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IL VESCOVO

«Dai musulmani ora pretendiamo la reciprocità»

«Il contrasto tra il trattamento che i musulmani ricevono da noi e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente è troppo stridente» e inaccettabile. Il vescovo di Imola, Tommaso Ghirelli, già finito nel mirino per aver chiesto ai musulmani di condannare l'Isis o di lasciare l'Italia, torna sulla questione e ora rilancia.

Ecclesia 12_09_2014
Musulmani in preghiera

I popoli di fede islamica vanno sollecitati dalle loro autorità ad escludere la guerra santa come guerra di conquista, come conversione forzata». Interviene ancora il vescovo di Imola, monsignor Tommaso Ghirelli, sul tema del Califfato e dei profughi, dopo essere stato protagonista di una vera e propria tempesta mediatica. Dalle colonne del settimanale diocesano, il Nuovo Diario Messaggero, in edicola in questi giorni, Ghirelli ribadisce il suo pensiero argomentando. 

Nel suo precedente intervento il vescovo aveva chiesto «agli islamici presenti tra noi (…) di prendere posizione pubblicamente contro le persecuzioni e gli atti di crudeltà. Altrimenti dovrebbero avere il coraggio di allontanarsi dalla nostra terra». Questa la frase incriminata che ha scatenato i soliti benpensanti, politici e non, che hanno subito sentito il dovere di scandalizzarsi. Nulla di nuovo se si pensa alle reazioni agli interventi degli Anni ‘90 del cardinale Biffi o del vescovo Maggiolini sui problemi dell’immigrazione islamica. Per evitare facili conclusioni sarà bene riflettere sulle nuove parole di monsignor Ghirelli.

«Da decenni le comunità cristiane in varie zone del Medio Oriente», scrive Ghirelli, «vivono nella condizione di minoranze perseguitate, fino al punto che chi può scappa, trasferendosi all’estero (…) essi chiedono aiuto alle comunità dell’Occidente, oltre che alla Santa Sede. Lo sforzo per sostentarle è veramente imponente ed encomiabile, anche perché si risolve in un beneficio generale per le popolazioni locali, non per i soli cristiani». D’altra parte, aggiunge il vescovo, vi è anche una migrazione di coloro che dall’Africa e dall’Asia «vengono a cercare lavoro in Europa; una parte consistente di loro professa la religione islamica». Ebbene, dice Ghirelli, «è sotto gli occhi di tutti che la Chiesa offre aiuto materiale ai loro poveri come ai suoi, senza fare preferenze». «Nello stesso tempo», ricorda il vescovo, «migliaia di cristiani appartenenti ad antichissime comunità della Siria e dell’Iraq, vengono scacciati in massa con la violenza da terroristi che proclamano l’instaurazione del Califfato islamico. Molte famiglie cristiane si trovano ora nei campi profughi sorti sui confini degli Stati vicini e per la loro sopravvivenza dipendono dagli aiuti internazionali; ci giungono attraverso i vescovi locali e la Caritas i loro appelli, sempre più drammatici».

È a questo punto che Ghirelli mette il pilastro del suo intervento. «L’aiuto materiale – sempre limitato – non potrà mai bastare, soprattutto finché manca la reciprocità. Il punto critico consiste nel contrasto tra la libertà religiosa e il trattamento umano che i profughi ricevono qui da noi e quello che ricevono in Medio Oriente: esso è troppo stridente». Il punto è decisivo. Il principio di reciprocità, infatti, è valido nel diritto internazionale nell’ambito dei rapporti tra Stati ed è normalmente inteso come concessione corrispettiva di diritti, anche nel campo della libertà di pensiero, coscienza e convinzione. Campo che, ovviamente, comprende la libertà religiosa. A questo proposito Benedetto XVI nel maggio 2006 aveva parlato espressamente di “principio di reciprocità” da applicarsi nel dialogo, cioè della necessità di una «relazione fondata sul rispetto reciproco» e prima ancora di un «atteggiamento del cuore e dello spirito». 

I fatti che abbiamo sotto gli occhi, e che il vescovo descrive, evidenziano che questi elementi fondanti una proficua relazione mancano, anzi sembrano volutamente mancare. Ad esempio, la recente presa di posizione di alte personalità musulmane in Francia risulta importante, ma non pienamente soddisfacente. Pur condannando l’Isis, rimangono alcune parole non dette. Il noto giornalista de Le Figaro, Jean-Marie Guenois, dice che permangono silenzi rispetto alle modalità di finanziamento del Califfato, silenzi in campo teologico sul rapporto tra islam, jihad e Isis, e silenzi in merito al possibile controllo che le reti musulmane delle moschee e delle associazioni potrebbero svolgere sul via vai di giovani jihadisti dall’Europa.

Monsignor Ghirelli, di fronte a questo differente trattamento umano dei profughi tra Oriente e Occidente, dice che «noi cristiani e in particolare noi vescovi non possiamo limitarci a rilevarlo, abbiamo il dovere di alzare la voce. Chiediamo perciò l’aiuto dello Spirito Santo, che agisce nei cuori, ma ci sentiamo anche di mobilitare tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i capi religiosi, e di fare pressione insieme sulle autorità civili, perché la disparità di trattamento venga eliminata, con un’esemplare inversione di tendenza. Alziamo la voce, perché anche questo è un modo per aiutare tutte le minoranze perseguitate; e chiediamo che i musulmani presenti in Occidente facciano altrettanto. Viviamo ormai in un contesto di libertà religiosa, ne godiamo i benefici, quindi siamo moralmente obbligati a riconoscerla a tutti»