Dal Papa una carezza (e una lezione) ai giornalisti
L’Aula Paolo VI trabocca di giornalisti, già conquistati dal Papa argentino. Con il tono dolcissimo di un buon padre, il Pontefice offre alla stampa la chiave di lettura per capire la Chiesa, un'istituzione "che non risponde a logiche politiche".
«Avete lavorato eh?». Papa Francesco spiazza tutti, ancora una volta. L’Aula Paolo VI trabocca di giornalisti, già conquistati dal Pontefice argentino, e si scioglie nel primo applauso. Ma la lezione deve ancora arrivare, sempre con il tono dolcissimo e il sorriso di un buon padre. «Non è facile comunicare un’istituzione, umana, storica che non ha una natura politica e che non risponde a logiche mondane. La Chiesa è essenzialmente spirituale, è il popolo di Dio che cammina con Gesù Cristo. La prospettiva più giusta è quella della fede».
Il Santo Padre indica la via e chiama i giornalisti «amici» («vi voglio bene», «la Chiesa è molto attenta alla vostra opera», «grazie per le fatiche di questi giorni», «spero che conosciate sempre di più la vera natura della Chiesa» dirà più avanti ai vaticanisti, ai cronisti e agli operatori in coda dal primo mattino per entrare).
Il centro di tutto è Cristo, spiega, «senza Cristo, il successore di Pietro e la Chiesa non hanno ragion d’essere». Un richiamo a ciò che è essenziale e un invito a far entrare nell’orizzonte interpretativo dei media anche quello Spirito Santo «che ha ispirato Benedetto XVI alla sua decisione e i fratelli cardinali nell’elezione».
Poi la seconda trilogia offerta in questi primissimi giorni di Pontificato (dopo “camminare, costruire, confessare): verità, bontà, bellezza. Questo è ciò che deve stare a cuore alla Chiesa, perché può comunicare queste tre cose “in una persona” («non comunichiamo noi stessi»).
Alla stampa il Papa argentino ha poi voluto regalare la notizia della giornata, raccontando le ultime fasi del Conclave e la scelta del nome.
Al suo fianco, nella Cappella sistina, quando lo scrutinio iniziava a indicare un risultato «pericoloso» (nella definizione di Bergoglio), il suo amico brasiliano, Card. Hummes, lo rincuorava. Poi l’applauso dei porporati una volta raggiunti i due terzi dei voti e una frase che cambia tutto: «ora non dimenticarti dei poveri». Il pensiero corre a San Francesco d’Assisi, uomo di povertà e di pace (chiarito il dubbio dei cronisti che pensavano potesse essere anche un riferimento al gesuita Francesco Saverio). «Come vorrei la Chiesa povera!» aggiunge poi Papa Francesco. Una Chiesa in cui il centro è solo Cristo e che oggi ha come unico baricentro fisico ed essenziale la tomba di Pietro, sembra prepararsi a togliere il superfluo.
«Auguro il meglio a voi e alle vostre famiglie, vi auguro buon lavoro e vi affido alla Madonna, stella dell’evangelizzazione» dice poi Francesco, prima di congedarsi con un altro gesto di straordinaria delicatezza. In spagnolo, imparte infatti una benedizione “nel silenzio”, sapendo che tra i presenti ci sono persone che non credono, anche se questo non adombra minimamente la certezza che anche chi non lo riconosce «è un figlio di Dio».