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DI RITORNO A ROMA

Dai gay a Ratzinger, ancora sorprese dal Papa in volo

Si è concluso ieri il viaggio apostolico di Francesco tra Congo e Sud Sudan, con grandi bagni di folla, a conferma della fioritura del cattolicesimo in Africa. Nella conferenza stampa in aereo, Bergoglio torna a parlare di omosessualità, criminalizzazione e legge civile. Inoltre, smentisce Gänswein e chi “strumentalizza” la morte di Benedetto XVI.

Ecclesia 06_02_2023

"Quanto vorrei che i media dessero più spazio all'Africa intera". Un'esclamazione che il Papa aveva fatto con tono quasi rassegnato nel suo secondo giorno del suo quarantesimo viaggio internazionale. Un viaggio che non ha avuto l'attenzione sperata se un fedelissimo come padre Antonio Spadaro ha sentito il bisogno di esternare su Twitter il malcontento per la scarsa copertura mediatica scrivendo che "il silenzio che circonda il viaggio di Papa Francesco in Africa sembra proporzionato all’interesse a tacere dei conflitti qui in atto e al disinteresse per il Continente africano". Di fronte al sollevamento di scudi degli addetti ai lavori, il direttore della Civiltà Cattolica ha corretto parzialmente il tiro in un successivo messaggio, ma ha comunque ribadito la convinzione che ci sia "un problema più generale di informazione su questa area del mondo". E che ha portato buona parte dei media ad ignorare i sei giorni di Francesco tra Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan.

Eppure i numeri che si sono registrati sono imponenti: bagni di folla hanno salutato l'arrivo del Papa sia a Kinshasa che a Giuba quasi a dimostrazione che il futuro del cattolicesimo è proprio in Africa. Un continente che però sembra esser stato sottostimato non solo dai media ma, ad esempio, anche negli ultimi concistori: in quello dell'agosto 2022 sono stati solo due i nuovi cardinali africani (uno dei quali poi scomparso) a fronte di otto europei, cinque asiatici e cinque americani. In quello precedente, risalente al novembre 2020, un solo africano era stato creato cardinale a dispetto di sette europei, tre americani e due asiatici. E ciò nonostante l'Africa sia ormai a tutti gli effetti un grande serbatoio di vocazioni come il Pontefice deve aver toccato con mano in questo ultimo viaggio. 

Al clero africano, nell'incontro nella cattedrale di Kinshasa, Francesco aveva rivolto un monito citando il suo predecessore recentemente tornato alla casa del Padre: "La vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori", scrisse Benedetto XVI nell’esortazione apostolica Africae munus

Una delle testimonianze più belle di questi cinque giorni è arrivata da monsignor Christian Carlassare, gambizzato nel 2021 per impedirgli di prendere possesso della diocesi di Rumbek probabilmente su ordine di un sacerdote locale che ambiva a quel ruolo. Questo, almeno, è quanto hanno raccontato gli esecutori materiali di quell'attentato. Nei giorni scorsi Carlassare, da vescovo di Rumbek, ha percorso duecento chilometri a piedi guidando un centinaio di fedeli per partecipare all'incontro di sabato mattina con il Papa a Giuba. 

Francesco si è congedato dal Sud Sudan con la Messa celebrata al mausoleo John Garang della capitale nella quale ha esaltato il ruolo dei cristiani che "pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia". La storia che il Papa ha invitato a cambiare è quella di un Paese in cui il processo di pace, nonostante la guerra civile sia ufficialmente finita nel febbraio 2020, continua ad essere ancora troppo lento come denunciato ieri al mausoleo dall'arcivescovo di Giuba, monsignor Stephen Ameyu Martin Mulla. Nella destabilizzazione pesano anche le incursioni violente ai danni dei villaggi cristiani compiute dalle bande di predoni islamici. 

