Dat ai raggi X Dovere di uccidere per tutte le cliniche
Il Disegno di legge sulle Dat dopo l’esame alla Camera sta per approdare al Senato. Inquietante l’impossibilità anche da parte delle cliniche private convenzionate di sottrarsi alle richieste di eutanasia, che interesserà tutte le aziende ospedaliere cattoliche. Ma anche la sua ratio che passa dal diritto a morire al dovere di uccidere, violentando la retorica del diritto come malinteso principio di uguaglianza.
Il Disegno di legge sulle Dat dopo l’esame alla Camera sta per approdare al Senato. Da segnalare almeno due aspetti rilevanti del testo appena licenziato: l’obiezione di coscienza del medico – emendamento che chissà se resisterà fino al varo della legge – e di contro l’impossibilità anche da parte delle cliniche private convenzionate di sottrarsi alle richieste di eutanasia. Questo interesserà anche tutte le aziende ospedaliere cattoliche. Ciò significherà che l’ospedale cattolico, anche nel caso in cui tutti i suoi medici si avvalessero dell’obiezione di coscienza, dovrà comunque trovare, fosse anche attingendo a strutture esterne, un medico disposto a praticare l’eutanasia. Tradotto: i dirigenti di una struttura ospedaliera cattolica saranno costretti a cooperare a pratiche eutanasiche. Per loro infatti non è prevista l’obiezione di coscienza. Esattamente come avviene oggi con l’aborto.
Sull’articolato del disegno di legge comunque ci soffermeremo in un’altra occasione. Ora ci preme mettere sotto la lente di ingrandimento la ratio di questo Ddl, cioè lo scopo essenziale che persegue, la sua struttura intima normativa, la sua natura giuridica. Questo Testo unico interpreta in modo estensivo il diritto a morire, già previsto dal nostro ordinamento, ed introduce il diritto/dovere di uccidere. Spieghiamo il perché.
In accordo alla disciplina del consenso informato il paziente già ora può rifiutare qualsiasi tipo di terapie, comprese quelle salva-vita. Questa facoltà è un vero e proprio diritto soggettivo sia perché è una possibilità inserita in testi di legge e quindi legittimata come pretesa giuridicamente tutelata, sia perché la mancanza di consenso in sede civile è fonte di risarcimento per danni non patrimoniali e in sede penale porta all’imputazione di seri reati (violenza privata, lesioni gravi o gravissime, etc.), sia perché in capo al medico esiste il dovere di astensione di fronte alla mancanza di consenso e tale dovere non ci sarebbe se il paziente non fosse titolare di un corrispettivo diritto di non farsi curare. E dunque esiste un diritto a rifiutare trattamenti sanitari salva-vita, ergo esiste un vero e proprio diritto a morire (per un approfondimento su questo punto mi permetto di rinviare ad un mio articolo consultabile sul sito La legislazione penale: http://www.lalegislazionepenale.eu/?s=scandroglio )
Ora se esiste questo diritto significa che morire diventa un bene giuridico. E dunque tutte le modalità per morire sono un bene giuridico: procurarsi la morte e procurare la morte, cioè suicidarsi, aiutare qualcuno a farlo e uccidere. Dato che è un diritto/bene giuridico tale diritto non può conoscere limiti, né in riferimento alle categorie di persone che ne possono beneficiare, né in riferimento alle modalità per morire, né in riferimento alle circostanze e alle motivazioni che potrebbero legittimare l’accesso alla morte. Questa sequenza logica qui descritta è attuata dal Testo unico sulle Dat e, come accennato, trova il suo peccato originale nella disciplina del consenso informato già vigente nel nostro ordinamento.
