Devozione e preghiera - Il testo del video
Sono questi gli atti interni della virtù di religione, e come tali sono legai al culto di Dio. La devozione è un dono che Dio fa all’uomo, ma deriva anche dalla meditazione. Con la preghiera rendiamo onore a Dio e lo riconosciamo come Signore buono e onnipotente. Gli errori sull’importanza della preghiera.
Stiamo parlando della VIRTÙ DI RELIGIONE e abbiamo visto come questa virtù abbia una sua specificità nella attinenza al culto di Dio, al servizio di Dio, attraverso atti interni ed esterni.
- Tema odierno: quali sono questi ATTI INTERNI della virtù di religione?
San Tommaso ne parla nelle quaestiones 82 e 83: sono la DEVOZIONE e la PREGHIERA O ORAZIONE.
- Che cos'è la devozione? (Quaestio 82)
Devozione deriva dal termine latino devovere che significa CONSACRARE. Storicamente questo termine, all'interno della cultura e della religione romana, si riferiva a coloro che si immolavano agli idoli per scongiurare un pericolo, soprattutto in battaglia, e salvare in qualche modo la patria o l'impero. A partire da questo sfondo, san Tommaso presenta la devozione, come atto interno della religione, con la seguente definizione:
"Una volontà o volizione di dedicarsi prontamente alle cose attinenti al servizio di Dio".
La devozione ha a che fare con la volontà; noi sappiamo che la virtù si radica proprio nella volontà e dà all'uomo una inclinazione, che diventa un abito; così ci dedichiamo prontamente al bene al punto tale che la volontà è pronta e facilmente propensa a compiere questo bene.
Nel caso della devozione a che cosa è pronta la volontà? Alle cose attinenti al CULTO DI DIO. Nell'articolo secondo, san Tommaso spiega perché la devozione sia un atto di religione. E spiega che essa non riguarda in generale la prontezza di riferirsi a Dio, di amare Dio e dedicarsi a Lui, ma riguarda propriamente il culto ed il servizio di Dio.
Infatti nella prima delle risposte alle difficoltà, san Tommaso specifica che "alla carità spetta di far sì che l'uomo si doni a Dio aderendo a lui secondo una certa unione spirituale".
Invece la religione ci rende pronti a compiere atti propriamente di culto e di servizio a Dio. Questa predisposizione al culto di Dio chiaramente è animata dalla carità; san Tommaso infatti dice che la virtù di religione, ed in particolare la devozione, "ha il suo principio nella Carità". Dentro alla carità, che è più ampia, ci sta dentro la virtù di religione, esattamente il contrario del “cristianesimo moderno” che ha espulso la religione, cioè gli atti del culto e del servizio di Dio, dalla carità.
- Quale è la causa della devozione?
Sicuramente e principalmente la grazia di Dio: la devozione è un dono che Dio fa all'uomo. C'è però anche una CAUSA INTRINSECA alla devozione, che sta nella meditazione o contemplazione.
" La devozione, infatti, come abbiamo notato, è un atto della volontà, che consiste nell'essere pronti a dedicarsi al culto di Dio. Ora, ogni atto della volontà deriva da qualche considerazione, poiché oggetto della volontà è un bene conosciuto dall'intelletto: cosicché S. Agostino insegna che il volere nasce dall'intendere. Dunque è necessario che la meditazione sia causa della devozione: poiché l'uomo concepisce il proposito di consacrarsi al culto di Dio mediante la meditazione" (art. 3).
Se infatti l'intelletto non è nutrito da quella verità rivelata su Dio, sulla salvezza, sull'uomo... come può la volontà piegarsi prontamente verso quel bene, e dunque agire con devozione?
Due sono i grandi temi della meditazione:
1. La bontà di Dio, la sua sapienza, le perfezioni divine ed i suoi benefici, così come ci vengono presentati nella Rivelazione. Questa devozione causa la gioia spirituale.
