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EDITORIALE

Dialogo? Attenti agli interlocutori

Dialogo con l'islam necessario per isolare gli estremisti: è il tema del giorno. Ma perché il dialogo interreligioso istituzionale si limita soltanto a rappresentanti dell'UCOII, che ha chiari legami con la Fratellanza musulmana e con pensatori "pericolosi"? L'ultimo caso al Convegno della Chiesa italiana a Firenze.
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Editoriali 20_11_2015
Izzeddin Elzir, presidente UCOII

I recenti attentati hanno riproposto come è logico il tema del confronto con l’islam. “Dialogo” è la parola d’ordine. E fin qui va bene. Ma il problema sorge quando si tratta di individuare gli interlocutori. Se ne è avuta l’ennesima conferma nel recente Convegno della Chiesa italiana svoltosi a Firenze, dove a prendere la parola per l’islam è stato Izzeddin Elzir, nella sua veste di imam di Firenze. Parole anche condivisibili le sue quando ha parlato di «camminare insieme», di umiltà nel rapportarsi; o quando ha affermato che «solo un confronto dal basso può creare una nuova cultura dove l’altro è visto come una risorsa e una ricchezza, e non come un nemico o una minaccia»; o ancora nell’affermare che «l’estremismo, il terrorismo può essere vinto solo lavorando insieme, costruendo ponti e non muri». 

Ripeto, parole condivisibili, tuttavia ancora una volta si dimentica l’affiliazione di Elzir con l’Unione delle Comunità e delle Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOII) ovvero con un contesto ideologico ben definito e marcato, ovvero quello della Fratellanza musulmana che ha come principali istituzioni europee di riferimento la Federazione delle Organizzazioni Islamiche in Europa (FIOE), con sede a Bruxelles, e lo European Council for Fatwa and Research, con sede a Dublino e guidato dal controverso ideologo e teologo della Fratellanza Yusuf Qaradawi. 

Stupisce che il dialogo interreligioso istituzionale, sia a livello politico che religioso, si limiti quasi esclusivamente all’UCOII e ai suoi rappresentanti. Non v’è dubbio alcuno circa il radicamento sul territorio, considerato che l’UCOII gestisce un cospicuo numero di centri islamici nel nostro paese; e visto che già nell’ottobre 2014 a Bologna l’UCOII ha deciso di fondare un Consiglio per il Dialogo Interreligioso «per organizzare e gestire questa importante funzione spirituale e morale» e i cui «convenuti sono giunti da tutto il territorio nazionale, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia, uomini e donne motivati a costituire per la prima volta un simile organismo». ma è anche importante considerare contenuti e protagonisti di questa associazione.

In occasione dell’evento costitutivo del Consiglio, ad esempio, è stato presentato il progetto da parte del «responsabile del dipartimento del dialogo nel direttivo, dott. Aach. Youssef Sbai», «del presidente del consiglio dei delegati il dott. Moustafa Baztami, e del comitato scientifico composto dalla dott.essa Sumaya Abdel Kader, dott.essa Nibras Bregheich, dr. ing. Nader Akkad, dott. Kamel Ayachi e Sig. Yassin Lafram». Alcuni di questi nomi riportano alla galassia europea della Fratellanza. 

Prima fra tutte Sumaya Abdel Kader, figlia dell’imam di Perugia Mohammed Abdel Kader, che «nel 2001 è tra i fondatori dell’Associazione Giovani Musulmani d’Italia, ne ricopre la carica di Segretario Generale e di Vice Presidente per due mandati; oggi è responsabile dell’area culturale del CAIM (Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano e Monza e Brianza), è stata membro direttivo del Femyso (Forum of European Muslim Youth and Student Organizations) dal 2003 al 2005, mentre oggi è membro del Comitato dei Garanti di quest’ultimo; membro direttivo del Efomw (European Forum of Muslim Women) dal 2010 ad oggi. Ultimo, ma non meno importante, è la responsabile del Dipartimento Youth & Students della FIOE. 

Altro membro del Comitato scientifico del Consiglio per il Dialogo è un’altra giovane donna: Nibras Breigheche, figlia di Abulkheir Breigheche, co-fondatore dell’UCOII ed ex presidente di Alleanza Islamica e attualmente presidente della comunità islamica del Trentino. Nibras è l’unica donna membro dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose, che fa parte dei partners dell’UCOII, guidata dal controverso predicatore di origine giordana Riadh Boustanji che nel giugno 2012 ha dichiarato alla televisione di Hamas AlAqsaTV: «Ho portato mia figlia a Gaza affinché possa imparare dalle donne di Gaza come crescere i figli al jihad, alla ricerca del martirio e all’amore per la Palestina». 

È alquanto imbarazzante sapere che il dialogo interreligioso è affidato a un’associazione che non ha preso le distanze né ha allontanato Boustanji a seguito di queste dichiarazioni. D’altronde nel dicembre 2014, l’Associazione figurava tra i firmatari di un appello a sostegno di Yusuf Qaradawi nel momento in cui venne inserito tra i Red Alert dell’Interpol. Il legame del Consiglio per il Dialogo con Qaradawi è confermato dalla presenza all’evento di Bologna dello «shaikh Amine Al-Hazmy, membro del Consiglio europeo delle ricerche e la fatwa e imam della moschea di Brescia».

Il riferimento ideologico a Qaradawi e all’istituzione da lui presieduta in Europa, dovrebbe per lo meno allertare i responsabili del dialogo. Ebbene, a prescindere dalle ben note posizioni del teologo di Al Jazeera sugli attentati suicidi in Israele che egli definisce legittima resistenza, basterebbe scorrerne il testo fondamentale per coglierne la pericolosità: “Il lecito e l’illecito nell’islam” (al-Halal waal- haram fi al-islam).

