Da oggi basta obbligo di mascherine, simbolo di sottomissione
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Entra in vigore oggi l'ordinanza che mantiene l'obbligo della mascherina anti-Covid solo nelle Rsa e nei reparti ospedalieri che ospitano pazienti fragili. È l'occasione per riflettere su questo che è stato uno strumento simbolo di una emergenza mal gestita, di abusi inaccettabili; uno strumento che, significativamente, resta popolare solo tra i cattolici che vanno a messa.
Il 1 Maggio 2023 resterà una data significativa nella storia della pandemia Covid-19. Esce (quasi) definitivamente di scena la mascherina.
L’obbligo resta nelle Rsa e nei reparti ospedalieri che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, e vale sia per il personale dipendente sia per i parenti in visita. Negli altri reparti delle strutture sanitarie e nelle sale di attesa, la decisione sull'utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie da parte di operatori sanitari e visitatori resta alla discrezione delle Direzioni sanitarie, che possono disporne l'uso anche per tutti coloro che presentino sintomatologia respiratoria. Non sono previste analoghe misure per quanto riguarda gli spazi ospedalieri comunque siti al di fuori dei reparti di degenza. Infine, resta “alla discrezione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta” la decisione sull'utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie per l'accesso agli ambulatori medici.
L'ordinanza è in vigore da oggi 1 maggio 2023 fino al 31 dicembre 2023. Poi si vedrà, se arrivare ad una cancellazione totale, magari in seguito al triplice fischio finale sulla partita del Covid che si attende dall’OMS, o magari reintrodurla anche più ampiamente a seguito dell’arrivo di nuove condizioni epidemiche, non si sa se più temute o più attese da alcuni ambienti. Già si leggono infatti diverse lamentele per queste pur caute misure di apertura del Ministro Schillaci. Sono i sostenitori dell’emergenza continua, cui non sembra vero che si debba farla finita col Covid.
In ogni caso, da oggi siamo più liberi nei confronti di questo oggetto che è stato molto di più che un DPI, un Dispositivo di Protezione Individuale: è stato il simbolo stesso dello stato di emergenza pandemico. Restano non pochi irriducibili della mascherina, e significativamente li troviamo in ambito cattolico, nelle Messe parrocchiali, dove si vedono ancora diversi fedeli mascherati, o che magari la mettono giusto per andare a ricevere in mano la Comunione, in un atteggiamento di triste e ingiustificabile diffidenza verso gli altri fedeli, che evidentemente non rappresentano dei fratelli tutti ma dei potenziali untori, verso il sacerdote o Nostro Signore stesso.
Questi frequentatori parrocchiali rappresentano l’efficacia che purtroppo ha avuto la narrazione pandemica sul mondo cattolico. Sono l’ultimo resto degli zeloti del “rispetto delle regole”, che aveva espresso quelle figure sgradevoli dei miliziani dei “servizi d’ordine” - i volontari con le loro pettorine gialle - che facevano in malo modo alzare chi si era inginocchiato tra i banchi, o strapazzavano coloro cui inavvertitamente fosse scivolata la mascherina sotto il naso anche di pochi millimetri.
Si diceva che la mascherina non è stata solo un DPI: era un simbolo di sottomissione, o se vogliamo di adesione cieca pronta e assoluta alla narrazione ufficiale. Quella mascherina portata in modo surreale, senza alcun motivo, in auto, alla guida da soli, come se ci potesse infettare dal volante o dal cruscotto, oppure tenuta sui sentieri di montagna, a 1500 metri, come se gli untori potessero essere marmotte o scoiattoli, era un modo per dire la propria totale accettazione alle direttive governative, l’essere un cittadino-modello obbedientissimo alle regole, un devoto della Scienza e dei suoi sciamani televisivi.
Tutto questo è durato anche troppo, così come gli abusi, come i gesti di arrogante intolleranza nei confronti di chi cercava almeno di preservare i bambini a scuola dalla limitazione coatta della respirazione, persino bambini asmatici. Era troppo importante abituare i piccoli ad avere paura, a vivere nel terrore, e nella diffidenza verso il prossimo. Si potrebbe - e si dovrebbe - scrivere un intero libro sulla mascherina, e andare a fondo dei tanti interrogativi sul loro costo, sul vergognoso sciacallaggio sulla loro produzione e diffusione, sulla sicurezza dei materiali utilizzati. Occorrerebbe un’indagine approfondita su tutta la gestione del mondo delle mascherine.
Tenendo anche debitamente conto dei diversi studi scientifici, uno dei più importanti realizzato in Svizzera, che nel frattempo hanno documentato la scarsa efficacia preventiva del bavaglio facciale nei confronti della trasmissione del virus.
Ma intanto, fortunatamente, è arrivato il momento del tramonto di questo oggetto, sperando che non sia un’eclisse momentanea. Resta infatti questo ultimo avamposto del loro utilizzo, in particolare le Rsa. Là dove gli ospiti hanno ricevuto quattro o spesso cinque dosi, e quindi dovrebbero godere di una ampia immunità, resta l’obbligo. E anche per quanto riguarda le Rsa si dovrebbe scrivere un libro, un libro grondante di sofferenza, il racconto di anziani privati della possibilità di venire a contatto con i propri cari, e anche di parenti che, magari in quanto non vaccinati, non hanno potuto incontrare per mesi, anche anni, i loro affetti. Nelle RSA le mascherine restano, a protezione di un virus che ormai è semplicemente un raffreddore, ma soprattutto a monito inquietante di quel che è stato e potrebbe ancora essere.