Diabolik, chi sei? Bagattelle (critiche) per un amarcord
La mostra milanese su Diabolik evoca ricordi e alcune considerazioni sul personaggio creato dalla fantasia delle sorelle Giussani. Diabolik ruba ai ricchi, per la ragione che sono quelli che hanno i soldi. Ma non li dà ai poveri, mica è Robin Hood. Ma altre caratteristiche ne fanno un personaggio unico e discutibile…
La grande mostra milanese su Diabolik evoca ricordi personali di cui voglio mettere a parte il lettore. È la mia lettura preferita e non mi perdo un numero fin dal 1962, anno in cui il Re del Terrore esordì nelle edicole. Oddìo, qualche numero, in effetti, me lo sono perso, tant’è che lo stesso direttore del fumetto in questione ha dovuto tirarmi le orecchie in tivù senza nominarmi, limitandosi a lamentare l’ignoranza di “certa stampa”.
Fu quando, diversi anni fa, Il Giornale pubblicò in prima pagina un mio commento sulla deriva politicamente corretta dell’Eroe, il quale, nel numero di Capodanno, prendeva le difese della filosofia Lgbt. Lui, il “macho”. Ricordai, in quell’occasione, i trascorsi “comunisti” del Ladro in Calzamaglia, in un’avventura in cui praticamente elogiava la rivoluzione maoista in Cina. E rammentai che, unico fumetto italiano, ai tempi del referendum sul divorzio pubblicava nella seconda di copertina di ogni numero il suo aperto schierarsi per il divorzio. Terminai il mio pezzo commemorativo sottolineando sarcasticamente che, prima o poi, Diabolik avrebbe finito per laudare l’eutanasia.
Ebbene, fu proprio questo che mi inchiodò: nell’intervista televisiva «certi giornalisti» superficiali e disinformati venivano stigmatizzati perché la lode dell’eutanasia Diabolik l’aveva già fatta. Mi morsi le mani: dopo aver letto centinaia di avventure del Re del Terrore, proprio quella mi era sfuggita. Va dato atto, comunque, agli editori di aver correttamente spiegato ai lettori che il fumetto intendeva rimanere nel solco ideologico delle sorelle Giussani, ideatrici del personaggio. Appartenenti all’alta borghesia milanese, professavano la filosofia che allora si chiamava radical-chic e oggi si chiama politicamente corretta.
Infatti, Diabolik ruba ai ricchi, per la logica ragione che sono quelli che hanno i soldi. Ma non li dà certo ai poveri, mica è Robin Hood. No, da buon liberal se li tiene, per andare continuamente in crociera con la sua convivente. Cuore a sinistra, ma portafogli a destra. E giù con le sue campagne pubblicità-progresso contro l’abbandono degli animali, la guida spericolata, etc. Quando i liberal riusciranno a depenalizzare le droghe, non abbiamo dubbi su quel che farà il Nostro. C’è da dire che, dato come vanno le cose, lo spazio di intervento del Genio del Male si è sempre più ridotto, tant’è che ormai è una specie di pantofolaio casalingo, votato alla monogamia indissolubile.
L’imbarazzo dei disegnatori che devono ritrarlo sorridente è spesso palpabile. Genio, comunque, lo è davvero: è un genio della chimica, della robotica, della meccanica, dell’informatica, delle arti marziali, dell’escapismo, della gemmologia, della recitazione, dell’imitazione delle voci… E pure la sua compagna. A volte mi chiedo, però: se mia moglie fosse Eva in maschera, come farei a non accorgermene? Le persone hanno tic, modi di fare, espressioni tipiche, odori peculiari, per dire il meno. E, anche se vestite, le mani, le unghie? Più coerentemente lo sfigurato Darkman del film del 1990 con Liam Neeson calzava maschere di se stesso o di sconosciuti. Senza contare che, d’estate, una maschera di plastica fa sudare chi la indossa. E insospettisce chi vede che quella faccia non suda.
La tuta nera, poi. A volte se la mette, altre no. Eva partecipa in completo nero. Però, di notte, il suo viso pallido e la testa bionda non li copre. Boh. Dopo decenni si è scoperto che l’unica apertura della tuta di Diabolik è quella per gli occhi. Però! Neanche l’odierno spandex ha una simile elasticità! Ancora: nel tempo, da una tuta normale si è passati a una che mostra le espressioni facciali, tanto che Lui sembra solo verniciato. In una pubblicità lo si vede baciare Eva à la françoise senza togliersi il cappuccio! E i guanti della tuta, non tolgono sensibilità alle dita? Passi per Batman, che non deve lasciare impronte digitali. Ma Diabolik?
E che dire della Jaguar? Non ha neanche i poggiatesta, figurarsi se può ospitare marchingegni per ruote telescopiche o serbatoi per lanciafiamme. Una volta, per curiosità, mi sono seduto dentro a quel modello: sembra di stare in una 500 vecchio stile. E poi mi chiedo: i lavori ciclopici nei suoi rifugi, sui ponti, sulle strade e le rupi, li fa tutti da solo? E dove lo trova il tempo? Nessuno si accorge dell’acquisto abnorme di materiale? Di più: perché l’ispettore Ginko non fa ispezionare una buona volta a tappeto tutte le villette isolate del territorio? E quante Jaguar Type E nere d’epoca esistono nello stato di Clerville?
Ovviamente scherzo. Sennò, bisognerebbe contare tutte cicatrici “di striscio” di Tex e le migliaia di cattivi da lui ammazzati dal dopoguerra a oggi. É ozioso pure chiedersi come fa Superman a volare. Eh, quando il successo di un eroe mirabolante supera gli “anta” è difficile accudirne a puntino la plausibilità.