Didattica a distanza, ecco i danni. E la chiamano normalità
Dal Gaslini di Genova ai dati scozzezi, dalla Francia all'Italian Journal of Pediatrics emerge che la maggioranza di giovani e bambini ha sviluppato problemi comportamentali e di regressione durante il lockdown e a causa della Dad. Ci sono poi le depressioni, lo stress, la mancanza d'aria, la deprivazione di sonno, l'ansia da separazione e una ridotta interazione con i genitori. I quali accettano il "sacrificio" pensando che passerà. Peccato solo che i media non facciano che parlare di «nuova normalità».
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Finalmente abbiamo qualche dato che ci permetta di rispondere a una importante domanda: quali sono gli effetti del lockdown e della Didattica a distanza (Dad) su bambini e ragazzi?
Partiamo da una recente ricerca del Gaslini di Genova condotta su 6800 soggetti in tutt’Italia. Emerge che «nel 65% e nel 71% dei bambini con età rispettivamente minore o maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione. Per quel che riguarda i bambini al di sotto dei sei anni i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione). Nei bambini e adolescenti (età 6-18 anni) i disturbi più frequenti hanno interessato la “componente somatica” (disturbi d’ansia e somatoformi come la sensazione di mancanza d’aria) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di riveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa)».
Faccio presente che «difficoltà di addormentamento, difficoltà di riveglio» sono in genere associate a una tendenza depressiva, mentre i «disturbi del sonno» sono ormai considerati tipi della prolungata esposizione a schermi elettronici. Infatti il movimento, i colori forti, la luce violenta e le onde elettromagnetiche alterano i cicli circadiani, riattivando l’organismo. Tornando ai ragazzi tra i 6 e i 18 anni, «è stata osservata una significativa alterazione del ritmo del sonno con tendenza al "ritardo di fase” (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino), come in una sorta di “jet lag” domestico. In questa popolazione di più grandi - prosegue la ricerca del Gaslini - è stata inoltre riscontrata una aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore».
Una rassegna mondiale ha riscontrato, nei ragazzi tra i 6 e i 18 anni, l’emergenza di una serie di atteggiamenti causati dal lockdown: incertezza, paura e isolamento; disturbi del sonno, incubi, inappetenza, agitazione, inattenzione (non disattenzione: inattenzione) e ansia da separazione.
In Scozia il lockdown sembra aver provocato sintomi simili a quelli del PTSD (sindrome post-traumatica da stress), in genere causato da un evento traumatico, catastrofico o violento. In genere, il PTSD è la sindrome dei soldati coinvolti in combattimenti pesanti. Oltre a questo, sono stati rilevati stress, preoccupazione, ansia e senso di solitudine. In Francia: stress, depressione e ansia.
A tutto questo vanno aggiunti i danni, non sperimentalmente rilevati, provocati dalla mancanza di sport e movimento, fondamentali per uno sviluppo psico-fisico equilibrato dei ragazzi; e la deprivazione di sole e aria aperta. Conosciamo anche l’importanza del gruppo dei pari nello sviluppo dei minorenni; ma non possiamo ancora dire quali saranno le conseguenze della sua deprivazione.
Concentriamoci ora sulla Dad. Avviene tramite un media device (computer, tablet o cellulare) e può svolgersi tramite trasmissione dal vivo o registrata. Io stesso sto sperimentando questa forma didattica e posso assicurare che il tempo di attenzione, rispetto alla modalità «in presenza», crolla drammaticamente nella versione «live» (figuriamoci in quella registrata). Se poi ci aggiungiamo le difficoltà tecniche legate alla connessione, alla «tenuta» dei programmi e alla funzionalità delle periferiche (web-cam, microfoni, cuffie…), possiamo avere un’idea del livello di questa forma didattica. Per non parlare degli scherzi («Prof, non sentoooooo!!!») e dell'incombente presenza dei genitori.
Come se tutto questo non bastasse, dobbiamo aggiungere a questo disagio anche gli effetti dell’uso dei media device per molte ore al giorno (qualcosa ci ha già detto la ricerca del Gaslini). L’Italian Journal of Pediatrics ha pubblicato una rassegna sulle ricerche che riguardano l’uso di questi apparati nei bambini sotto i sei anni. Ne risulta una importante riduzione dei punteggi in matematica e nell’attenzione, con una importante perdita di efficienza. Abbiamo inoltre: obesità, sedentarietà, comportamenti alimentari dannosi, mal di testa, problemi al collo e alle spalle; disturbi del sonno (li abbiamo già incontrati); danni agli occhi (fatica, irritazione e secchezza degli occhi); infine, una ridotta interazione tra i bambini e i genitori. Tutto questo, come abbiamo detto, riguarda i bambini in età pre-scolare; ma per quale motivo questi effetti non dovrebbero riguardare i ragazzi in età scolare che usufruiscono della Dad?
A quanto ne so, molti genitori possono confermare tutto ciò che la ricerca ha rilevato. Insomma: il quadro è preoccupante, per non dire drammatico. I genitori accettano tutto questo perché sono convinti che si tratti di un sacrificio temporaneo, in attesa di tornare alla normalità: scuola in presenza, giochi, relazioni, aria aperta e sano movimento. Non vorrei deludere nessuno, ma i media, all’inizio di questa faccenda, hanno lanciato una nuova parola d’ordine: «Nuova normalità». Il complottismo non piace a nessuno, quindi l’uso contemporaneo e massiccio di questa locuzione sarà sicuramente un caso: un’idea venuta improvvisamente e contemporaneamente a politici e giornalisti. Anche se fosse: perché non credergli? E se questa fosse davvero la «nuova normalità»? Se davvero stessimo sperimentando la «nuova scuola» (oltre alla «nuova sanità»)?
Potrebbe essere. Cari genitori: avete mai preso in considerazione l’home schooling?