Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
RECENSIONE

Dalla Cristiada il concetto di libertà religiosa

Il documento conciliare Dignitatis Humanae, sulla libertà religiosa, deve molto all'enciclica di Pio XI Firmissimam Constantiam (1937), dedicata alla difficile situazione della Chiesa in Messico dopo la Cristiada. Un libro dello storico Paolo Valvo fa rivivere il travaglio delle scelte della Chiesa in quegli anni.

Cultura 18_01_2017
Cristiada

Il gesuita statunitense John Courtnay Murray, che ebbe un ruolo fondamentale nella stesura della dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa “Dignitatis humanae”, descrive la conquista progressiva da parte del Magistero di quel linguaggio nuovo, “libertà religiosa”, come la reazione con cui una Chiesa sempre più minoranza afferma il diritto inalienabile dell’uomo di sottrarsi allo statalismo. In soldoni, dice Murray, la realpolitik ha spinto il Magistero a uno sviluppo concettuale che, senza mutare la dottrina, risponde meglio all’oggi (una Chiesa non più egemone, ma al massimo tollerata e spesso pure perseguitata). 

Una però delle cose più curiose di questa esegesi è che tra le pezze d’appoggio citate dalla Dignitatis humanae vi è l’enciclica Firmissimam constantiam (1937), terza e ultima “benedizione” di Papa Pio XI al Messico cattolico che tra il 1926 e il 1929 era sceso in guerra contro il governo di quel Paese “infeudato totalmente alla Massoneria” (così il Pontefice disse a Benito Mussolini l’11 febbraio 1932). Con essa il Magistero rivendicava una sfera di non interferenza statale a salvaguardia dei cattolici messicani superstiti e indeboliti dopo il bagno di sangue. Curioso il fatto lo è perché la “Cristiada”, come è stata chiamata l’epopea militare dei cristeros messicani (il loro nome viene dal grido con cui si lanciavano in battaglia, “¡Viva Cristo Rey!”), sta da sempre nella barra dei preferiti anche di chi contesta il documento conciliare.

Novanta anni dopo l’inizio dell’insurrezione dei Cristeros, a ricordare che il Magistero conciliare sulla libertà religiosa si fonda (anche) sull’eroismo controrivoluzionario del Messico martire è il monumentale Pio XI e la Cristiada. Fede, guerra e diplomazia in Messico (1926-1929) (Morcelliana) di Paolo Valvo, ricercatore in Storia contemporanea nella facoltà di Scienza della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ovvero oltre 500 pagine di rigore metodologico e documentale (come sottolinea Francesco Margiotta Broglio nella Presentazione), costruite attingendo soprattutto a novità custodite negli archivi vaticani (la sezione dedicata al pontificato di Pio XI è stata aperta nel 2006), per orientarsi nella complessa rete di relazioni internazionali con cui all’epoca la Santa Sede gestì una situazione delicatissima.

Pio XI non era certo un transigente. Non lesinò il sostegno né ai cattolici perseguitati né, di fatto, ai Cristeros combattenti, e non fece mancare nemmeno l’invettiva al regime cristianofobo, ispirato a una sorta di socialismo nazionale, del despota Plutarco Elías Calles. Eppure non trascurò la via diplomatica. Anzi, dopo tre anni di distruzioni e lutti, nel giugno 1929 la Chiesa messicana, ispirata dal Vaticano, firmò un accordo con il governo che per i Cristeros significò la capitolazione.

Lo scontro armato era iniziato quando, il 1° agosto 1926, come gesto di protesta estrema contro la pervicacia del governo Calles nell’applicare le precedentemente disattese clausole vessatorie contenute nella Costituzione del 1917, il clero messicano era entrato letteralmente in sciopero sospendendo la celebrazione del culto divino. Per tre anni la prima preoccupazione del Pontefice era stata quella di uscire da quell’anomalia. Quando la constatazione dell’impossibilità di vincere sul piano militare rese necessario cambiare strategia per assicurare un bene maggiore ai cattolici, la Chiesa scese a patti. Discutibile? Discutibile.

Ma come prima la realtà delle cose aveva portato la Santa Sede a benedire la “Cristiada”, così ora la realtà delle cose le imponeva di fermarsi. È antico (almeno) quanto san Tommaso d’Aquino il precetto secondo cui una guerra è cattolicamente giusta e legittima se ha concrete possibilità di successo e se nel mentre si ricercano anche altre soluzioni. Certo, est modus in rebus e non sempre la traduzione storica di princìpi chiari sul piano teorico avviene senza inciampi, ma il dramma umano che investì il Pontefice e la Chiesa messicana in quel frangente rivive adesso nella minuziosa ricerca di Valvo. Che non è affatto un’operazione “archeologica”, ma la disanima scrupolosa dei mille demoni che aggrediscono la coscienza quando, compiendo un’azione giusta, ci si trova a provocare inevitabilmente anche un danno.