In questi giorni in Africa il Papa ha parlato soprattutto di lotta alla corruzione, stop allo sfruttamento delle risorse e di sviluppo democratico. Quello in Sud Sudan è stato da lui definito un pellegrinaggio ecumenico di pace nel quale ha voluto al suo fianco i massimi rappresentanti della comunità anglicana e della comunità presbiteriana di Scozia, Justin Welby e Iain Greenshields. I due capi religiosi lo hanno accompagnato anche nel volo di ritorno verso Roma partecipando alla consueta conferenza stampa aerea che, come è ormai tradizione, non ha risparmiato sorprese. Francesco, infatti, ha colto l'occasione per rispondere agli attacchi ricevuti all'indomani della morte di Benedetto XVI e ha voluto presentare il suo rapporto con il predecessore in un modo diverso rispetto a quello raccontato dall'uomo più vicino a Ratzinger, il suo segretario monsignor Georg Gänswein. Nel dire ai giornalisti che "papa Benedetto non era un amareggiato", Bergoglio ha presumibilmente voluto rispondere al prefetto della Casa Pontificia che in un'intervista a Die Tagespost aveva raccontato di come Traditionis Custodes avesse spezzato il cuore a Benedetto XVI.

Nella sua risposta sull'aereo al giornalista austriaco Alexander Hecht, Francesco ha voluto invece presentare il suo rapporto con il predecessore all'insegna dell'armonia e del confronto, tenendo a puntualizzare di aver "potuto parlare di tutto" con lui anche al fine di cambiare idea su qualche decisione presa. Francesco ha anche ammesso di aver consultato Ratzinger su alcune decisioni da prendere e ha detto che il Papa emerito era d'accordo con lui. Nel libro di Gänswein, Nient'altro che la verità, invece, viene riportata più di un'occasione in cui Benedetto XVI avrebbe manifestato alcune obiezioni al suo successore.

Bergoglio, inoltre, ha raccontato un aneddoto con l'obiettivo di voler dimostrare come tra i due non ci fossero problemi. In occasione delle polemiche successive alle parole di Francesco sul volo di ritorno dalla Slovacchia, quando aveva citato i Pacs francesi come buon esempio di legge sulle unioni civili, "una persona che si crede un grande teologo", ha detto il Papa, andò al monastero Mater Ecclesia e fece "una denuncia contro" di lui. Ha spiegato Bergoglio: "Benedetto non si è spaventato, ha chiamato quattro cardinali teologi di primo livello e ha detto: spiegatemi questo e loro lo hanno spiegato. E così è finita la storia. È un aneddoto per vedere come si muoveva Benedetto quando c’era una denuncia". Bisogna ricordare, comunque, che il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sui progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali risalente al 3 giugno 2003 e in cui si leggeva che nel caso di "un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro" portava la firma proprio dell'allora cardinale Joseph Ratzinger.

Dalla risposta fornita a Hecht si capisce che le critiche ricevute per la gestione dell'esposizione della salma e delle esequie di Benedetto XVI non devono aver fatto piacere al Papa secondo cui quella morte è stata "strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino" e che ha definito "gente di partito, non di Chiesa".

In conferenza, oltre ad esprimere di nuovo la sua disponibilità ad incontrare sia il presidente russo Vladimir Putin che quello ucraino, Volodymyr Zelensky, Francesco è tornato a parlare di omosessualità a pochi giorni di distanza dalle parole nell'intervista ad Associated Press e alla lettera inviata sul tema al gesuita arcobaleno James Martin. Bergoglio ha detto che "la criminalizzazione dell’omosessualità è un problema da non lasciar passare" e "non è giusto" vedere Paesi in cui viene ancora punita con la pena di morte. "Le persone di tendenze omosessuali - ha aggiunto Francesco - sono figli di Dio, Dio gli vuole bene, Dio li accompagna", aggiungendo che "condannare una persona così è peccato". Ci ha tenuto, però, a fare una distinzione tra i gruppi e le persone: "Alcuni dicono: fanno dei gruppi che fanno chiasso, io parlo delle persone, le lobby sono un’altra cosa, sto parlando delle persone". Sul volo ha anche annunciato quelli che dovrebbero essere i suoi prossimi viaggi apostolici non ancora noti: l'India e la Mongolia.