2. La condizione dell'uomo, in particolare la fragilità e la miseria dell'uomo, perché questo rimuove da noi quell'autosufficienza che ci porta a fidarci di noi stessi e ci rende invece pronti ad affidarci a Dio. Questo causa invece tristezza e gioia insieme: tristezza a motivo della nostra condizione, ma anche quella gioia che nasce dalla speranza nel soccorso di Dio.
- La quaestio 83, parla invece dell'altro grande atto interno alla virtù di religione che è la preghiera o orazione.
San Tommaso spiega che con la preghiera noi rendiamo onore a Dio, non solo perché formuliamo parole che lo glorificano e lo onorano, ma perché, pregando, noi Lo riconosciamo come Signore buono e onnipotente. Se da una parte infatti c'è l'uomo che prega, dall'altra parte c'è un Dio che è pronto ad ascoltare e ad esaudire perché è Buono, è Padre ed è Onnipotente. Dio viene riconosciuto per quello che è; dunque la preghiera gli rende onore. Per questa ragione la preghiera è un atto interno di religione.
L'articolo 2 della quaestio 83, risponde a tutta una serie di obiezioni alla preghiera, che sono di grande attualità. Oggi come un tempo, gli uomini sollevano le stesse obiezioni sull’importanza e utilità della preghiera e incappano negli stessi errori.
ERRORE 1.
Alcuni pensarono che le cose umane non sono governate dalla provvidenza divina. E da ciò segue che la preghiera, come qualsiasi culto verso Dio, è cosa vana.
ERRORE 2.
Al secondo posto troviamo l'opinione di quanti affermavano che tutto avviene per necessità, anche nelle cose umane: sia per l'immutabilità della provvidenza divina, sia per il determinismo degli astri, sia per la concatenazione delle cause. E anche per costoro si esclude ogni utilità della preghiera.
ERRORE 3.
Il terzo errore fu l'opinione di coloro che, ritengono che Dio non cambi opinione; perciò è inutile pregare.
La risposta di Tommaso a questi errori è molto precisa e profonda. Anzitutto, “per chiarire la cosa si deve riflettere che la divina provvidenza non solo dispone gli effetti da produrre, ma anche le cause e l'ordine con cui devono essere prodotti. E tra le altre cause per certi effetti ci sono le azioni umane. Quindi è necessario che gli uomini compiano certe cose, non per cambiare coi loro atti le disposizioni divine, ma per attuare così codesti effetti secondo l'ordine prestabilito da Dio”. Per esempio, la procreazione. Dio ha disposto che gli uomini compiano certi atti per porre in essere l’effetto di una nuova vita.
“E questo vale anche per la preghiera. Infatti noi preghiamo non allo scopo di mutare le disposizioni divine: ma per impetrare quanto Dio ha disposto di compiere mediante la preghiera dei santi".
Forse non ci pensiamo mai, ma la preghiera è una causa che muove le cose e gli eventi; e Dio ha disposto che un certo effetto buono e retto, avvenga mediante una causa umana, che in questo caso è la preghiera. Pensate al miracolo di Cana di Galilea: nell’ordine voluto da Dio, l’intercessione di Maria precede il miracolo e ne è perciò una causa.
San Tommaso inoltre risponde ad altre tre obiezioni. Anzitutto spiega che non si prega Dio per svelargli i nostri bisogni, in quanto Dio già li conosce tutti, ma per chiarire bene a noi stessi che bisogna ricorrere all'aiuto di Dio. Dunque la preghiera non “serve” a Dio ma a noi.
In secondo luogo, ribadisce quanto spiegato prima e cioè che la preghiera ottiene ciò che Dio ha disposto e precede come causa l'ottenimento di un effetto. Questo è l’ordine voluto da Dio: di concedere delle grazie a motivo della preghiera.
Terzo. Dio nella sua bontà dà anche se non chiediamo. Vero, ma questa non è una obiezione al pregare. È per il nostro bene infatti che alcuni benefici (non tutti!) Dio li condizioni alla nostra preghiera, affinché impariamo ad aver fiducia di Lui e a riconoscere che Egli è la causa dei nostri beni.