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DI NUOVO AL SENATO

Ddl Zan, tra il riciclo dello Scalfarotto e l’affossamento

Oggi torna in aula, a Palazzo Madama, il Ddl Zan, su cui pende la “tagliola” richiesta da FdI e Lega che potrebbe affossare il testo liberticida. Dopo la resa di Letta, i renziani rilanciano il Ddl Scalfarotto approvato alla Camera nel 2013, che però non piaceva né ai Cinque stelle e ai Dem più liberal né tantomeno, per opposti motivi, al centrodestra.

Attualità 27_10_2021

Passata l’estate e anche le elezioni, si torna a parlare di Ddl Zan. Oggi la legge sbarca di nuovo nell’aula del Senato. Si ricomincia in un clima ben diverso da quello in cui ci si era fermati: dopo aver tentato la prova muscolare, infatti, è stato lo stesso Enrico Letta ad invitare il Pd a trattare per arrivare a “modifiche non sostanziali”. Al segretario Dem spaventa la prospettiva di finire sotto nel voto a scrutinio segreto sulla richiesta di non procedere all’esame degli articoli avanzata da Fratelli d’Italia e Lega. È la cosiddetta “tagliola” che spaventa lo stesso Alessandro Zan, secondo cui, se questa proposta procedurale passasse, “la legge morirebbe”.

Non a caso, il deputato primo firmatario ha dismesso i toni barricaderi e ha accolto l’invito di Letta a trovare convergenze di altri partiti sul testo. L’apertura alle trattative suggerita da Letta nello studio ‘amico’ di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” è l’ennesima vittoria politica incassata da Matteo Renzi in questa legislatura. Il capo di Italia Viva, infatti, aveva indicato la strada della riformulazione del testo già da luglio, avvertendo il suo predecessore a Palazzo Chigi che senza dialogo la legge sarebbe morta. E ieri Italia Viva si è ripresa la scena nell’incontro a Palazzo Madama tra i capigruppo Davide Faraone e Maria Elena Boschi, la Dem Simona Malpezzi e lo stesso Alessandro Zan. La proposta dei renziani è quella di ripartire dal Ddl Scalfarotto approvato nel settembre del 2013 alla Camera e che non riuscì ad approdare in Aula al Senato per l’ostruzionismo a colpi di emendamenti in Commissione Giustizia da parte del centrodestra dell’epoca.

Una legislatura dopo, si replica uno schema simile ma con un testo più radicale in cui a dividere sono soprattutto le disposizioni sull’“identità di genere”, sulla cosiddetta norma salva-idee che apre le porte ad un’eccessiva discrezionalità del magistrato e sull’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia con cerimonie e iniziative nelle scuole.

Ieri, intanto, è andata in scena la riunione dei capigruppo convocata dal presidente leghista della Commissione Giustizia, Andrea Ostellari. Una riunione disertata da M5s e Leu che non accettano compromessi al ribasso. Se il voto sulla tagliola di oggi avesse luogo, come ripetuto sia da Pd che da Italia Viva, la legge rischierebbe davvero di essere affossata. I renziani, pur non minacciando di votare contro a scrutinio segreto, insistono sul Ddl Scalfarotto come testo di mediazione. A rigor di logica, però, quest’operazione potrebbe avere un senso solo se nelle file del centrodestra ci fossero uno o più gruppi disposti ad un accordo per dare il via libera al testo che porta il nome del sottosegretario renziano. Altrimenti anche il Ddl Scalfarotto si troverebbe ad affrontare la stessa carenza di numeri a Palazzo Madama che rischia di impantanare la proposta di Zan.

Quel testo, peraltro, non piaceva né ai Dem più liberal né agli stessi pentastellati che non lo avevano votato alla Camera per la presenza di un emendamento presentato da un ex deputato di Scelta Civica nel quale si escludeva il reato di omofobia all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, di religione o di culto.