Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Agostina Pietrantoni a cura di Ermes Dovico
ATTACCO IN MALI

Da Parigi all’Africa, il jihad attacca il mondo

Da Parigi a Bomako, dall'Europa all'Africa al Medioriente. Il terrore del jihad islamico non conosce confini. Il commando che ieri a Bomako, nel Mali, ha assaltato un hotel e tenuto in ostaggio 170 persone, molti francesi, prima di venire sopraffatto dalle forze di polizia, rilasciava solo chi sapeva il Corano. Ma l'Africa conosce da tempo questa guerra. 

SE I MEDIA FANNO IL LORO GIOCO di Robi Ronza

PERCHE' ODIANO A MORTE L'OCCIDENTE di Paolo Togni

Esteri 21_11_2015
Un ostaggio ucciso viene portato fuori dall'hotel di Bomako

Al grido di "Allahu Akbar",  un commando ha fatto irruzione nel Radisson Blu Hotel di Bamako, la capitale del Mali, prendendo in ostaggio 170 persone, 140 ospiti e 30 dipendenti. L’albergo è frequentato da molti stranieri. Al momento dell’attacco vi soggiornavano clienti provenienti da Cina, Turchia, Francia, India, Guinea Conakry, Stati Uniti, Russia, Costa d’Avorio e altri paesi ancora: alcuni turisti, molti uomini d’affari, dipendenti di ditte straniere e di compagnie aree internazionali. 

Secondo le testimonianze di alcuni giardinieri che erano riusciti a mettersi in salvo, da sette a 13 terroristi a volto coperto si sono presentati all’ingresso dell’hotel di prima mattina, a bordo di auto con targa diplomatica e, quando gli agenti di sicurezza hanno tentato di fermarli, hanno incominciato a sparare. Poi, al grido “Allah è grande”, si sono impadroniti dell’edificio bloccando le uscite. Unità delle forze speciali maliane hanno dapprima circondato l’edificio. Quindi, dopo alcune ore, sono riuscite a entrare e a liberare circa 30 persone che si trovavano al piano terra, mentre i terroristi salivano ai piani superiori. Tre persone sono morte durante quel primo scontro, probabilmente dei membri del commando, e due militari maliani sono stati feriti. Intanto partiva da Parigi un aereo con a bordo agenti speciali della Gign, una unità d’élite specializzata in azioni di contrasto al terrorismo, la stessa impiegata a Parigi durante e dopo gli attentati del 13 novembre. Sul posto, ad aiutare le forze speciali maliane, erano già accorsi nel frattempo i militari francesi e i caschi blu delle Nazioni Unite presenti nel paese dal gennaio 2013. 

Con il trascorrere delle ore la tensione è aumentata mentre si diffondevano notizie allarmanti, come quella che i terroristi stessero identificando gli ostaggi musulmani per lasciarli vivere e uccidere gli altri: una notizia del tutto verosimile. Lo scorso 2 aprile i jihadisti somali al Shabaab hanno infatti ucciso in Kenya 148 studenti dell’ateneo di Garissa, risparmiando quelli musulmani dopo averli divisi da quelli cristiani. Il 21 settembre del 2013 gli stessi al Shabaab avevano attaccato un centro commerciale nella capitale del Kenya, Nairobi, uccidendo 68 persone e ferendone oltre 200. Anche in quell’occasione avevano individuato gli islamici facendo recitare agli ostaggi versetti del Corano e ponendo loro domande di carattere religioso e li avevano lasciati andare. 

Finalmente, pochi minuti prima delle 16.00, il ministro degli interni maliano, Salif Traore, ha annunciato la liberazione di tutti gli ostaggi. Subito dopo i caschi blu riferivano di aver contato però già 27 morti mano a mano che ispezionavano e mettevano in sicurezza le varie ali dell’albergo. Tre ore dopo i terroristi erano ancora asserragliati nell’edifico, ai piani alti. 

L’attentato è stato rivendicato quasi subito con una dichiarazione congiunta da due gruppi jihadisti: Aqmi, Al Qaeda nel Maghreb islamico, nato in Algeria, e al-Murabitoun, formatosi nel 2013 dalla fusione di due altri gruppi: il Mujao, di Ahmed Telmissi, e la Brigata degli Uomini mascherati dell’algerino Mokhtar Belmokhtar. Entrambi i gruppi sono composti in prevalenza da tuareg e popolazioni arabe dell’Azawad, il nord del Mali insorto nel 2011 e caduto interamente in mano jihadista nel 2012 mentre un colpo di stato militare destabilizzava il Paese. Ma contano nelle loro fila anche miliziani provenienti da altri paesi. Fino al 2013, Mujao, Aqmi e un altro gruppo jihadista, Ansar al Din, hanno controllato le vaste regioni settentrionali imponendovi la legge coranica e creando scandalo in tutto il mondo per i gravissimi danni inflitti ai monumenti storici delle città principali, Gao, Timbuctu e Kidal, e per la distruzione di preziosissimi manoscritti della tradizione islamica. 

Nel 2013 l’intervento della Francia, con una missione militare sollecitata dal governo maliano, e quello dei peacekeeper delle Nazioni Unite, con la missione Minusma, hanno respinto e in parte disperso i jihadisti. Ma, nonostante i negoziati e gli accordi di pace siglati a partire da allora, i territori del nord continuano a essere insicuri e instabili. Al-Murabitoun aveva rivendicato anche l’attacco a un hotel di Sevare, nel Mali centrale, compiuto lo scorso agosto e terminato con la morte di 19 persone, e quello a un ristorante di Bamako, conclusosi con cinque vittime. L’impresa più clamorosa di Belmokhtar è stata l’assalto di in Amenas, un impianto di estrazione del gas in Algeria, compiuto nel gennaio del 2013, dove furono prese in ostaggio 800 persone e ne furono uccise 40.

La rivendicazione dell’attacco al Radisson Hotel resta da verificare. Tuttavia a riportarla è stata l’agenzia di stampa mauritana Al-Akhbar, ritenuta un’attendibile fonte di informazioni sulle attività di Al-Murabitoun che spesso se ne è servito per diffondere i propri messaggi. Inoltre l’emittente Al-Jazeera sostiene di essere entrata in possesso di una copia della dichiarazione fatta da al-Murabitoun.