Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Vincenzo de’ Paoli a cura di Ermes Dovico
Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

Dietro le finzioni

Democrazia digitale, paravento dell’aristocrazia elettorale

La carta di identità digitale e la possibilità che le piattaforme siano controllate collocano la democrazia digitale, promossa da alcuni politici (come Gilles Mentré in Francia), nel contesto del nuovo totalitarismo elettronico.

Dottrina sociale 17_09_2024
Licenza CC

Nel gennaio 2024 è uscito in Francia un libro di Gilles Mentré dal titolo I due poteri. La democrazia diretta in soccorso della democrazia partecipativa (Gallimard). Se ne occupa l’ultimo numero della rivista francese Catholica. L’autore, che ha anche fondato un suo partito che si chiama “Il Centro”, sembra mosso da finalità politiche: egli sostiene infatti che quando si dà la parola direttamente al popolo tramite forme di democrazia diretta, come sono per esempio i referendum, l’esito rifiuta gli estremisti e le espressioni di voto si collocano sempre al centro. A parte queste motivazioni legate ad obiettivi politici personali e diretti, l’autore ritiene che con l’aiuto della tecnologia informatica si possa ridare forma alla democrazia diretta e si possa anche migliorare quella rappresentativa.

Secondo lui il voto elettronico può far rivivere l’ideale dell’agorà greca, permettere una vera democrazia diretta e conoscere istantaneamente il parere degli elettori, mentre l’intelligenza artificiale può riconoscere ed eliminare le fake news che falserebbero la democrazia. Naturalmente il tutto va rinforzato mediante la carta di identità digitale e l’uso di piattaforme sicure e indipendenti. Tra gli esempi attuali indicati come validi c’è la democrazia di Taiwan. In questo Paese si indice un referendum quando solo l’1,5 per cento degli elettori lo richiede e la tecnologia permette quindi un esercizio frequente di democrazia diretta.

Ma la democrazia digitale garantisce veramente un miglioramento della vita politica? A Taiwan due referendum hanno dato esiti contraddittori, uno di essi nel 2018 ha scelto l’uscita dal nucleare e l’altro nel 2021 la costruzione del quarto reattore dell’isola. Cosa succede poi se un referendum diretto privasse le minoranze dei loro diritti? Secondo il nostro autore bisognerebbe fare come la Slovenia, dove la Corte suprema ha riconosciuto il “matrimonio omosessuale” dopo che un referendum lo aveva bocciato a grande maggioranza. In questo caso però una oligarchia di giudici correggerebbe il popolo. Nella democrazia rappresentativa il conteggio dei voti avviene materialmente con la partecipazione di cittadini, nella democrazia digitale sarebbe invece svolto da un piccolo gruppo di esperti. La carta di identità digitale e la possibilità che le piattaforme siano controllate collocano la democrazia digitale nel contesto del nuovo totalitarismo elettronico che si fonda su un fideismo tecnologico. Si tratta, insomma, di un insieme di idee non collegate con i contenuti della politica, che riguardano il bene comune. Infatti, l’autore celebra come buon esempio di questa democrazia l’Irlanda che in due referendum ha legalizzato il “matrimonio omosessuale” nel 2015 e l’aborto nel 2018.

Stefano Fontana