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FRATELLI MAGGIORI

Dal Covolo: l'odio verso gli ebrei non è cattolico

Il vescovo non rinuncia al confronto sereno con la Sinagoga, ma sa che non tutto è facile irenismo.

Articoli tematici 20_01_2011
mons. Enrico dal Cvolo

 

«Si, purtroppo. Per spiacevole che sia il dirlo, esistono forme di antisemitismo diffuse tra i cristiani, anche fra i cattolici». Ad affermarlo, con il timore che impone la gravità del fatto e il tremore che richiede la necessità di non scandalizzare in maniera del tutto gratuita, ma pure con serena fermezza, è il vescovo Enrico Dal Covolo, rettore della Pontifica Università Lateranense, protagonista, assieme al rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni, della giornata di dialogo ebraico-cristiana svoltasi nella Capitale il 17 gennaio.

Intende dire le manifestazioni d’intolleranza che anche nel corso della storia alcune frange del popolo cattolico hanno manifestato nei confronti degli ebrei, così mostrando di comportarsi in modo non cattolico e quindi richiedendo quella “purificazione della memoria” che è l’imitazione sempre maggiore di Cristo da parte dei cristiani?
Ovvio, ma non solo. Esiste cioè un problema storico, ma la questione non è confinata al solo passato. Vive pure oggi. Non si tratta di elaborazioni dottrinali rotonde o d’impianti ideologici perfettamente sviluppati. Più che altro sono segni, disseminati qua e là, che parlano del persistere, e magari anche del risorgere, di atteggiamenti palesemente e oggettivamente antisemiti fra i cristiani. Nella sensibilità di qualche comunità queste derive trovano qualche spazio.
Molto dipende peraltro da un fatto basilare: il mancato riconoscimento, da parte di queste “sensibilità” e di certi membri di alcune di queste “comunità”, dei gravissimi torti subito dagli ebrei così come delle indicibili sofferenze inflitte loro come a pochi altri. È insomma una certa leggerezza nel trattare l’argomento che innesca pericolosi riduzionismi forieri di atteggiamenti intemperanti e imperdonabili. Per questo le giornate di dialogo ebraico-cristiano come quella svoltasi lunedì scorso sono assai utile per entrambe le parti.

Però è una bella contraddizione quella dell’ “antisemitismo cristiano”…
E infatti non si può essere le due cose. Chi è cattolico davvero non può essere davvero antisemita.

Cioè l’antisemita sedicente cattolico si pone automaticamente fuori dalla Chiesa Cattolica, da solo?...
Sì. Guardi, io uso spesso e volentieri la frase “fratelli maggiori” quando parlo, anche in pubblico, con gli ebrei e degli ebrei. L’ho fatto anche lunedì davanti al rabbino Di Segni: non so quanto lui abbia gradito quella espressione, ma ciò non mi distoglie dall’usarla. Sono convinto della sua importanza, è una espressione eloquente, vera. Per i cristiani gli ebrei quello sono.

Come si può uscire però concretamente dall’equivoco innescato dall’ossimoro “antisemitismo cristiano”?
Confrontandosi, conoscendosi per quel che davvero si è, oltre i facili pregiudizi stereotipati con cui si crede di sapere sempre già tutto. Da entrambe le parti. Bisogna poi avere il coraggio d’intervenire nelle zone di chiaroscuro con prese di posizione ferme, decisi e non compromissorie.
Detto questo, voglio però sottolineare che la situazione fra ebrei e cristiani è lungi dall’essere quel quadro irenistico che a molti torna semplice dipingere. Esistono infatti difficoltà, e notevoli. Non bisogna ignorarle. Ma proprio per questo occorre avere il coraggio e la costanza di proseguire nel dialogo autentico. Noi cristiani sappiamo bene che l’Antico Testamento trova compimento nel Nuovo Testamento. Coloro che dicono che il primo è sufficiente, sbagliano. Se ciò viene poi affermato in ambito cristiano e cattolico, configura una vera e propria eresia. Non si devono fare sconti indebiti, mai. Noi cristiani abbiamo il dovere e il diritto di testimoniare la pienezza della verità che è Cristo incarnato, morto e risorto per tutti, così come Egli è annunciato nel Nuovo Testamento. Niente di meno. Ma pure niente di più. Il cosiddetto “antisemitismo cristiano” si debella in questo modo.

La sua riflessione si concentra in modo particolare sui Dieci Comandamenti
Certo. Sono i Dieci Comandamenti la base vera di ogni confronto e dialogo con gli ebrei. Sono infatti vincolanti e cogenti per entrambi, ebrei e cristiani, e dunque costituiscono la piattaforma più solida da cui partire. Noi cristiani sappiamo qual è la pienezza del Decalogo, Cristo, e l’annunciamo. Con gli ebrei abbiamo allora molto in comune e su quel molto di comune operiamo. Questo spirito costruttivo, che pure non nega nulla della identità cristiana, è lo strumento principe per sconfiggere ogni tentazione antisemita che allignasse dentro la comunità cristiana.