
Che cosa possono produrre la verità e la dottrina, sostenute dalla preghiera e dal sacrificio lo dice la storia di don Didimo Mantiero, di Bassano del Grappa. Don Didimo ha educato centinaia di giovani a una fede operativa, e dal forte impatto culturale, seguendo un metodo che molti ritengono inadatto ai tempi, ma che invece continua contagiare. Oggi la sua opera continua con il "Comune dei Giovani", ma non solo. Ecco la storia.
Siamo a Bassano del Grappa, dove nel 1962 nacque l’esperienza del “Comune dei Giovani” e in seguito la “Scuola di Cultura Cattolica”. «In realtà tutto nasce da Lei», spiega Andrea Mariotto, presidente della Scuola, mentre guida verso il monte Caina su cui è stata posta, a vegliare sulla città, una grande statua della Madonna di Fatima. «L’idea di portarla qui nel 2000 è stata di uno dei sindaci della città, educato da don Didimo all’interno del “Comune dei Giovani”, una realtà che oggi coinvolge ancora centinaia di ragazzi dai 15 ai 30 anni».
Per capire di che si tratta «bisogna fare un passo indietro, quando il giovane sacerdote veneto, nato nel 1912, decise di fondare nel 1941 “La Dieci”, un'istituzione che si propone di unire persone che preghino e offrano sacrifici per la salvezza della città, dei giovani e dei sacerdoti e che ha come madre la Madonna: «Mentre pregava, il giovane prete lesse la contrattazione di Abramo con Dio per salvare Sodoma e Gomorra e capì che anche lui doveva trovare dieci giusti che si sarebbero sacrificati per le tre intenzioni. Sui primi dieci giovani che aderirono a “La Dieci”, nove morirono dopo aver confessato a don Didimo di essere pronti a dare tutto per la causa». Un fatto che spaventò il sacerdote, il quale vedrà il frutto di questo martirio solo vent’anni dopo. «Frutto ancora copioso, anche perché “La Dieci” prosegue tutt'ora raccogliendo quanti, vivendo una vita ordinaria, vogliano contribuire alla causa».
Nel 1962, appunto, dopo aver attirato tanti giovani alla fede, il sacerdote, spinto da un famoso avvocato italiano, Francesco Carnelutti, che lo invita a cominciare sebbene non ci fosse alcuna struttura adatta ad accogliere i ragazzi, raduna i primi quindici cui chiede di tornare con altri cinque amici a testa come condizione per fondare il Comune: «Così fu e da allora il Comune è strutturato così: c’è un sindaco eletto da tutti i membri (oggi 130), un segretario e i ministri: si va da quello dello Sport, a quello delle Finanze, degli Esteri, della Musica, della Preghiera e altri ancora. A fondamento di tutto le attività formative e catechetiche, in cui fede e cultura vanno di pari passo. Ma alla base di dell'opera c'è appunto “La Dieci”, il canale d’acqua viva che nessuno vede ma senza cui ogni cosa morirebbe».
I ragazzi che appartengono al “Comune dei Giovani”, stanno preparando la festa di fine anno in mezzo al parco cittadino, dove si sono dovuti spostare nel 1992, quando, dopo la morte di don Didimo, «fummo allontanati dalla parrocchia. Fu dura, ma le avversità di questi anni ci hanno uniti e costretti a uscire e così a incontrare la città», spiega Andrea. Fra i ragazzi c’è Alberto, 23enne studente di economia e sindaco del Comune: «Venivo sin da piccolo con alcuni amici a giocare a calcio, poi a 15 anni mi sono iscritto al Comune come membro votante. Ho collaborato con diversi ministeri, maggiorenne mi hanno suggerito di candidarmi e sono diventato sindaco: ogni due settimane ci riuniamo in consiglio per confrontarci sui temi di attualità e per formarci, sempre legati alla “Scuola di Cultura Cattolica” e agli adulti che ci hanno preceduto e che rappresentano la nostra tradizione. In modo da poter educare a nostra volta i più piccoli».
Il segretario del Comune, Andrea, ventunenne iscritto a economia, aggiunge che «qui si impara usare il tempo libero per costruire una cosa grande e utile a tutti. Imparo ad appartenere scoprendo che la libertà consiste in questo legame». Alberto conferma che «quello che apprendo qui, dal catechismo fino ai giudizi culturali su quanto sta avvenendo nel mondo, secondo la visione cristiana e profondamente umana della vita, mi aiuta ad affrontare tutto: non saprei studiare come studio, né stare di fronte ai miei compagni con l’apertura a cui vengo educato qui».
Secondo Marina, 27 anni, impiegata e ministro degli Esteri, (tiene i rapporti con la città e con la Diocesi, oltre ad occuparsi delle realtà amiche), «lo scopo del Comune è educare i giovani alla fede, a costruire insieme e a capire che per vivere ci vuole la compagnia della Chiesa con una missione visibile a tutti. Senza questo luogo la mia fede sarebbe rimasta astratta, una cosa che vivi in chiesa e che non ha incidenza nella vita. Mentre, come diceva don Didimo, “prima della Messa il catechismo”, altrimenti non capirai ciò che fai e la fede non c’entrerà nulla con la vita. Lo comprendo bene, perché in un momento dove tutti negano la verità sulla sessualità e la famiglia, la formazione mi salva dalla menzogna». Oltre alle catechesi e alle attività ludiche, sportive e di preghiera, a cui partecipano oltre 500 giovani, ci sono i campeggi estivi, le uscite e gli incontri culturali.
Parallelamente i fuoriusciti dal Comune, che vanno dai 31 agli 80 anni, partecipano alla “Scuola di Cultura Cattolica”, organizzando conferenze, convegni, presentazioni di libri e conferendo un premio internazionale a personalità di spicco, come Joseph Ratizinger, don Luigi Giussani, Eugenio Corti, Mary Ann Glandon, monsignor Carlo Caffarra e monsignor Luigi Negri. Dopo anni di attività il Comune ha formato amministratori, sindaci, consiglieri in grado di costruire il bene comune, perché, continua Andrea, «è solo se il catechismo funziona che la famiglia, la società e la cultura funzionano, sosteneva don Didimo». A sentire parlare i ragazzi di amore al bene comune, alla fede, all'educazione e alla verità. A vederli vivere un’amicizia semplice, certi di quanto sperimentano, in un mondo smarrito e infragilito dal relativismo, si capisce quello di cui il sacerdote era convinto: «La verità esercita un fascino enorme, più che la montagna, il mare e lo sport, su tutti i giovani», perché «nelle tenebre non si può progredire».
E ancora, «nella verità la ragione dell’uomo trova finalmente la propria dimensione, allora essa si apre. E mentre la verità rende possibile la comunione, la comunione rende viva la verità…allora la comunione diventa completa quando le persone sono riuscite a capire che amore alla verità e vita sono la stessa cosa, che sono infiniti, che sono una persona, Gesù Cristo, che noi siamo dentro questa persona».