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SPIONAGGIO

Dal "Datagate" alle comiche finali

Tutti si scandalizzano, anche se tutti sapevano. E nessuno, sullo spionaggio, ha la coscienza a posto. Il "Datagate", basato sulle rivelazioni di Snowden è destinato a sgonfiarsi con ben poche conseguenze serie.

Esteri 31_10_2013
"Yes we scan"

Dal Datagate alle comiche il passo è breve e del resto la ridda di notizie che sta emergendo sullo spionaggio statunitense e internazionale rappresenta un vero festival della banalità non privo di venature ironiche. Il settimanale Panorama ha svelato che la National Security Agency ha una cellula all’ambasciata statunitense a Roma dalla quale vengono spiati i politici e persino il Papa. Certo da Via Veneto a Palazzo Chigi e Piazza san Pietro la distanza è minima ma in realtà l’intelligence statunitense (e di molti altri Paesi) ha cellule e agenti in tutte le ambasciate e il Vaticano è senza dubbio una “potenza” (a suo modo) della quale tutti tengono conto e circa la quale tutti cercano di ottenere informazioni. Non a caso la rivelazione non sembra aver meravigliato nessuno al di là del Tevere. Continuano invece a far sorridere le reazioni di molte finte “verginelle” alle informazioni che l’archivio della “talpa” Edward Snowden snocciola con la sapiente e cadenzata regia dal giornalista Glenn Greenwald che dopo lo scoop sul Datagate ha lasciato il Guardian per mettersi in proprio.

Google e Yahoo si dicono fortemente preoccupati dalle nuove rivelazioni sul programma d intercettazione gestito della Nsa insieme ai servizi britannici, ma lo stesso Snowden aveva fatto sapere che tutti colossi del web della Silicon Valley collaborano con la Nsa. Dopo le figuracce rimediate da diversi leader europei, evidentemente troppo impegnati a mandare a fondo economicamente il Vecchio Continente per preoccuparsi di utilizzare telefoni criptati, è iniziata la manfrina delle accuse di “tradimento” agli Stati Uniti. “Non si spiano gli alleati” ha tuonato frau Merkel, ma l’intelligence community di Washington non ci sta a finire alla gogna e il suo direttore, James Clapper, ha dichiarato pubblicamente che sono gli stessi europei a intercettare milioni di telefonate e di messaggi dei loro connazionali condividendo le informazioni raccolte con gli americani.

Una mossa da prevedere, quasi scontata se la questione venisse affrontata con pragmatico realismo partendo dal presupposto che tutti spiano tutti perché gli alleati globali non esistono. Si può essere partner militari degli Usa, ma al tempo stesso rivali commerciali nell’export (anche di armi) nei brevetti industriali e nelle politiche finanziarie. Del resto anche in ambito Ue i nostri partner non sono al tempo stesso i nostri rivali nell’attrarre investimenti o nelle esportazioni?

Anche su questo tema le rivelazioni dall’archivio delle meraviglie di Snowden non mancano. I servizi segreti francesi (Dgse) “hanno siglato alla fine del 2011 un protocollo di intesa sullo scambio di informazioni con la Nsa americana” racconta Le Monde mentre El Mundo rivela che i servizi di intelligence spagnoli non solo erano al corrente del lavoro di spionaggio della Nsa rispetto ai cittadini iberici, ma avrebbero loro facilitato il compito. Stessa musica in Italia e in tutta la Ue dove le leadership chiedono conto agli 007 della cooperazione con le spie americane che i governi stessi avvallano da decenni.

Di fronte alle dichiarazioni di Clapper le “verginelle” alla testa dei Paesi europei hanno perso la testa ed è già cominciata la caccia al capro espiatorio. Nessun leader ovviamente sapeva nulla di intercettazioni e spionaggio interno condiviso con gli americani. Tutti emuli di Barack Obama che sembra pronto a giurare che l’unica Nsa che conosce è la National Soccer Academy, una scuola di calcio. ”Non lo sapevo” ha detto Obama di fronte alla rivelazione che i suoi uomini tengono sotto controllo le comunicazioni di almeno 35 leader mondiali, scatenando così gli sberleffi dei repubblicani che lo hanno ribattezzato “presidente spettatore” e persino del New York Times che pone il dubbio se Obama abbia o meno sotto controllo la situazione.

Intanto Vladimir Putin si gode lo spettacolo, compiacendosi forse del buon affare che ha fatto quando ha deciso di dare asilo a Edward Snowden. Anche il tentativo di vendicarsi dei servizi segreti russi accusandoli di aver regalato chiavette Usb “infette” a 300 delegati e leader stranieri al vertice del G20 di San Pietroburgo sembra miseramente fallito. Gli agenti della sicurezza della Ue e quelli belgi e tedeschi che hanno esaminato i doni informatici russi sembra non vi abbiano trovato nulla di strano o pericoloso.

C’è da scommettere quindi che la comica Datagate si concluderà con la rimozione di qualche vertice dei servizi segreti sulle due sponde dell’Atlantico: negli Usa per calmare le ire europee e togliere dall’imbarazzo Obama, in Europa per salvare la faccia (tosta) a premier e presidenti che invece di meravigliarsi per lo spionaggio altrui dovrebbero spiegare a che fini spiano i propri concittadini e le proprie imprese girando poi le informazioni a potenze straniere e cosa (non) fanno per proteggerli.

L’unica reazione seria e pragmatica registrata in Europa viene da Berna (forse perché non fa parte della Ue) dove il presidente Ueli Maurer ha invitato oggi a non cedere all'isteria "come hanno fatto gli altri" riguardo alla vicenda dello spionaggio da parte della Nsa. Maurer ha ricordato che l'intelligence elvetica rileva da anni un aumento delle attività di spionaggio sul territorio nazionale: "siamo spiati e lo saremo in futuro".