In merito alle categorie di persone, sarebbe discriminatorio non riconoscere il diritto a morire a soggetti che non sono in grado di avvalersi da sé di simile diritto: vedi i neonati prematuri con gravi problemi di salute (l’eutanasia infantile è il naturale compimento dell’aborto procurato), i disabili mentali, le persone in coma o con sindrome non responsiva, i pazienti affetti da demenza, etc. Attualmente costoro vengono tutelati nei loro diritti patrimoniali, previdenziali, di salute, etc. perché questi diritti sono ritenuti oggettivamente dei beni giuridici. In ragione di ciò non si vede il motivo per cui negare loro l’eutanasia qualora si ritenesse che morire sia un bene oggettivo per loro. Non solo: il Ddl permette di sopprimere tutti questi soggetti, anche chi, come i bambini e ragazzi, hanno una naturale capacità di intendere e volere. E quindi permette di uccidere anche persone che con piena coscienza potrebbero rifiutare l’eutanasia. In breve si potrà uccidere con il consenso della vittima (secundum consensum), senza il suo consenso (praeter consensum) e addirittura contro il suo dissenso (contra consensum).
In merito alle modalità di soppressione ogni mezzo deve essere consentito affinchè si possa esercitare il diritto a morire: non iniziare terapie salva-vita (facoltà già permessa oggi e confermata dal Ddl), non iniziare idratazione e nutrizione (facoltà non permessa oggi, ma da Ddl sì), interrompere terapie salva-vita o idratazione e nutrizione (facoltà non permessa oggi, ma da Ddl sì). Unica modalità non ancora inserita nel Testo unico è l’iniezione letale e l’interruzione della ventilazione. Ma ci arriveremo per necessità logica.
In merito alle circostanze e alle motivazioni per poter morire, il diritto a morire – sempre per un malinteso principio di uguaglianza - non può escludere soggetti che versano in certe condizioni rispetto ad altri, né rifiutare l’eutanasia a chi avanza ragioni diverse rispetto ad altri. Questo è il quadro delineato dal Testo unico che non pone vincoli né di circostanze (es. stadio terminale della malattia o addirittura essere malati, etc.) né di motivazioni (es. presenza di dolori fisici o psicologici). Chiunque in qualsiasi condizioni versi, fosse anche solo depresso, e per qualsiasi motivo, fosse anche una delusione amorosa, potrà lasciarsi morire di fame e di sete e nessuno potrà intervenire.
Se dunque la ratio del disegno di legge sulle Dat è il diritto a morire, di necessità questa ratio non può conoscere ostacoli e deve essere attuata nel modo più esteso possibile. Non farlo sarebbe contraddire l’identità della stessa legge. E’ fenomeno già ampiamente verificato molte volte: la legge sull’aborto chirurgico ha portato all’aborto chimico in pillole e sta portando all’eliminazione dell’obiezione di coscienza perché rappresenta un oggettivo impedimento all’esercizio del diritto d’aborto; la legge sulla fecondazione artificiale ha condotto all’eliminazione di una serie di divieti quali la fecondazione eterologa, il numero massimo di embrioni che si potevano produrre per ogni ciclo, l’accesso a coppie fertili, la selezione eugenetica, la diagnosi genetica pre-impianto; la legge sul divorzio ha figliato quella sul divorzio breve; le unioni civili porteranno ai “matrimoni” gay. La natura di una legge esige il suo perfezionamento, la sua piena realizzazione.
Torniamo al Testo unico sull’eutanasia. Il diritto a morire si declina in due modalità: il diritto di togliersi la vita e il diritto/dovere di uccidere. Sono due le tipologie di soggetti titolari di quest’ultimo diritto: i genitori-tutori e gli ospedali- medici. I primi avranno un vero e proprio diritto di uccidere figli e incapaci (nulla di nuovo: il diritto di uccidere il figlio è già presente nella 194), ma non un dovere di farlo. Anche i medici avranno un diritto di uccidere perché facoltà legittimata da una norma di legge e rientrante nel loro munus professionale: sarà espressione dell’esercizio dell’attività medica tutelata giuridicamente. Ma accanto a questo diritto in capo alle strutture ospedaliere e quindi in capo ai medici sarà predicabile anche un vero e proprio dovere di dare la morte se così sarà richiesto dal paziente vigile, da quello non vigile ma che ha redatto le Dat al fine di voler morire, dai genitori e tutori.