È un esercizio utile per conoscere le linee fondamentali del suo pensiero. Iniziamo dalla definizione di illecito che a suo parere non è rivolta ai soli musulmani, ma a tutta l’umanità in quanto l’islam è la religione naturale dell’uomo: «L’illecito nell’islam si caratterizza per la generalità e la continuità. Non c’è cosa vietata al non arabo e permessa all’arabo. Non c’è cosa vietata al nero e permessa al bianco. Non c’è permissione o autorizzazione accordata a una classe oppure a un gruppo religioso che permette loro di commettere, in loro nome quel che dettano le loro passioni con il pretesto che sono dei sacerdoti, dei pontefici, dei re o dei nobili. Anzi non c’è alcuna differenza tra i musulmani che renda loro lecito quello che è vietato a altri. Assolutamente! Perché Allah è il Signore di tutti e la legge coranica si impone a tutti. Tutto quello che Allah ha permesso nella Sua legislazione è permesso a tutto il mondo senza eccezione e tutto quello che ha vietato è vietato a tutti fino al giorno della Resurrezione». Nel testo segue poi la trattazione di quanto è lecito e illecito non solo per il musulmano, ma anche per il resto dell’umanità, che in Qaradawi diventa «umma-nità». Accanto ai divieti più noti quali il divieto di consumare bevande inebrianti, carne di maiale, di giocare d’azzardo vengono trattati altri argomenti. 

Ad esempio l’omosessualità: «Per completare le regole islamiche riguardanti l’istinto sessuale, ci resta da vedere che l’islam ha vietato anche l’omosessualità…». Si spiega che per l’omosessuale è prevista la morte, al pari della fornicazione, e si conclude: «Questa severità che sembrerebbe inumana non è che un mezzo per depurare la società islamica da questi esseri nocivi che non conducono che alla perdita dell’umanità».

Nel saggio in questione si elencano i tre casi in cui non è più vietato uccidere: 

«1. Il crimine premeditato. Se si hanno delle prove sicure che una persona ha ucciso qualcuno, bisogna applicargli la legge del taglione: la vita per la vita. Il male è combattuto con il male e ‘colui che commette l’aggressione è il più ingiusto’ (“Nel contrappasso c’è una possibilità di vita”, Corano II, 179) 

2. Il compimento provato dell’atto immorale della fornicazione da parte di un musulmano. È necessario che quattro uomini fra i più integri, testimonino che hanno visto i fornicatori compiere quest’atto. […]

3. L’apostasia dall’islam dopo averlo abbracciato e il dirlo apertamente per sfidare la società islamica. L’islam non impone a nessuno di diventare musulmano, ma non tollera che si giochi con la religione […] Così il Profeta – su di lui la pace e la benedizione di Allah – ha limitato il permesso di uccidere a questi tre casi. Ha detto: ‘Non è permesso uccidere un musulmano che in uno di questi casi: se ha ucciso qualcuno, se ha commesso adulterio, se ha apostatato dalla sua religione e lasciato la comunità’ (unanime)».

Basterebbe questo paragrafo per comprendere la pericolosità del pensiero di Qaradawi e soprattutto l’incompatibilità con i valori fondanti non solo della Costituzione francese, ma anche della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea dove all’articolo 6 si legge «Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza» e all’articolo 10 comma 1: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza». 

La stessa Carta europea all’articolo 9 recita: «Il diritto di sposarsi e il diritto di costruire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio». Al contrario ne “Il lecito e l’illecito nell’islam” si legge: «È vietato alla musulmana di sposare un non musulmano, sia o no della gente del Libro. Questo non può in alcun modo essere permesso e citiamo le parole di Allah a riguardo: ‘Non sposate le [donne] associatrici, finché non avranno creduto, ché certamente una schiava credente è meglio di una associatrice, anche se questa vi piace. E non date spose agli associatori, finché non avranno creduto, ché, certamente, uno schiavo credente è meglio di un associatore, anche se questi vi piace. Costoro vi invitano al Fuoco, mentre Allah, per Sua grazia, vi invita al Paradiso e al perdono. E manifesta ai popoli i segni Suoi, affinché essi li ricordino’ (II, 221). […] perché l’uomo è il padrone della casa. È lui che sta attento agli interessi della donna e che ne è responsabile. L’islam alla sposa ebrea o cristiana, all’ombra del marito musulmano, ha garantito la sua libertà di coscienza e ha protetto con la sua legislazione e le sue direttive i suoi diritti e la sua libertà, invece un’altra religione, come quella cristiana o ebraica, non garantisce alcuna libertà di coscienza alla donna di fede diversa e non le garantisce i suoi diritti. Come può l’islam lasciare all’avventura l’avvenire delle sue figlie e buttarle tra le mani di gente che non ha alcun rispetto e alcuno scrupolo per la loro religione?». Anche in questo caso parole inequivocabili, cui si vanno ad aggiungere la liceità della poligamia, di ricorrere alla forza se la moglie disubbidisce e così via. 

Quindi se Qaradawi, come sembra, è uno dei principali riferimenti teologici dell’UCOII e di chi la presiede, sorge per lo meno qualche dubbio sull’onestà degli intenti che appaiono più come un tentativo di apparire moderati e aperti, sottacendo le divergenze e soprattutto problemi veri quali il divieto per la musulmana di sposare un non musulmano, se non previa la conversione, ma soprattutto la sacralità della vita di tutti senza se e senza ma. 

Va bene il dialogo, ma bisogna anche sapere con chi si sta parlando per individuare gli interlocutori giusti.